Ombre nel corridoio. OSS trova paziente morto, chi lo ha ucciso?
La luce fluorescente del bagno della Medicina 1 creava un’atmosfera asettica, quasi surreale. L’OSS Laura, una giovane e brillante operatrice socio-sanitaria, entrò con il carrello della pulizia, canticchiando tra sé. Ma quel giorno la sua routine sarebbe stata rovesciata da un imprevisto che mai avrebbe potuto immaginare.
Mentre si accingeva a pulire, notò qualcosa sul pavimento. Un uomo, anziano, giaceva accasciato, il viso pallido come la vernice delle pareti. Laura corse verso di lui, il cuore che le batteva forte nel petto. «Signore? Signore!» provò a scuoterlo leggermente, ma non ricevette risposta.
Con l’aria vibrante di urgenza, il suo sguardo scivolò verso il suo petto. Non c’era alcun battito. La rianimazione partì immediatamente: chiamò il codice d’emergenza e si mise a praticare le compressioni toraciche. Ma il look dell’uomo non prometteva niente di buono. Nessun respiro, nessun movimento. Un silenzio opprimente si fece spazio attorno a lei.
Subito dopo, due medici accorsero da altri reparti, seguiti da un’infermiera, Marco, noto per la sua tenacia e la passione per i gialli. Anche lui, però, si era fermato di fronte a quella scena. Decisi, iniziarono a praticare le manovre di rianimazione, ma l’uomo non dava segni di vita. Finalmente, dopo pochi minuti, il cuore del malcapitato fu dichiarato fermo. I medici scambiarono sguardi preoccupati, mentre qualcuno iniziava a sospettare che non si trattasse solo di un naturale decesso.
«Non ha mai avuto problemi cardiaci…» mormorò Laura, il volto imbiancato dal terrore. Le parole di Marco risuonarono come un gong nel suo orecchio: «Deve esserci una spiegazione. Andiamo a fare alcune verifiche».
Le indagini iniziarono subito. Marco si immerse nei documenti clinici dell’uomo: un paziente regolare, senza alcun trascorso di patologie cardiache. Con uno spirito da detective, iniziò ad interrogare il personale e a controllare i registri, scoprendo che l’anziano era stato ricoverato per un semplice intervento di routine. Le notizie non tornavano.
Dopo giorni di indagini e interrogatori, Marco si imbatté in una conversazione per caso tra due infermieri che parlavano di un anomalo flusso di barbiturici. Da lì si accese una luce nel suo intellecto: l’anziano non era morto per un problema cardiaco, ma per avvelenamento.
Ma chi avrebbe mai potuto avvelenare un uomo così innocuo? Marco, ora braccato da inquietudine e sospetti, iniziò a fare un elenco di tutti coloro che avevano accesso al farmaco. Notò che nella settimana precedente la morte, alcuni barbiturici erano scomparsi dal magazzino. Le persone cominciavano a sembrare diversi ai suoi occhi: da colleghe a pazienti, tutti avevano il potenziale di diventare assassini.
Laura, dopo la morte dell’anziano, non riusciva a dormire, tormentata dalla sensazione che ci fosse qualcosa di oscuro coinvolto. La ricordava il viso dell’uomo, la sua vita spezzata. Ma in quel momento, Marco la contattò. «Ho bisogno del tuo aiuto. L’unica cosa che può confermare le mie sospetti è l’autopsia. Vogliamo sapere di più su quel giorno».
Dopo un’intensa caccia all’autore del crimine, gli indizi portarono a un esito inaspettato. Un infermiere, afflitto da debiti di gioco, aveva cominciato a usare i barbiturici per abbattere i suoi debitori. Ogni fiala rubata era un passo verso il suo fallimento economico.
Corsero al bagno, il cuore di Marco in tumulto. Il crimine perfetto stava per essere svelato. Ma, mentre si avvicinavano all’infermiere, Laura si fermò: «Aspetta. Potrebbe avere un’arma». Il piano di Marco non prevedeva di affrontare l’infermiere da solo.
La tensione nell’aria era palpabile. Marco lanciò un’occhiata di intesa a Laura e, insieme, chiamarono i rinforzi. L’infermiere fu arrestato sul posto.
Nella quiete post-crimine, Marco e Laura si scambiarono uno sguardo di comprensione e sollievo. Il loro lavoro era finito, ma la verità su quelle ombre nei corridoi dell’ospedale brillava come una fiamma accesa: non tutte le morti sono naturali, a volte si nascondono ombre pronte a colpire.
E così, nel silenzio dell’ospedale, la giustizia trionfava. Ma la domanda rimaneva: quali altre verità si nascondevano dietro le porte chiuse della Medicina 1?
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