Nella storia di una professione: quella degli Infermieri.
Esprimere la propria opinione sulla professione a cui si appartiene è un diritto e un dovere per tutti gli iscritti, specialmente in un periodo così caotico e incerto. La transizione da una professione ausiliaria a una professione sanitaria ha sicuramente modificato il nostro status, valorizzando il ruolo attraverso la formazione e, allo stesso tempo, aumentando le nostre responsabilità. Tuttavia, questo cambiamento non ha migliorato il riconoscimento economico della professione. Di conseguenza, si è verificata una crescente disaffezione e carenza in tutte le regioni.
Una prima parte del percorso è stata fatta.
Il passaggio da un mansionario a un profilo professionale è stato il risultato di numerose manifestazioni e sollecitazioni. Erano tempi diversi e persone diverse, che in pochi anni hanno trasformato la legislazione infermieristica. Oggi, la professione infermieristica è definita nei suoi ambiti specifici dal D.M. n. 739 del 1994, dalla legge 42/99 e dalla legge 251/2000, che le ha conferito autonomia professionale e responsabilità delle proprie azioni, riconoscendola tra le professioni intellettuali ai sensi dell’art. 2229 del Codice Civile. Tuttavia, questa crescita positiva non è stata accompagnata dal cambiamento culturale auspicato. Attualmente, la nostra professione è in crisi non solo per la carenza di professionisti, ma anche per la sua identità professionale. È quindi importante affrontare la situazione con chiarezza.
Adesso manca l’altra metà del percorso, ovvero l’autonomia contrattuale.
Adeguare la retribuzione implica uscire dal Comparto, non ci sono alternative. Dovrebbe essere compito della politica, ma quella attuale (così come la precedente) non è all’altezza della situazione. In mancanza, chi meglio della stessa categoria professionale potrebbe fornire l’input per completare un percorso che sia non solo formativo, ma anche normativo, uscendo dal Comparto? Se questo significa fare sindacato, allora sia. I sindacati, poi, opereranno nell’ambito dell’autonomia contrattuale, definendo gli aspetti economici e retributivi in base a titoli, qualifiche, prestazioni e anzianità. Restare in questo limbo del Comparto renderà sempre più difficile trovare soluzioni per i futuri professionisti che entreranno o miglioreranno la loro professionalità.
Secondo voi, è normale pagare oggi nel 2024 un infermiere € 1500,00 al mese.
Considerando i numerosi rischi e responsabilità, insieme alle diverse mansioni svolte e alla carenza di personale, un infermiere affronta molti sacrifici. Dopo il diploma di scuola superiore, il test di ammissione al corso di laurea in scienze infermieristiche, il conseguimento del titolo, il master di primo livello, il master di secondo livello e ora la laurea magistrale specialistica, è deludente non vedere riconosciuta la parità contrattuale con altre professioni nello stesso settore. In un contesto lavorativo quotidiano sempre più stressante e soggetto alla sindrome di burnout, il divario retributivo con altre professioni intellettuali è sconcertante. È importante ricordare che anche gli infermieri sono padri e madri con una famiglia e le loro difficoltà. Inoltre, l’articolo 2233 del Codice Civile stabilisce che la misura del compenso deve essere equa e proporzionata al lavoro svolto.
Umanamente è impensabile.
Il panorama sanitario italiano è sempre più disgregato, sia dal punto di vista dell’assistenza che dei ruoli di rappresentanza. Manca lo spirito di collaborazione istituzionale tra i vari enti, rendendo difficile la sinergia tanto necessaria. Nonostante il declino della professione infermieristica sia evidente in ogni regione, non c’è la volontà di completare il percorso verso l’autonomia. Politici e sindacati sembrano distanti dalla realtà, abili solo nel far sembrare il bicchiere pieno quando è costantemente vuoto. Attualmente, solo pochi sindacati stanno cercando di uscire dal comparto, ma senza il necessario supporto e coesione da parte di tutti, la situazione rimane invariata.
Certamente, gli eroi sono altri, non noi.
Abbiamo dedicato ogni giorno al lavoro, sacrificando molto tempo prezioso con i nostri cari. È sorprendente pensare che, ovunque ci trovassimo, bastava un squillo del telefono per farci correre a rispondere alle necessità del momento. Eppure, continuiamo a incontrare incomprensioni da parte di chi fatica a riconoscere che la professione infermieristica manca di autonomia contrattuale per essere considerata una vera professione intellettuale, come previsto dall’art. 2229 del codice civile, e per diventare davvero attrattiva. Probabilmente presto emergeranno nuove figure professionali per fornire assistenza sanitaria, e speriamo che siano all’altezza del compito e del ruolo richiesto. Sembra che la pandemia di Covid non abbia insegnato nulla.
Io sì, che avrò cura di te.
Da persona oltre i cinquant’anni, nel mio piccolo, dico: impegniamoci per il bene della nostra comunità professionale. Lasciamo da parte il nostro individualismo e i pensieri rigidi per osservare il grande schermo della vita che scorre ogni giorno, fatto di enormi sacrifici di tanti colleghi e colleghe, che sono anche padri e madri di famiglia. Nonostante le difficoltà personali e familiari, cercano ancora di offrire un sorriso e conforto ai molti bisognosi, che sono in continua crescita. Evitiamo la fuga generale e cerchiamo di trattenere i colleghi e le colleghe che, con la loro esperienza e professionalità, possono ancora guidare le nuove generazioni. Non disperdiamo ulteriormente il grande patrimonio umano e professionale che possediamo. Personalmente, nonostante tutto, sono ancora orgoglioso di essere infermiere.
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