Sanità, Prof. Foad Aodi: «Rinviare il numero chiuso a Medicina non basta, serve una riforma strutturale».
Occorre garantire la possibilità di specializzare la maggioranza in più nelle specializzazioni carenti e poco richieste dai medici.
Aodi: «In Italia non mancano medici generici, mancano specialisti, soprattutto in 11 aree fondamentali. Le principali carenze riguardano l’emergenza, l’ortopedia, la fisiatria, la geriatria, la neurochirurgia, la neurologia, la pediatria, i medici di famiglia, la ginecologia, la pneumologia e la chirurgia toracica. Mancano anche internisti e altre specializzazioni nel campo sanitario, come fisioterapisti, infermieri e farmacisti. Queste figure, proprio quelle più richieste, sono le prime a partire per l’estero. È importante riflettere su questo fenomeno».
ROMA 18 OTT 2024 – Il Prof. Foad Aodi, Presidente dell’AMSI (Associazione Medici di Origine Straniera in Italia), dell’UMEM (Unione Medica Euromediterranea) e del Movimento Uniti per Unire, esprime serie preoccupazioni riguardo il rinvio del test di accesso ai corsi di laurea in Medicina, sottolineando che la tanto discussa abolizione del “numero chiuso” non è di fatto realmente avvenuta.
Aodi chiarisce: «Non possiamo parlare di una vera e propria abolizione del numero chiuso. Quello che è stato deciso è solo un rinvio del test d’ingresso di sei mesi, ma non si risolve così il problema strutturale dell’accesso ai corsi di laurea in medicina e delle altre professioni sanitarie. Serve una riforma più profonda e lungimirante che metta al centro la programmazione a lungo termine, non solo interventi momentanei».
Aodi ha proseguito spiegando come l’attuale sistema basato su test a crocette, spesso criticato per errori nelle domande, debba essere migliorato.
«È necessario rivedere questo sistema, che genera solo ansia e incertezza tra i giovani che vogliono diventare medici. Dobbiamo dare loro una possibilità concreta di realizzare il sogno di contribuire al sistema sanitario italiano con professionalità e dedizione».
Il presidente di AMSI ha inoltre toccato il tema dell’impatto economico di una potenziale apertura indiscriminata alle iscrizioni nelle facoltà di medicina: «Ammettere 70.000 studenti e poi ridurli a 20.000 dopo sei mesi significa sprecare risorse. Spendere miliardi per formare un numero di medici quattro volte superiore rispetto a quelli che andranno in pensione è una follia. Dobbiamo essere più razionali e programmare il futuro in modo oculato, tenendo conto delle reali necessità del nostro sistema sanitario».
Non meno importante è la questione delle risorse e delle strutture universitarie, su cui Aodi si è soffermato con preoccupazione: «Le nostre università stanno già affrontando una grave carenza di docenti e infrastrutture adeguate. Come pensano di formare adeguatamente 70.000 studenti? Useranno ologrammi o lezioni nel metaverso? Le carenze di organico e strutturali non possono essere ignorate, altrimenti finiremo per illudere migliaia di studenti senza garantire loro una formazione di qualità e, peggio ancora, senza un futuro lavorativo certo».
«In Italia non mancano medici generici, continua Aodi, mancano specialisti, soprattutto in 11 aree fondamentali. Le principali carenze riguardano l’emergenza, l’ortopedia, la fisiatria, la geriatria, la neurochirurgia, la neurologia, la pediatria, i medici di famiglia, la ginecologia, la pneumologia e la chirurgia toracica. Mancano anche internisti e altre specializzazioni nel campo sanitario, come fisioterapisti, infermieri e farmacisti. Queste figure, proprio quelle più richieste, sono le prime a partire per l’estero. È importante riflettere su questo fenomeno.
Per quanto riguarda il numero chiuso, è fondamentale garantire la specializzazione a tutti e assicurare un’adeguata pratica, non solo teoria. Non dobbiamo tornare agli anni ’80-’90, quando studiavamo alla Sapienza, alla Biblioteca Alessandrina, e trascorrevamo l’intera giornata in università senza mai vedere un paziente. Invece, come docente all’Università di Tor Vergata, vedo quanto infermieri e fisioterapisti apprezzino quando durante le lezioni facciamo esercitazioni pratiche, come l’esame clinico e l’anamnesi. Questo tipo di formazione è essenziale per la diagnosi e la diagnosi differenziale.
Come possiamo garantire la pratica per tutti questi numeri? Non dobbiamo sprecare tempo, illusioni e denaro per poi arrivare a risultati insoddisfacenti. È necessario agire subito per risolvere le criticità. Concordo con il Ministro Schillaci sul fatto che, in emergenza, sia indispensabile guardare anche all’estero, ma questo non deve essere una soluzione temporanea. Bisogna programmare soluzioni a lungo termine per l’accesso in Medicina.
Quando tornavo nel mio paese arabo palestinese in Israele, a Jaljulia, dopo il terzo anno di studi potevo già lavorare come assistente in un ospedale di Tel Aviv, venendo addestrato sul campo. Questo tipo di esperienza pratica è fondamentale e deve essere implementata anche qui».
Aodi ha poi riflettuto sulle conseguenze che una simile riforma potrebbe avere per i giovani studenti: «E che ne sarà di quegli studenti, magari l’80%, che non supereranno lo sbarramento al secondo anno? Rischiano di perdere un anno o di essere dirottati verso percorsi di studio secondari. È inaccettabile, serve chiarezza e trasparenza su cosa accadrà a questi giovani».
In conclusione, il Presidente di AMSI ha lanciato un appello forte e chiaro: «Non possiamo permettere che proposte affrettate diano il colpo di grazia a una professione già in crisi, e a un sistema sanitario in agonia. È necessario trovare soluzioni concrete e durature, non specchietti per le allodole che confondono i giovani e li spingono verso un futuro di sotto-occupazione o disoccupazione. È tempo che la politica affronti i veri problemi della sanità pubblica, finanziando adeguatamente la formazione specialistica e garantendo un futuro professionale ai nostri laureati. Non basta abolire il numero chiuso se poi non si investe nel post-laurea e nella creazione di posti di lavoro sicuri e stimolanti.
Nel momento in cui, come accade nelle ultime ore, in relazione alla Manovra economica, tiene banco la “guerra delle cifre” per la sanità, con dichiarazioni che oscillano tra i miliardi paventati dalla maggioranza e le briciole denunciate dall’opposizione, noi chiediamo una volta per tutte alla politica, nel nome della tutela dei professionisti sanitari e dei cittadini, di mettere fine a questa controproducente e fratricida battaglia dei numeri. Quello che vogliamo sono i fatti concreti, non solo parole o promesse a vuoto. Senza fatti e senza coperture economiche adeguate, nessuna proposta può essere realizzata. E questo vale anche per la questione fondamentale del numero chiuso in medicina. Per superare le criticità legate al numero chiuso, i blocchi e le barriere che esso comporta, servono risorse e piani concreti, altrimenti si rischia di rimanere impantanati nelle solite promesse senza risultati tangibili.
È fondamentale intensificare anche l’insegnamento in medicina, nell’ambito della politica sanitaria e della medicina difensiva.
Come ho già sottolineato più volte nei miei interventi, occorre specializzare di più, in particolare nelle aree che attualmente non attirano candidati, poiché questo rappresenta un problema. Inoltre, dobbiamo affrontare la fuga all’estero, poiché ogni specialista in Italia comporta un costo, e ciò costituisce un patrimonio che, oltre ad avere un valore scientifico, è anche di tipo economico, e che stiamo perdendo. È essenziale avviare campagne di sensibilizzazione e comunicazione rivolte ai neolaureati, incoraggiandoli a iscriversi alle specializzazioni carenti e a quelle considerate ad alto rischio, garantendo loro tranquillità, protezione e valorizzazione della carriera. Altrimenti, nel tempo, rischiamo di avere un numero nullo di candidati, specialmente per quanto concerne il pronto soccorso».
Questo intervento del Prof. Aodi riflette il malessere di una parte consistente del mondo medico e sottolinea l’urgenza di una pianificazione strategica che vada oltre le misure temporanee.
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