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Perché sempre più infermieri preferiscono ricorrere alla tecnologia anziché tornare all’assistenza pratica?

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La verità che nessuno dice.

C’è una frase che gira tra i corridoi degli ospedali: “Prima ci spezzavamo la schiena, ora ci rompiamo gli occhi sugli schermi.” 

E infatti, basta entrare in un reparto per vedere infermieri ingobbiti su tablet, monitor e cartelle digitali, mentre i pazienti aspettano. Ma perché sempre più professionisti preferiscono affidarsi alla tecnologia invece che al vecchio metodo “mani sul paziente”?

La risposta è più amara di quanto pensiate.

1. “Perché siamo stanchi di farci male”

  • Sollevare pazienti da soli, fare turni estenuanti, correre su e giù per i reparti: il corpo umano ha un limite.
  • La tecnologia (quando funziona) alleggerisce il carico fisico: sollevatori elettrici, letti automatizzati, carrelli intelligenti.
  • “Prima a 50 anni eri distrutto – racconta Marco, infermiere da 30 anni – ora almeno non finisci in fisioterapia per un’ernia.”

Il problema? Questi strumenti spesso mancano o sono sottoutilizzati per risparmiare.

2. “Perché se non registri, non esisti”.

  • Oggi, se non è digitale, non è successo. E gli infermieri passano più tempo a compilare moduli che a curare.
  • “Una volta bastava una scheda cartacea – spiega Laura – ora per ogni cerotto devi aprire 3 menu, scannerizzare il braccialetto e firmare digitalmente. Se no, arriva la multa per ‘mancata tracciabilità’.”
  • Risultato? Meno tempo al letto del paziente, più frustrazione.

“Perché abbiamo paura degli errori (e delle denunce)”.

  • Un refuso su un foglio cartaceo poteva passare inosservato. Un errore nel sistema digitale? Tracciato per sempre.
  • Allarmi computerizzati, dosaggi calcolati da software, avvisi automatici: la tecnologia dovrebbe ridurre gli sbagli.
  • “Ma quando il sistema si blocca o dà un falso allarme, è il caos – dice Paolo – e alla fine la colpa è sempre nostra.”

“Perché ci hanno convinto che è ‘progresso’”.

  • Dall’alto ci ripetono“La digitalizzazione migliora l’assistenza!”
  • In realtà, spesso significa:
    ✔ Menochiacchiere coi pazienti (perché devi registrare tutto).
    ✔ Più controllo sui dipendenti (ogni click è monitorato).
    ✔ Risparmiare personale (“Tanto c’è il sistema che avvisa!”).

“Ci promettono che ci libererà tempo – sbotta Elena – invece siamo più schiavi di prima.”

La verità? Nemmeno loro la vogliono (davvero).

  • Quasi nessun infermiere sogna di passare 6 ore al computer.
  • Ma tra carichi di lavoro impossibili e burocrazia folle, la tecnologia diventa un’ancora di salvezza.
  • “Se potessi, tornerei a carta e penna – confessa Sara – ma ormai è troppo tardi. Senza il sistema, saremmo sommersi.”

Morale: non è una scelta. È una resa.

Gli infermieri non amano la tecnologia più dell’assistenza pratica. Semplicemente, non possono più permettersi di farne a meno. Tra mancanza di personale (il digitale dovrebbe compensare); burocrazia assurda (se non registri, non hai fatto); paura di sbagliare (e finire sui giornali).

Il risultato? Professionisti costretti a diventare operatori di tastiera, mentre i pazienti si sentono sempre più soli.

“Ci hanno detto che ci avrebbe aiutati. Invece ci ha rubato il lavoro che amavamo.”

(E la prossima volta che vedete un infermiere fissare un monitor invece che un paziente, non giudicatelo. Chiedetevi piuttosto: chi lo ha costretto a scegliere?)

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