Testimonianza di un Infermiere neolaureato: il contrasto tra studi universitari e realtà in una RSA.
Egr. Direttore di AssoCareNews.it,
sono un infermiere neolaureato, e quando ho ottenuto il mio titolo, ero pronto ad affrontare il mondo del lavoro con entusiasmo, fiducia e una solida preparazione teorica. Avevo studiato per anni, imparando tutte le tecniche, le pratiche e le norme che regolano la professione infermieristica. Eppure, quando sono arrivato nella RSA dove ho iniziato a lavorare, ho scoperto ben presto che la realtà era tutt’altro che quella che avevo studiato.
Quello che mi aspettavo di fare era prendere in carico i pazienti, eseguire le prescrizioni mediche, gestire le terapie e monitorare continuamente lo stato di salute degli anziani. Eppure, sin dal primo giorno, mi sono reso conto che il mio ruolo era molto diverso da quello che avevo immaginato.
Gli infermieri, invece di occuparsi delle mansioni professionali per cui erano preparati, si ritrovano a svolgere compiti tipici degli OSS: somministrare pasti, assistere alla mobilizzazione dei pazienti, occuparsi della pulizia e della gestione delle camere. Ma non è tutto. Ho visto anche alcuni OSS svolgere mansioni che, per legge, competerebbero a un infermiere: somministrazione di farmaci, gestione di terapie e, a volte, anche la supervisione di aspetti sanitari delicati. Mi sentivo impotente e frustrato. Non solo la nostra professionalità veniva messa in discussione, ma anche la sicurezza e il benessere dei pazienti erano a rischio.
In quella struttura, il controllo sembra affidato al caso. Non esiste una supervisione adeguata e, spesso, le linee guida si perdono nel caos quotidiano. Ogni giorno, ci trovavamo a gestire una mole di lavoro che non riuscivamo a smaltire, e la sensazione di essere sempre sotto pressione, senza il giusto supporto, è diventata la norma. I pazienti, anziani e fragili, erano costantemente a rischio. Non riuscivamo a garantirgli l’assistenza e la qualità di vita che avrebbero dovuto ricevere.
Quello che più mi ha colpito è che tutto questo accadeva senza che nessuno sembrasse dare la giusta importanza alla gravità della situazione. Gli infermieri e gli OSS continuavano a fare il lavoro degli altri, senza un chiaro ruolo definito, e i pazienti non ricevevano l’assistenza di cui avevano bisogno.
Oggi, guardando indietro a quella che pensavo fosse la realizzazione della mia carriera, mi rendo conto che la distanza tra ciò che avevo studiato e ciò che stavo vivendo era abissale. E sebbene fossi appena uscito dall’università, la consapevolezza che il sistema in cui operiamo sia tanto disorganizzato mi ha messo di fronte a una verità scomoda: la salute dei pazienti non dovrebbe mai dipendere dalla casualità, e gli operatori sanitari meritano un contesto che rispetti le competenze di ciascuno.
Questa esperienza mi ha fatto riflettere profondamente su quanto sia fondamentale una riforma strutturale che definisca ruoli e responsabilità in modo chiaro. Gli infermieri non possono e non devono essere costretti a fare i lavori degli OSS, e viceversa. La salute e la sicurezza dei pazienti devono essere al centro di ogni decisione.
Spero che il mio racconto possa aiutare a far emergere una realtà troppo spesso ignorata, affinché tutti gli operatori del settore possano lavorare nelle condizioni migliori, e i pazienti ricevano l’assistenza che meritano.
Nicola, Infermiere
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