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Professioni Sanitarie. Urge escogitare norme contro aggressioni operatori della salute.

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Aggressioni ai professionisti sanitari: urgente migliorare e applicare la normativa per garantire sicurezza e prevenzione.

Il Ministro della salute, Orazio Schillaci oggi ha incontrato le Federazioni e i Consigli nazionali degli Ordini delle professioni sanitarie.

La Federazione nazionale degli Ordini TSRM e PSTRP, alla luce dei crescenti episodi di violenza nei confronti dei professionisti sanitari, richiama con forza l’attenzione delle istituzioni e dell’opinione pubblica sulla necessità di applicare in maniera più rigorosa le norme esistenti, con un ulteriore impegno per il loro miglioramento.

Il commento di Teresa Calandra, Presidente della FNO TSRM e PSTRP

La normativa vigente già prevede importanti misure per prevenire le aggressioni, come stabilito dall’articolo 2 della legge 113 del 2020. Questa legge ha istituito l’Osservatorio Nazionale sulla Sicurezza degli Esercenti delle Professioni Sanitarie e Sociosanitarie (ONSEPS), incaricato di monitorare episodi di violenza e promuovere studi, buone pratiche e formazione.

Nel breve termine, è necessario intervenire con misure repressive per garantire la sicurezza dei professionisti sanitari, come il controllo più rigoroso degli accessi dei visitatori alle strutture sanitarie e il rafforzamento dei sistemi di vigilanza. Tuttavia, il tema deve essere affrontato in una prospettiva più ampia, investendo anche in questo caso sulla prevenzione.

La violenza contro i professionisti sanitari deve essere vista come un attacco a figure che rappresentano e, nel loro esercizio, incarnano lo Stato, al pari di insegnanti, agenti delle forze dell’ordine o altri funzionari pubblici. Questo fenomeno segnala una preoccupante perdita di credibilità e di rispetto verso le istituzioni e verso chi vi lavora. È necessario un impegno concreto in investimenti culturali e valoriali, che, nel medio e lungo termine, ristabiliscano il rispetto e la fiducia verso queste figure professionali.

È cruciale comprendere in profondità le cause che portano a questi episodi di violenza. In che modo l’organizzazione delle strutture sanitarie, il numero del personale in servizio e le loro capacità comunicative hanno influito nei contesti in cui si sono verificati questi episodi. Solo attraverso una raccolta accurata di dati e informazioni si potrà identificare, comprendere e affrontare correttamente il problema.

Come recentemente sottolineato da un collega Educatore professionale in un articolo sul tema, è fondamentale un “recupero di autorità e autorevolezza”, che può essere raggiunto solo migliorando le esperienze dei cittadini con gli operatori del welfare. Tuttavia, questo compito non può gravare esclusivamente sui singoli professionisti, ma deve essere supportato da una strategia collettiva che coinvolga le istituzioni e il sistema sanitario nel suo complesso.

Secondo i dati INAIL, la categoria degli Educatori professionali, una delle professioni da noi rappresentate, è la terza più colpita da episodi di violenza. Questi professionisti lavorano in contesti complessi e delicati, come servizi educativi e riabilitativi di fragilità sanitaria e sociale: minori, tossicodipendenti, soggetti psichiatrici, etc…. Esistono degli esempi virtuosi, almeno nelle intenzioni, e diventa quindi fondamentale analizzare le misure adottate in questi contesti e capire se abbiano contribuito a ridurre il fenomeno e a migliorare la percezione di sicurezza tra gli operatori sanitari e sociosanitari. Avere queste conoscenze e condividerle, ci consentirà di prevenire episodi di violenza.

Per affrontare in modo duraturo il problema delle aggressioni, è essenziale ricostruire un rapporto di fiducia reciproca tra i professionisti sanitari e i cittadini. Le Istituzioni devono agire attraverso strategie di sensibilizzazione pubblica, promuovendo esperienze positive con gli operatori sanitari, coinvolgendo attivamente la cittadinanza e adottando una comunicazione bidirezionale, che favorisca il dialogo e la comprensione tra le parti.

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