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Nurse 24 | Orrore in clinica: Infermiere condannato a 8 anni per abusi su Pazienti fragili. Senza parole.

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Otto anni di reclusione per un infermiere di 31 anni che, approfittando dei turni di notte in una clinica convenzionata di Riolo Terme (Ravenna), ha abusato sessualmente di quattro giovani pazienti poco più che ventenni. La sentenza, emessa con rito abbreviato, ha riconosciuto la gravità delle azioni dell’uomo, commesse tra il novembre 2022 e il gennaio 2023.

Oltre alla pena detentiva, il giudice dell’udienza preliminare Janos Barlotti ha disposto l’interdizione perpetua dell’infermiere dai pubblici uffici e la sospensione dall’esercizio della professione infermieristica per un periodo di tre anni. Un provvedimento che mira a tutelare ulteriormente soggetti vulnerabili da possibili future condotte simili.

Abusi notturni e indagini.

Le indagini dei Carabinieri della compagnia locale, coordinate dal pubblico ministero Stefano Stargiotti, hanno preso il via a seguito del racconto di una delle giovani vittime. Gli accertamenti hanno rivelato un quadro di abusi reiterati, consumati prevalentemente durante i turni di notte, quando l’infermiere si trovava in servizio presso la clinica specializzata in problematiche psicologiche e psichiatriche.

Le reazioni e il processo.

Due delle giovani donne vittime degli abusi, così come il gruppo societario di cui fa parte la clinica, si sono costituite parte civile nel processo, desiderose di ottenere giustizia per il terribile trauma subito. Alla prima delle due, difesa dall’avvocato Maddalena Introna, il giudice ha riconosciuto una provvisionale di 17mila euro a titolo di risarcimento. L’altra vittima, in precedenza costituitasi parte civile, aveva in seguito ritirato la sua istanza a seguito di un accordo risarcitorio extragiudiziale.

Il collegio professionale di Bologna ha immediatamente aperto un fascicolo disciplinare nei confronti dell’infermiere, in attesa degli sviluppi giudiziari definitivi per valutare ulteriori sanzioni deontologiche.

Capacità di intendere e volere accertata.

L’uomo, inizialmente posto in custodia cautelare in carcere, aveva successivamente ottenuto gli arresti domiciliari dopo aver intrapreso un percorso terapeutico e essersi dimesso volontariamente dalla struttura (che lo aveva comunque sospeso). In seguito, aveva trovato impiego in un settore privato con limitato contatto con il pubblico.

Una perizia psichiatrica disposta nel corso delle indagini ha evidenziato tratti di immaturità psico-affettiva nell’imputato, confermando tuttavia la sua piena capacità di intendere e di volere al momento della commissione dei reati.

Questa condanna rappresenta un importante passo avanti nella ricerca di giustizia per le vittime e sottolinea la gravità degli abusi commessi da una figura professionale che avrebbe dovuto prendersi cura di pazienti in un momento di fragilità. Il caso riapre il dibattito sulla necessità di controlli più rigorosi e di una maggiore attenzione alla tutela dei pazienti all’interno delle strutture sanitarie.

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