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Professioni sanitarie: tra obblighi crescenti e incentivi insufficienti.

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Guardare il mondo da una nuova prospettiva è un esercizio che gli astronauti conoscono bene: sospesi nello spazio, osservano la Terra come un’unica sfera, libera da divisioni e confini. Questo cambio di paradigma, che sembra così attuale e moderno, in realtà affonda le sue radici molto prima, persino nelle Sacre Scritture. La Bibbia stessa, in Isaia 40:22, invita a guardare il mondo dall’alto, vedendo l’umanità come un insieme, senza perderci nei dettagli terreni.

Eppure, nonostante questa visione ampia ci suggerisca di riformulare i nostri concetti di lavoro e responsabilità, i professionisti sanitari italiani si trovano ancora ingabbiati in una gestione farraginosa e antiquata, fatta di obblighi crescenti e oneri che gravano sulle loro spalle senza un’adeguata compensazione. Mentre il mondo evolve, la gestione delle professioni sanitarie sembra rimanere indietro, incapace di rispondere alle esigenze di chi è chiamato a garantire la salute pubblica.

Un paradosso gestionale e normativo.

I professionisti sanitari oggi sono schiacciati da un sistema gestionale che non è in grado di sostenere il carico di responsabilità civili e penali, assicurative, previdenziali e organizzative a cui sono sottoposti. Gli ordini professionali, nati con l’intento di dare dignità e riconoscimento a queste figure, si sono trovati a operare all’interno di una rete di obblighi che rende sempre più difficile esercitare serenamente il proprio ruolo. Albi, assicurazioni, adempimenti burocratici e un carico di responsabilità senza precedenti pesano sul presente e sul futuro di chi opera nel settore pubblico e privato.

E se nel privato, grazie alla flessibilità organizzativa e alle risorse, queste incombenze trovano in parte una compensazione, nel settore pubblico si aggiunge la difficoltà strutturale: turni massacranti, carenze di personale, e un apparato spesso incapace di supportare concretamente i propri professionisti. La discrepanza tra pubblico e privato diventa così sempre più marcata, creando un paradosso per cui chi lavora nella sanità pubblica è gravato da oneri senza il necessario riconoscimento economico o organizzativo.Rivedere gli incentivi: l’indennità di esclusività come riscatto.

È evidente che la prospettiva debba cambiare. Gli incentivi economici, come l’indennità di esclusività, devono essere ripensati per compensare realmente gli oneri aggiuntivi che i professionisti sanitari si trovano ad affrontare. Non si può continuare a gravare sui lavoratori senza offrire una reale compensazione, soprattutto quando questi devono far fronte a turni impensabili e condizioni di lavoro spesso estenuanti. La fuga dei professionisti all’estero è una spia rossa che segnala il fallimento di un sistema incapace di valorizzare il sacrificio e la dedizione di chi ogni giorno lotta per garantire la salute collettiva, ma ancor più rilevante è il passaggio massiccio al settore privato, che offre condizioni migliori e maggiore autonomia operativa.

Nel contesto della riforma, la proposta di ridurre il numero delle professioni sanitarie, passando da 23 a qualcosa di più vicino alle 8 figure presenti in Germania, potrebbe essere vista come un’opportunità per snellire e razionalizzare il sistema. Ogni professionista, quindi, si troverebbe a gestire un ambito più ampio rispetto alle specializzazioni attuali, con una combinazione di competenze che risponderebbe meglio alle esigenze di un sistema in continua evoluzione. Tuttavia, questa riforma deve andare di pari passo con una valorizzazione reale delle professionalità, che non può limitarsi ad un adattamento delle mansioni, ma deve comprendere anche una compensazione adeguata degli oneri e delle responsabilità che crescono con l’ampliamento dei compiti.

Verso una gestione più equa e moderna.

Occorre una riflessione profonda sul modello gestionale del Sistema Sanitario Nazionale, rivalutando il ruolo degli ordini professionali e introducendo meccanismi di compensazione equi e proporzionati. Tuttavia, non si tratta di ridurre il numero dei professionisti per allinearsi agli standard europei, dove prevale una logica più privatistica e un numero inferiore di figure sanitarie rispetto all’Italia (come in Germania, con 8 figure a supporto della dirigenza medica contro le 23 italiane), ma di valorizzare adeguatamente il loro operato. La modernità non può essere solo uno slogan, ma deve tradursi in una nuova organizzazione del lavoro, più snella, efficiente e soprattutto rispettosa del carico umano e professionale di chi opera in prima linea.

La riforma, quindi, non deve ridurre semplicemente il numero delle figure professionali, ma deve anche garantire che ogni professionista venga compensato adeguatamente per le proprie competenze, responsabilità e sacrifici. La valorizzazione dei professionisti è il vero fulcro di ogni cambiamento. Solo così si potrà fermare la fuga all’estero e la massiccia migrazione verso il settore privato, e costruire un sistema che sia veramente equo e sostenibile.

Non possiamo più permetterci di guardare alla sanità con occhiali appannati dal passato. È il momento di alzare lo sguardo e abbracciare un cambiamento reale, che sappia valorizzare i professionisti per il loro impegno e restituire dignità a un settore vitale per il benessere collettivo.

Dott. Carchia Grazio Gioacchino, Tecnico Sanitario di Laboratorio Medico e Fondatore del Gruppo PSU Professioni Sanitarie Unite

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