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Salute, Ceccarelli (Coina): «Non chiamatela crisi di vocazione! La visione dei professionisti sanitari deve finalmente mutare per uscire dal buio tunnel in cui siamo piombati».

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ospedale Salute, Ceccarelli (Coina): «Non chiamatela crisi di vocazione! La visione dei professionisti sanitari deve finalmente mutare per uscire dal buio tunnel in cui siamo piombati».

La crisi profonda delle professioni sanitarie richiede un cambio di passo radicale non solo negli intenti e nelle azioni di tutti gli attori delle politiche sanitarie, ma soprattutto nella visione del ruolo di infermieri, ostetriche e di tutti gli altri professionisti. 

ROMA 14 MAR 2025 – «La cronica carenza di infermieri (sono loro a mancare e non certo i medici!) e la difficoltà nel reclutamento dei professionisti sanitari per colmare le voragini che affliggono le nostre regioni stanno creando una situazione sempre più preoccupante nel nostro claudicante sistema sanitario. Nonostante alcuni continuino a parlare di una “crisi di vocazione” per i professionisti, non è affatto il concetto di “vocazione” a spiegare la scarsità di personale, ma piuttosto la disorganizzazione, la mancanza di riconoscimenti concreti per chi lavora nelle corsie e le fallimentari politiche che hanno caratterizzato l’ultimo ventennio».

Esordisce così Marco Ceccarelli, Segretario Nazionale del Coina, Sindacato delle Professioni Sanitarie.

“Non è questione di vocazione, ma di una professione che non è più percepita, da tempo con i giusti riconoscimenti e compensi”, afferma Ceccarelli, riflettendo su una realtà che va ben oltre le dichiarazioni che parlano erroneamente di “vocazione”. 

Secondo il sindacato, “non si può più pensare che gli infermieri e le ostetriche lo facciano solo per passione o spirito di sacrificio, come se fosse una missione. L’infermiere è un professionista e come tale va trattato, non una ‘suora’, come se ci fosse un valore morale, un premio nell’aldilà nel sopportare stipendi inadeguati e condizioni di lavoro pessime”.

Le vere ragioni della crisi degli infermieri

La vera crisi, quindi, non è una crisi di vocazione, ma una crisi strutturale che ha radici profonde in problemi sistemici. “La professione infermieristica è sempre più lontana dalle richieste di una società moderna e dai bisogni dei lavoratori. Le retribuzioni sono troppo basse rispetto al costo della vita e non tengono il passo con l’Europa, e la sicurezza sul lavoro è un tema troppo spesso trascurato. Le aggressioni ai professionisti sanitari sono all’ordine del giorno, ma la risposta delle istituzioni è ahimè scarsa e inefficace”, continua Ceccarelli.

“Il sistema è in difficoltà per la carenza di personale, ma non è solo questo: ci sono troppe criticità legate alla disorganizzazione, alla mancanza di turnazioni e alla carenza di sostegno psicologico. La crescita professionale, che dovrebbe essere uno degli stimoli, è limitata, e non ci sono garanzie per il futuro lavorativo dei professionisti sanitari”, aggiunge Ceccarelli. 

Il sindacato invita a riflettere sulla necessità di una riforma globale che valorizzi economicamente e professionalmente tutte le figure della sanità, non solo gli infermieri, ma anche le ostetriche e gli altri professionisti del settore.

Un appello a un radicale cambio di mentalità

“È ora di cambiare il modo di pensare le professioni assistenziali. Non possiamo più continuare con questa retorica della vocazione. Gli infermieri, così come tutte le professioni sanitarie, devono essere considerati professionisti a tutti gli effetti, con diritti, tutele e una carriera costruita su base meritocratica. È fondamentale che si lavori su una riforma contrattuale che rispetti i tempi moderni, con stipendi adeguati e un’organizzazione che funzioni”, conclude Ceccarelli.

Il Coina Sindacato delle Professioni Sanitarie invita a riflettere su una serie di aspetti che vengono troppo spesso trascurati nel dibattito pubblico. 

«Non è solo una questione di “vocazione”, ma di un sistema che, da troppo tempo, ignora i bisogni e le giuste richieste dei professionisti della sanità e volta loro le spalle. È urgente un cambiamento radicale nella gestione della professione, per garantire il giusto riconoscimento e per evitare che la sanità italiana, già in difficoltà, continui a perdere i suoi migliori professionisti per strada», conclude Ceccarelli.

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