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Piano Cronicità 2024. AISI: “non possono i farmacisti gestire la cronicità dei pazienti”.

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Salute, Piano Cronicità 2024. Saccomanno-Onesti (Aisi): «Presa in carico dei pazienti affetti da patologie croniche: pericoloso e controproducente, per la sicurezza del cittadino, che siano i farmacisti a gestire tale delicato percorso, che rimane rigorosamente una prerogativa dei professionisti sanitari».

«Non abbiamo esitato un solo istante ad elogiare la nostra politica, quando, di fronte ai più che legittimi dubbi, e certamente non solo i nostri, sulla reale efficacia del DDL Farmacie, il Governo ha ritenuto opportuno separarlo dal piano liste di attesa, per concedersi il tempo di valutarne la reale efficacia.

Al momento, però, con la recente ufficializzazione del Piano Cronicità 2024, ci ritroviamo decisamente nella situazione di chi, con sua enorme sorpresa, sente di essere di fronte al classico “passo del gambero”.

Assai discutibile, infatti, e foriera di fondate preoccupazioni, da parte nostra, è la previsione che possano essere i farmacisti a coordinare e gestire, da qui a breve tempo, seppur in collaborazione con altri professionisti sanitari, la questione della delicata presa in carico dei pazienti affetti da patologie croniche, sulla base della complessità clinica e del bisogno di salute di un determinato territorio, come indicato da un più che discutibile Piano Cronicità 2024 che, oltre tutto, lasciatecelo dire, somiglia tanto ad un scatola vuota, non contenendo al suo interno alcuna previsione di investimento». 

Così Karin Saccomanno e Giovanni Onesti, Presidente e Direttore Generale di Aisi, Associazione Imprese Sanitarie Indipendenti.

«Non è certo un bene, in relazione all’assistenza domiciliare integrata, alla luce del costante invecchiamento della nostra popolazione e delle crescenti patologie croniche che caratterizzeranno il nostro immediato futuro, svilire ancora una volta il ruolo dei medici e degli infermieri, affidando, “nelle mani” delle farmacie, una responsabilità che per legge è prerogativa dei professionisti sanitari. 

La presa in carico di un paziente, ricordiamolo, è rigorosamente un atto medico.

Più che mai in questo momento storico, il nostro sistema sanitario è chiamato a prendersi cura di una crescente quota di soggetti affetti da patologie croniche, spesso multiple e associate a condizioni di vulnerabilità sanitaria e sociale, che affrontano processi assistenziali complessi, caratterizzati da tecnologie emergenti, con la partecipazione di molteplici attori, e un alto rischio di frammentazione delle cure.

Un percorso del genere può sì avvalersi della collaborazione dei farmacisti, ma certamente in una posizione secondaria rispetto a “percorsi obbligati” dove, il medico di base, oltre tutto agendo nell’ambito di una indispensabile attività di collaborazione multidisciplinare con altri colleghi specialisti, individua il soggetto e la patologia di cui è affetto, effettuando la diagnosi e affidando poi agli infermieri il ruolo di gestire la delicata parte assistenziale.

Per avviare l’attività dell’assistenza domiciliare integrata, allo scopo di occuparsi anche a domicilio di pazienti affetti da patologie croniche, una qualsiasi struttura sanitaria, ricordiamolo, continuano Saccomanno e Onesti, deve seguire un iter molto complesso e certamente ancora più impegnativo di quello di un semplice ambulatorio, dovendo disporre di un staff costruito su un numero minimo di professionisti che, per legge, devono oltre tutto possedere competenze molto specifiche che non è sempre facile reperire e mettere insieme (medico coordinatore, infermieri, fisioterapisti, direttore di servizio).

Non è certo immaginabile che tale funzione sia assegnata sic et simpliciter alle farmacie!

A nostro avviso, liberalizzando le farmacie, a discapito della sicurezza e della salute del cittadino, non vorremmo ritrovarci nella situazione di veder minata ulteriormente la già precaria stabilità del nostro Sistema Salute. 

In questo momento storico, per la sanità italiana pubblica e privata, non possiamo certo permettercelo!

Le farmacie e i farmacisti, non smetteremo mai di ripeterlo, possono rappresentare preziose risorse a cui attingere, ma non possono sostituirsi alle strutture sanitarie pubbliche e tanto meno a quelle private accreditate e quelle private pure, così come il farmacista non è e non sarà mai un medico, e come tale non può svolgere funzioni che di fatto non gli competono».

Così Karin Saccomanno e Giovanni Onesti, Presidente e Direttore Generale di Aisi, Associazione Imprese Sanitarie Indipendenti.

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