Perché i leader nazionali dei più grandi sindacati sanitari italiani non sono mai Infermieri?

Un lettore ci chiede tramite il nostro canale WhatsApp al 3474376756 cosa ne pensiamo del fatto che i leader nazionali dei principali sindacati sanitari generalisti quali FP Cgil, UIL Fpl, Cisl FP, FIALS, USB, FSI-USAE ed altri non appartengano mai alla Professione Infermieristica. Ovviamente fanno eccezione Nursind e Nursing Up, i cui gran capi restano Infermieri.

Proviamo a rispondere.

La mancanza di infermieri tra i leader nazionali dei più grandi sindacati sanitari italiani può essere attribuita a una serie di fattori storici, culturali e organizzativi:

1. Origini storiche dei sindacati.

I principali sindacati sanitari italiani, come la CGIL, CISL e UIL, hanno origini che risalgono a un’epoca in cui la figura professionale più influente nel settore sanitario era quella del medico. Questo ha portato, nel tempo, a una maggiore rappresentanza dei medici e di altre professioni sanitarie più antiche e consolidate nei vertici dei sindacati. Gli infermieri, fino a tempi più recenti, erano spesso considerati personale ausiliario, il che ha limitato storicamente la loro ascesa nelle gerarchie sindacali.

2. Riconoscimento tardivo della professione infermieristica.

In Italia, la professione infermieristica ha ottenuto il riconoscimento accademico solo nel 1992 con la riforma che ha introdotto la laurea in Infermieristica. Prima di questo cambiamento, gli infermieri erano visti più come esecutori di mansioni e non come professionisti autonomi con competenze avanzate. Questo ritardo nel riconoscimento ha ostacolato la loro partecipazione ai vertici dei sindacati, poiché mancava una tradizione di leadership infermieristica nelle organizzazioni di rappresentanza.

3. Focalizzazione dei sindacati su figure storicamente più forti.

I leader sindacali nei settori sanitari tendono a provenire da categorie con un forte peso politico e professionale, come i medici e i tecnici di laboratorio. Le strutture sindacali spesso si concentrano sulle categorie professionali che hanno maggiore influenza all’interno del sistema sanitario, relegando in secondo piano altre figure professionali. Gli infermieri, pur essendo numerosi, sono stati tradizionalmente sottorappresentati in termini di leadership.

4. Complessità della rappresentanza infermieristica.

Gli infermieri hanno una loro organizzazione di rappresentanza professionale, la FNOPI (Federazione Nazionale degli Ordini delle Professioni Infermieristiche), che si occupa di tutelare i loro diritti e promuovere la loro professionalità. Tuttavia, la FNOPI non è un sindacato, ma piuttosto un organismo di regolamentazione e rappresentanza professionale. Questo può portare a una frammentazione della leadership tra chi rappresenta la professione e chi negozia le condizioni lavorative attraverso i sindacati, riducendo ulteriormente la presenza di infermieri nei ruoli apicali dei sindacati generali.

5. Priorità diverse tra infermieri e sindacati tradizionali.

Gli infermieri spesso hanno esigenze specifiche legate alla gestione dei turni, alla qualità del lavoro, al riconoscimento delle competenze avanzate e alla possibilità di carriera accademica e professionale. Queste priorità, se non adeguatamente comprese o rappresentate, possono rendere difficile per gli infermieri emergere nei vertici di sindacati che gestiscono una vasta gamma di categorie professionali con esigenze molto diverse.

I crescente riconoscimento professione potrebbe cambiare lo status quo.

In sintesi, la scarsità di infermieri nei vertici dei più grandi sindacati italiani è il risultato di una combinazione di fattori storici e organizzativi. Tuttavia, con il crescente riconoscimento della professione infermieristica e l’importanza del loro ruolo nel sistema sanitario, ci potrebbe essere un’evoluzione in futuro.

Ma quando?

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