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Sanità, Nursing Up. Il drammatico ritardo dell’Italia sull’infermiere di famiglia a poco più di un anno dalla scadenza del Piano PNRR

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Il progetto di rilancio della sanità territoriale appare sempre più a rischio, mentre nel nuovo contratto le regioni pensano solo ad inserire l’assistente infermiere.

ROMA 5 MAR 2025 – «A distanza di anni dall’approvazione della Legge 34/2020, che sanciva il ruolo degli infermieri di famiglia e comunità, i numeri che emergono, allo stato dell’arte, sono davvero allarmanti. Il Ministero della Salute, nel suo rapporto del 2022, riportava la presenza di circa 1.464 infermieri di famiglia assunti. 

Un dato che già all’epoca, come denunciato in più occasioni dal nostro sindacato, appariva estremamente lontano dalle necessità espresse dalla legge stessa, su cui fummo chiamati ad esporre in Senato, che prevedeva circa 9.600 infermieri di famiglia da inserire sul territorio nazionale.

Oggi in tutta Italia si contano circa 3mila infermieri di famiglia, a fronte di un fabbisogno che, secondo le linee guida di AGENAS, solo per quanto concerne la Missione 6 del PNRR, sarebbe di oltre 20.000 professionisti, indispensabili per rispettare i parametri indicati, che stabiliscono la necessità di un infermiere ogni 3.000 abitanti. La legge, da una parte, aveva definito chiara la necessità di un’implementazione mai portata a compimento, AGENAS, dall’altra, ha fatto luce sul ruolo chiave degli infermieri di famiglia nell’ambito delle Case e degli Ospedali di Comunità, ma questo fabbisogno non è stato in alcun modo rispettato». 

Esordisce così nella sua disamina Antonio De Palma Presidente Nazionale del Nursing Up.

De Palma: “Situazione è insostenibile”

«I numeri sono inequivocabili. A fronte di un fabbisogno di almeno 25.000 infermieri di famiglia (considerati anche quelli che mancano rispetto alla legge iniziale) per il rilancio della sanità territoriale, oggi ne abbiamo solo 3.000. E la situazione è destinata a peggiorare: considerando pensionamenti, dimissioni e il fenomeno della fuga di infermieri all’estero, il nostro Sindacato, con una indagine del 2023, indicava, già due anni fa, in 50mila infermieri di famiglia il fabbisogno complessivo di professionisti da inserire sul territorio nazionale entro la fine del 2026, data di scadenza del Piano PNRR».

Eh sì, perché «i numeri relativi al fabbisogno di infermieri per attuare il Piano nazionale di ripresa e resilienza sono inequivocabili e li abbiamo calcolati in non meno di 50mila unità. Si tratta dei risultati di nostri aggiornamenti al 2023, un lavoro che ha tenuto conto anche degli autorevoli dati dell’Agenzia per i servizi sanitari regionali AGENAS, che indica in 47.500 infermieri il fabbisogno complessivo del nuovo piano del PNRR».

«La nostra indagine è frutto di numeri combinati con la stima dei professionisti legata alle oggettive evidenze che attengono a dimissioni volontarie, fuga di infermieri all’estero, attesi pensionamenti e altro.

Ma sulla sanità territoriale impatterà anche una parte di quel 30% di perdita annuale storicizzata di infermieri rispetto ai posti disponibili ai percorsi di laurea, oggetto di nostre precedenti denunce e che sta già investendo, come un’onda anomala, tutto il nostro SSN.

Nell’ambito dei lavori del Tavolo tecnico costituito già nel 2023, presso il ministero della Salute, Nursing Up aveva stigmatizzato come per poter attuare il Dm 77 bisogna mettere in campo coraggiose riforme di sistema, finalizzate in particolare a definire il ruolo e le responsabilità dei professionisti interessati. La risposta delle regioni? Hanno provato ad inserire nel CCNL 2024/2026, non ancora sottoscritto, solo la figura dell’assistente infermiere ».

De Palma sottolinea che la carenza di personale infermieristico riguarda  la qualità dell’assistenza sanitaria. “Le case della comunità e le Centrali Operative Territoriali (COT) non potranno funzionare senza infermieri di famiglia. Eppure, non solo mancano, ma non esiste nemmeno un inquadramento contrattuale per questa figura”, afferma il presidente. “Abbiamo chiesto al governo di prendere provvedimenti urgenti, ma ad oggi la risposta è stata insufficiente.”

PNRR, i numeri allarmanti del ritardo

I recenti dati sui ritardi delle case di comunità in Lombardia, legati alla carenza di personale, rappresentano lo specchio fedele di quanto denuncia il Nursing Up da tempo a livello nazionale. Nel caso della Lombardia, nello specifico, siamo di fronte alla regione con maggiore carenza di personale e con i deficit più evidenti nell’ambito del piano di rilancio del PNRR, ma le altre regioni non stanno certo meglio.

Nell’area metropolitana di Milano sarebbero stati assunti soltanto un centinaio di infermieri da destinare all’assistenza sanitaria territoriale, la cui carenza sia in termini di risorse che di strutture era stata drammaticamente evidenziata durante la pandemia. Ne sarebbero previsti invece circa 900, in ottemperanza ai nuovi parametri europei sulla sanità, recepiti dal PNRR del 2022, che stabiliscono la necessità di assicurare un infermiere ogni 2-3 mila abitanti. In tutta la Lombardia, secondo le stime dell’Ordine degli infermieri, mancherebbero circa 9mila professionisti per riempire e far funzionare le infrastrutture extraospedaliere, garantendo un’assistenza adeguata. Le altre regioni non stanno certo meglio.

Assistente Infermiere sì, Infermiere di famiglia no! Dove stiamo andando?

Il Nursing Up ha sollevato una questione cruciale durante le recenti trattative contrattuali, evidenziando il paradosso rappresentato dalla proposta di inserire, da parte dell’ARAN, sulla base dell’accordo Stato-Regioni, in merito al quale il sindacato si è, sin dall’inizio, fermamente opposto, la figura dell’assistente infermiere.

Siamo di fronte ad una figura surrogata che rischia di compromettere la qualità delle cure. Questo ruolo, infatti, non solo non risponde adeguatamente alle necessità del sistema sanitario territoriale, ma rappresenta una soluzione di ripiego che non può garantire il livello di competenze e professionalità richiesto per gestire la salute di una popolazione sempre più fragile. 

La battaglia del Nursing Up si è concentrata sull’urgenza di inserire l’infermiere di famiglia in modo strutturato e capillare nell’ordinamento nazionale, una figura che, nonostante la sua centralità nelle politiche sanitarie, è stata finora relegata a iniziative sporadiche e insufficienti delle singole regioni. 

La carenza di infermieri di famiglia è particolarmente preoccupante in un contesto in cui la popolazione italiana invecchia e le malattie croniche sono in netto aumento. La figura dell’infermiere di famiglia rappresenta, infatti, un elemento chiave per rispondere alle sfide della sanità territoriale, in particolare per offrire assistenza continuativa e personalizzata alle persone più vulnerabili. 

Nonostante ciò, sebbene il Nursing Up sia stato l’unico sindacato a sollevare con forza questa problematica, le altre sigle sindacali non hanno alzato adeguatamente la voce per tutelare e valorizzare il ruolo fondamentale di questa figura. La battaglia per un inquadramento contrattuale adeguato per l’infermiere di famiglia continua a essere un tema centrale, al fine di garantire un sistema sanitario di qualità che risponda alle reali necessità della popolazione.

L’Europa corre veloce e noi?

Se il modello del Regno Unito, che da anni ha implementato il ruolo degli infermieri di famiglia con ottimi risultati, viene preso come esempio positivo, in Italia il cammino è tutt’altro che facile. De Palma ricorda che, in alcuni Paesi europei come il Regno Unito, gli infermieri di famiglia sono già figure professionali ben integrate nei sistemi sanitari, con compiti che vanno dalla gestione delle malattie croniche alla prescrizione di farmaci, ma in Italia siamo ancora lontani da tale scenario.

Sul progetto “Enhance” (European curriculum for family and community nurse) che punta a individuare e uniformare gli standard formativi e professionali per la figura dell’infermiere, centrale nell’assistenza di base per una popolazione in progressivo invecchiamento, De Palma ricorda: «Regno Unito, Svezia, Finlandia, Spagna, al momento, sono i Paesi più avanti da questo punto di vista, anche se all’avanguardia, per l’inserimento degli infermieri di famiglia c’è, lo sappiamo bene, il modello del Regno Unito.

Molti di questi professionisti, in quelle nazioni, possono anche prescrivere farmaci, e si occupano di anziani, bambini e malati cronici. In Scozia a esempio a partire già dal 2000 è stato istituito il Fhn, secondo le indicazioni dell’Oms Europa e a partire dal 2006 lo sviluppo del ruolo professionale del Fhn si è concentrato sull’acquisizione di capacità di assistenza, presa di decisioni, comunicazione, leadership comunitaria e managerialità. La maggior parte dei Fhn ha completato programmi di formazione sulla prescrizione dei farmaci sulla base di protocolli e altri strumenti organizzativi, ivi compresi i sistemi informatici per la gestione centralizzata della documentazione sanitaria.

«L’infermiere di famiglia rappresenta più che mai una figura cruciale per affrontare le sfide della sanità territoriale, specialmente in un paese come il nostro che sta invecchiando e dove le malattie croniche sono in forte aumento”, dice De Palma. “Abbiamo bisogno di una strategia chiara per colmare questo gap. Purtroppo, la nostra sanità continua a arrancare, e la Missione Salute del PNRR rischia di fallire senza il contributo decisivo degli infermieri di famiglia.».

Il futuro della sanità territoriale

La sfida è chiara: senza un adeguato piano di assunzioni e un inquadramento contrattuale specifico per gli infermieri di famiglia, il sistema sanitario territoriale rischia il tracollo. Per questo, il sindacato Nursing Up continua a portare avanti la battaglia, chiedendo un adeguato riconoscimento economico e contrattuale per questa figura cruciale.

«Abbiamo bisogno di un piano straordinario di assunzioni, con almeno 50.000 infermieri di famiglia nel breve termine, da finanziare anche con le risorse del PNRR. Solo così potremo rilanciare la sanità territoriale e garantire un futuro di qualità per tutti i cittadini». 

«Se non agiamo subito, il PNRR sarà ricordato come una grande opportunità sprecata. La situazione attuale è insostenibile, e il tempo per agire è ormai scaduto. Il futuro della sanità territoriale dipende dalle scelte che verranno fatte oggi, e senza gli infermieri di famiglia, rischiamo di fallire nell’obiettivo di un sistema sanitario universale e accessibile per tutti», conclude De Palma.

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