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Polemiche sul film “La scommessa – Una notte in corsia”. Distrugge la Professione Infermieristica.

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“La scommessa – Una notte in corsia”, ovvero quando la commedia “nera” annienta la sanità e i suoi professionisti, con in prima linea gli Infermieri. Ma forse è tutto studiato.

Alla prima del film La scommessa – Una notte in corsia al Cinema Modernissimo di Napoli, l’atmosfera era tiepida. Nonostante la presenza di attori di spicco come Carlo Buccirosso, Lino Musella, Nando Paone e Yari Gagliucci, il film, una commedia noir, ha lasciato il pubblico perplesso, diviso tra sorrisi forzati e applausi smorzati. Non si tratta della mancanza di talento degli attori, ma piuttosto di un tema difficile da digerire, soprattutto in un contesto così delicato come quello della sanità.

Una scommessa macabra: tra cinismo e degrado umano.

Il film racconta le 12 ore notturne di due infermieri, Angelo e Salvatore, all’interno del reparto dell’ospedale Santi Martiri di Napoli. Tra noia e cinismo, i due fanno una scommessa su un paziente in stato di incoscienza: Angelo crede che sopravvivrà, mentre Salvatore è convinto che morirà. La posta in gioco? 200 euro e le ferie tra Natale e Capodanno. La premessa di questa macabra scommessa, sebbene inserita in un contesto comico, ha suscitato non pochi dubbi sul messaggio che il film vuole trasmettere.

Il problema della rappresentazione.

Il regista Giovanni Dota tenta di dare al film un ritmo dinamico, spostandosi tra personaggi e stanze che sembrano improbabili e surreali per un ospedale. Tuttavia, il tono cinico, a tratti spietato, con cui vengono presentati i due infermieri lascia un senso di disagio. La battuta di Buccirosso ai figli del paziente Caputo – “Restiamo umani” – pronunciata in un ospedale fatiscente, simboleggia il degrado, non solo dell’ospedale, ma anche dei personaggi stessi. Il film sembra sfruttare la crescente ondata di notizie su aggressioni agli operatori sanitari, alimentando una blame culture che cerca colpevoli tra le corsie degli ospedali.

Un danno per l’immagine degli infermieri e della sanità.

Il rischio maggiore di La scommessa è quello di ridurre ulteriormente la già fragile immagine del Servizio Sanitario Nazionale e dei suoi professionisti. Gli infermieri, ritratti come frustrati, annoiati e cinici, vengono ridotti a caricature distanti dalle loro competenze e responsabilità. In una realtà già segnata da tagli, violenze e condizioni lavorative difficili, la rappresentazione degli infermieri come figure spersonalizzate, incapaci di empatia e dedite solo a interessi materiali, rischia di aggravare la percezione pubblica del loro ruolo.

Un film che alimenta la nosocomefobia (paura degli ospedali e di chi ci lavora)?

La reazione del pubblico alla proiezione è emblematica. La domanda che emerge è inquietante: “C’è davvero chi ha il coraggio di fare una scommessa così in ospedale?” Il rischio è che il film, invece di generare una riflessione, possa alimentare una sorta di nosocomefobia, ovvero la paura degli ospedali e delle cure. La battuta finale di uno spettatore riassume questo sentimento: “Questo film può essere visto solo da chi non rischia di perdere la propria salute in corsia.”

Il film rischia di annientare la fiducia verso gli Infermieri, già in crisi professionale profonda.

Il film, presente già nelle sale, tenta di affrontare il tema della sanità attraverso la lente di una commedia noir, ma finisce per annientare la fiducia nei confronti di un sistema già duramente provato. Mentre i professionisti della sanità combattono ogni giorno per garantire assistenza e qualità, film come questo rischiano di minare la loro credibilità e la fiducia che il pubblico ripone in loro. Una realtà, quella vissuta dagli infermieri e dagli operatori sanitari, che spesso è molto più oscura di qualsiasi commedia noir.

La sensazione dei più, tuttavia, è che sia tutto organizzato. Quando su una pellicola c’è polemica, la gente corre ai botteghini. In barba questa volta agli Infermieri!

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