Medioriente. UMEM-Co-mai: a Gaza urgono vaccini per poliomielite.
Aodi (UMEM-Co-mai): i nostri rappresentanti UMEM ci raccontano di una situazione tragica e molto pericolosa, con il rischio enorme per la diffusione della poliomielite, a causa della carenza di acqua pulita e con il caldo che rappresenta un grave ostacolo per la conservazione dei vaccini. Solo 11 ospedali su 36 sono organizzati con frigoriferi attrezzati. Siamo di fronte ad una missione umanitaria che non può attendere!
ROMA 22 AGO 2024 – UMEM (Unione Medica Euromediterranea) e Co-mai (Comunità del Mondo Arabo in Italia), lanciano l’allarme sul rischio concreto della possibile diffusione della poliomielite nella Striscia di Gaza e nei paesi limitrofi.
«Gli sfollamenti, le precarie condizioni igieniche, esordisce il leader e fondatore, Prof. Foad Aodi, soprattutto la mancanza di acqua potabile (700 pozzi distrutti), rappresentano il desolante quadro di una vera propria strage, che è davanti agli occhi di tutti, nel martoriato territorio palestinese, ormai da tempo senza pace.
Alla base delle nostre accurate indagini, c’è anche l’incessante lavoro di Radio Co-mai Internazionale, con i nostri corrispondenti presenti in oltre 120 paesi nel mondo.
Come un fulmine a ciel sereno, è riesploso, infatti, improvviso, negli ultimi giorni, l’allarme poliomielite.
I funzionari sanitari palestinesi hanno accertato, nei giorni scorsi, il primo caso di poliomielite in un bambino di poche settimane non vaccinato nella città gazana di Deir al-Balah.
I test effettuati nella capitale giordana Amman hanno confermato la diagnosi. Si tratta del primo caso, dopo 25 anni di assenza della malattia, segnalato nell’enclave costiera.
Bisogna urgentemente vaccinare circa il 95% dei bambini sotto i 10 anni, ma la difficoltà enorme sarà quella di poter arrivare a tutti, in ogni luogo, e conservare il vaccino, che si effettua per via orale, nei frigoriferi adatti. Soprattutto occorre far arrivare il prima possibile i vaccini a Gaza e iniziare la campagna massiva. Per questa ragione i soccorritori e i professionisti sanitari presenti sul posto avranno bisogno dell’aiuto dei grandi Paesi Europei, in primis l’Italia, e del sostegno delle Nazioni Unite e della supervisione dei vertici dell’Organizzazione Mondiale della Sanità. La politica internazionale, a tutti i livelli, deve muoversi e organizzarsi quanto prima! Non c’è tempo da perdere. E’una missione umanitaria che ci coinvolge tutti, nessuno escluso.
La patologia della poliomielite, potenzialmente fatale e paralizzante, colpisce soprattutto i bambini di età inferiore ai cinque anni e si diffonde tipicamente attraverso l’acqua contaminata. Il Pakistan e l’Afghanistan sono gli unici Paesi in cui la diffusione della polio non è mai di fatto stata fermata.
Il Segretario generale delle Nazioni Unite, Antonio Guterres, ha chiesto una pausa di sette giorni nei combattimenti per consentire alle agenzie di lanciare una campagna di vaccinazione in tutta la Striscia.
Apprendiamo dai nostri rappresentanti locali , continua Aodi, che oltre 1,6 milioni di dosi di nOPV2, utilizzato per bloccare la trasmissione del cVDPV2, saranno consegnate nella Striscia di Gaza.
Le vaccinazioni saranno somministrate da 708 squadre presso ospedali, ospedali da campo e centri di assistenza sanitaria primaria in ogni municipalità della Striscia. Circa 2700 operatori sanitari, compresi i team mobili e gli operatori di prossimità, supporteranno la somministrazione in entrambi i cicli della campagna.
Riteniamo che questa campagna interna di vaccinazione sia a rischio! Il rischio che si realizzi solo parzialmente e che potrebbe non andare a buon fine sotto la minaccia delle bombe o che subisca ritardi è concreto. Devono intervenire i Paesi Ue, devono intervenire secondo noi anche gli Stati Uniti! Ed è per questo che, come Umem e Co-mai, ci uniamo all’appello delle Nazioni Unite di interrompere almeno qualsiasi scontro durante la vaccinazione.
Ricordiamo che è pur vero che ad oggi sono 16 gli ospedali parzialmente funzionanti su 36 a Gaza, ma è anche vero che solo in 11 di questi sarà possibile gestire la conservazione dei delicatissimi vaccini anti poliomielite.
Senza dimenticare che la mancanza di acqua potabile e il caldo non aiutano certo la corretta gestione di farmaci salva vita così importanti.
Sono ben 50mila, ad oggi, i bambini nati a Gaza durante la guerra iniziata nell’ottobre dello scorso anno, di fatto non vaccinati. 640mila in tutto sono quelli sotto i 10 anni che vanno vaccinati!
Il poliovirus è stato rilevato per la prima volta a Gaza a luglio in campioni ambientali provenienti da Khan Younis e Deir al-Balah.
Ma la polio non è certo l’unica sfida sanitaria che la martoriata popolazione di Gaza deve affrontare.
Continua Aodi, sono stato distrutti tutti gli impianti di trattamento delle acque reflue di Gaza e il 70% delle pompe di scarico, il che significa che molte strade sono inondate di acqua contaminata da liquami non trattati, il che rende l’ambiente ideale per la diffusione di numerose altre malattie. Il rischio di una pandemia è sotto gli occhi di tutti!
Ricordiamo che, a causa del conflitto, la popolazione di Gaza è alle prese con un aumento di infezioni respiratorie, diarrea, scabbia e pidocchi, eruzioni cutanee, varicella, itterizia ed epatite A, oltre ad altri problemi di salute che difficilmente si diffondono al di fuori di Gaza perché è di fatto tagliata drammaticamente fuori dal resto della regione, isolata nel suo incubo!.
Questo è particolarmente vero durante i mesi estivi più caldi, quando zanzare e altri insetti proliferano e il cibo si deteriora più velocemente. Il rischio concreto è quindi del diffondersi di altre gravi patologie che una sanguinosa guerra come questa porta inevitabilmente con se!
Ed è per questo che ci rivolgiamo al Ministro degli Esteri Tajani, la cui lungimiranza è innegabile. Può e deve creare una sinergia di intervento con gli altri Paesi Ue. L’Italia ha la forza diplomatica per mettere fine al conflitto!
E poi lanciamo, naturalmente, come sempre, il nostro appello alla pace, a “Due Stati di Popoli”, come facciamo ininterrottamente dall’inizio del conflitto, rivolgendoci anche ai vertici dell’Organizzazione Mondiale della Sanità per quanto riguarda l’allarme sanitario che si aggrava di giorno in giorno».
Secondo noi, insiste il Prof. Aodi, la campagna di vaccinazione interna non basta e le tensioni ancora in corso, con una pace ancora lontana, solo sulla carta, potrebbero ritardare se non compromettere un intervento indispensabile che deve arrivare con il supporto e la supervisione forze internazionali, come segnale forte
Prima di tutto vanno tutelati i nuovi nati e i minori, il cui sistema immunitario risulta profondamente indebolito dalla fame, dalla malnutrizione, dalla mancanza di acqua pulita e dalla scarsa igiene».
Le nostre indagini ci indicano che, ad oggi, sono 885 le vittime ufficiali tra il personale sanitario, sono, come detto, solo 16 ospedali gli parzialmente funzionanti, in questo momento così critico per il Medioriente, su 36.
Ben 34 sono le strutture sanitarie già chiuse definitivamente, finite sotto le bombe di una guerra atroce. Un bagno di sangue senza fine per un totale di 40.300 vittime e più di 93 mila feriti.
Un bilancio, di questo passo, destinato solo ad aggravarsi atrocemente.
Mancano i più basilari strumenti di cura per i feriti, più di tutto occorrono, giorno dopo giorno, sempre più farmaci e sangue, per evitare che la strage si aggravi ulteriormente, con la necessità di personale sanitario specializzato, soprattutto chirurghi, pediatri, ortopedici, anestesisti e infermieri pediatrici e di sala operatoria.
17mila sono i bambini e 11mila sono le donne morti in una guerra che rappresenta un incubo senza fine.
«Vanno avanti i nostri report accurati dalla Palestina, triste teatro di guerra, afferma ancora Aodi, fondatore e leader di associazioni che, sin dalla loro origine, non smettono di sostenere il lavoro del personale sanitario nel mondo, l’esercito bianco, ma soprattutto oggi, più che mai, urlano a gran voce, ai “Grandi dell’Europa”, alle politiche internazionali dell’Ue, in primis l’Italia, di intervenire con la propria azione diplomatica per il cessate il fuoco, per rafforzare i corridoi umanitari, per portare all’estero i feriti più gravi, in primis i minori, senza dimenticare che a Gaza rimangono i malati cronici che, a causa di una sanità letteralmente in ginocchio, non possono essere più curati. E tra questi ci sono tantissimi bambini oncologici».
Così il Prof. Foad Aodi, Presidente dell’UMEM, Unione Medica Euromediterranea, esperto di salute globale, corrispondente dall’Italia per prestigiose testate straniere, Presidente di Amsi, Associazione Medici di Origini Straniera in Italia, del Movimento Internazionale Uniti per Unire, di Co-mai, Comunità del Mondo Arabo in Italia, direttore sanitario e portavoce della USEM e Nazionale del Regno delle due Sicilie, corrispondente dall’Italia per Agenzie di Stampa, giornali e Tv di Paesi Arabi e del Golfo, nonché docente all’Università di Tor Vergata e già 4 volte Consigliere dell’Ordine di Roma e membro registro esperti della Fnomceo e ancora direttore sanitario del Centro Medico Iris Italia.
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