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Reti di Prossimità: a che punto siamo?

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A proposito di Reti di Prossimità: a che punto siamo? Ecco il Report Agenas sulle Case di Comunità.

Le Case di Comunità rappresentano uno dei pilastri fondamentali della riforma dell’assistenza territoriale prevista dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR), con l’obiettivo di avvicinare i servizi sanitari ai cittadini e migliorare l’accesso alle cure. Tuttavia, secondo l’ultimo report dell’Agenzia Nazionale per i Servizi Sanitari Regionali (Agenas), pubblicato il 14 marzo 2025, lo sviluppo di queste strutture procede a rilento, con criticità significative che rischiano di compromettere gli obiettivi del PNRR.

Le Case di Comunità: un’opportunità mancata?

Le Case di Comunità sono state progettate per diventare il cuore dell’assistenza territoriale, offrendo servizi di prossimità come visite mediche, attività consultoriali, vaccinazioni, screening e assistenza domiciliare. Tuttavia, i dati dell’Agenas rivelano che solo il 2,7% delle 1.717 strutture previste entro giugno 2026 è pienamente operativo, mentre 485 hanno almeno un servizio attivo.

Le disparità territoriali sono evidenti: le regioni del Nord (Lombardia, Emilia-Romagna e Piemonte) sono in testa, mentre il Sud è in forte ritardo. Ad esempio, solo 15 strutture su 653 nel Sud Italia offrono servizi di assistenza domiciliare, rispetto alle 313 del Nord.

Le principali criticità.

Il report evidenzia tre criticità principali che stanno frenando lo sviluppo delle Case di Comunità:

  1. Carenza di personale medico e infermieristico: Solo il 9,2% delle strutture ha medici di famiglia attivi, e solo 122 infermieri sono presenti su tutto il territorio nazionale. La mancanza di personale qualificato rappresenta un ostacolo insormontabile per l’operatività delle Case di Comunità.
  2. Disparità territoriali: Le differenze tra Nord, Centro e Sud Italia sono marcate, con il Mezzogiorno che sconta un ritardo cronico nell’erogazione dei servizi. Questo divario rischia di ampliare le disuguaglianze nell’accesso alle cure.
  3. Resistenze contrattuali: La proposta del Ministero della Salute di trasformare i medici di medicina generale in personale dipendente con un orario obbligatorio di 18 ore settimanali nelle Case di Comunità ha incontrato l’opposizione di alcune sigle sindacali e di frange della maggioranza di governo. Questo clima di incertezza rallenta ulteriormente l’implementazione della riforma.

I dati del Report Agenas.

Ecco alcuni dati chiave del report:

Case di Comunità

  • Strutture previste entro giugno 2026: 1.717
  • Strutture pienamente operative: 46 (2,7%)
  • Strutture con almeno un servizio attivo: 485
    • Lombardia: 138
    • Emilia-Romagna: 125
    • Piemonte: 28

Carenza di Personale

  • Medici di famiglia attivi: 158 (9,2%)
  • Infermieri presenti: 122

Servizi Attivati

  • Attività consultoriali: 333 strutture
  • Vaccinazioni: 361 strutture
  • Screening per tumori: 366 strutture
  • Servizi di salute mentale: 232 strutture

Disparità Territoriali

  • Assistenza domiciliare:
    • Nord: 313 su 667
    • Centro: 86 su 397
    • Sud: 15 su 653
  • Attività specialistica:
    • Nord: 308
    • Centro: 103
    • Sud: 18
  • Esami diagnostici di primo livello:
    • Nord: 258
    • Centro: 88
    • Sud: 19

Ospedali di Comunità

  • Strutture programmate: 568
  • Strutture attivate: 124
    • Veneto: 43
    • Lombardia: 25
    • Emilia-Romagna: 21
  • Copertura medica (4-5 ore al giorno): 90 strutture (15,8%)
  • Copertura infermieristica 24/24: 118 strutture (20,8%)

Le proposte di riforma.

Per superare le criticità, il Ministero della Salute ha proposto di trasformare i medici di medicina generale in personale dipendente, con un orario obbligatorio di 18 ore settimanali nelle Case di Comunità. Questa proposta, però, ha incontrato resistenze da parte di alcune sigle sindacali e di esponenti politici, creando un clima di stallo che rischia di compromettere ulteriormente i tempi di attuazione della riforma.

Serve un cambio di rotta.

Il report dell’Agenas mette in luce una situazione preoccupante: le Case di Comunità e gli Ospedali di Comunità, pilastri della riforma dell’assistenza territoriale, sono ancora lontani dall’essere pienamente operativi. La carenza di personale, le disparità territoriali e le resistenze contrattuali rappresentano ostacoli significativi che richiedono un’azione immediata.

Per garantire che le Reti di Prossimità possano davvero rispondere alle esigenze delle comunità, è necessario:

  • Rafforzare il reclutamento di medici e infermieri, anche attraverso incentivi economici e formativi.
  • Ridurre le disparità territoriali, con un impegno concreto per colmare il divario tra Nord e Sud.
  • Favorire il dialogo tra istituzioni, sindacati e professionisti sanitari per superare le resistenze contrattuali.

In un momento di sfide sanitarie senza precedenti, il rafforzamento delle infrastrutture sanitarie locali è più importante che mai. Solo così potremo garantire un’assistenza equaaccessibile e di qualità per tutti i cittadini.

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