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Salute, Ceccarelli (Coina): «Il sistema delle pronte disponibilità va riformato con urgenza. Non può essere a convenienza ed abuso delle aziende sanitarie».

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Oggi l’indennità per ogni turno di pronta disponibilità è di soli 20 euro lordi, una cifra ridicola che non tiene conto del sacrificio richiesto ai professionisti sanitari”, sottolinea Ceccarelli. Tale importo, fermo da decenni e non rivalutato in base all’inflazione, è inadeguato rispetto alle responsabilità e all’impegno che il personale deve garantire. E’ per questo che le aziende sanitarie “ci marciano” pericolosamente.

La pronta disponibilità, nata come misura eccezionale per le emergenze sanitarie, si è trasformata in uno strumento abusato dalle aziende per sopperire alle carenze di personale, spesso a scapito dei lavoratori. Questa è la denuncia del Coina, il sindacato delle professioni sanitarie, attraverso le parole del suo Segretario Nazionale, Marco Ceccarelli.

Un indennizzo irrisorio e decisamente fuori tempo

“Oggi l’indennità per ogni turno di pronta disponibilità è di soli 20 euro lordi, una cifra che non tiene conto del sacrificio richiesto ai professionisti sanitari e naturalmente non è al passo con il mutato costo della vita”, sottolinea Ceccarelli. Tale importo, fermo da decenni e non rivalutato in base all’inflazione, è inadeguato rispetto alle responsabilità e all’impegno che il personale deve garantire.

Nel 1990, per ogni turno di pronta disponibilità venivano riconosciute 40.000 lire, l’equivalente di circa 60-70 euro attuali. Un valore che incentivava le aziende a limitare l’uso di questo strumento, visto il costo, preferendo investire in personale aggiuntivo e quindi propendendo per le assunzioni. Oggi, invece, il basso costo lo rende una scelta fin troppo “conveniente” per le aziende.

Abusi e conseguenze

Negli anni, la pronta disponibilità è diventata una routine, utilizzata per coprire le carenze di organico e mascherare una gestione inefficiente dei turni di lavoro. Durante le trattative per il rinnovo del Contratto Collettivo Nazionale della Sanità Pubblica, il dibattito si è spesso concentrato su questioni numeriche, come il numero massimo di turni mensili (attualmente fissato a 7). Tuttavia, questo approccio non affronta il problema centrale: le condizioni economiche irrisorie che rendono il sistema vantaggioso per le aziende e penalizzante per i lavoratori.

Questo abuso ha tre principali conseguenze:

  1. Convenienza per le aziende: Le aziende sanitarie trovano economicamente vantaggioso ricorrere alla pronta disponibilità, invece di assumere personale.
  2. Svalutazione del ruolo professionale: I sanitari affrontano responsabilità elevate per un compenso inadeguato.
  3. Distorsione dello strumento: La pronta disponibilità ha perso la sua natura straordinaria, diventando un mezzo di routine.

La posizione del Coina

“La pronta disponibilità non deve essere una ‘convenienza’ aziendale. Occorre riportare questo strumento alla sua funzione originaria: un supporto straordinario per vere emergenze”, afferma Ceccarelli. “Chiediamo che l’indennità venga adeguata a un valore congruo, ad esempio 60-70 euro per turno, per rendere meno vantaggioso l’abuso e spingere le aziende a investire in assunzioni e una migliore organizzazione del lavoro.”

Mentre proseguono le trattative per il rinnovo del contratto collettivo nazionale del settore sanitario, il dibattito tra i sindacati protagonisti del “tavolo di discussione” con l’Aran rimane focalizzato, in modo sterile e poco incisivo, esclusivamente sul numero massimo di turni di pronta disponibilità. In questo contesto, per il Coina, vista la gravità della questione, risulta ad oggi indispensabile un approccio più concreto e determinato nel portare avanti questa battaglia. “Solo così sarà possibile tutelare realmente il personale sanitario, assicurando una gestione più dignitosa delle risorse umane e, di conseguenza, un miglior servizio per la salute pubblica”, conclude Ceccarelli.

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