L’OPI di Rovigo esprime solidarietà per l’aggressione subita da una professionista sanitaria e condanna ogni forma di violenza.
Piombo (Presidente Ordini Professioni Infermieristiche di Rovigo): “Riflettere insieme sulla cultura del rispetto e della non violenza”.
L’Ordine delle Professioni Infermieristiche (OPI) di Rovigo esprime profonda solidarietà e vicinanza alla professionista sanitaria che ha recentemente subito un’aggressione fisica presso il Pronto Soccorso dell’ospedale di Adria dell’Azienda Ulss 5 Polesana, ribadendo con forza che nessuna forma di violenza, sia fisica che verbale, può essere tollerata nei confronti di chi opera quotidianamente per garantire la salute e la sicurezza dei cittadini.
“Episodi come questo, purtroppo sempre più frequenti, minano la serenità – afferma Denis Piombo, presidente dell’Ordine degli infermieri di Rovigo – e la sicurezza degli operatori sanitari, che svolgono il loro lavoro con dedizione e professionalità in contesti spesso difficili e sotto pressione. È inaccettabile che chi si prodiga per curare e assistere gli altri debba subire aggressioni e violenze. Siamo vicini alla collega vittima dell’aggressione ma anche a tutto il personale sanitario perché quando accadono questi fatti le ricadute in termini di mancato benessere sono importanti”.
L’OPI di Rovigo invita le istituzioni e la comunità tutta a riflettere sulla gravità di tali atti e sulla necessità di promuovere una cultura del rispetto e della non violenza e richiama l’attenzione anche su un’altra problematica sempre più dilagante nella società, ovvero i commenti fuori luogo, inopportuni e offensivi che, quotidianamente, vengono pubblicati sui social media, creando un clima di odio e di delegittimazione nei confronti dei professionisti della salute.
“L’odio sui social non è meno grave della violenza fisica – sottolinea Piombo – in quanto le parole possono ferire tanto quanto le mani e contribuiscono a creare un clima di ostilità che rende più facili le aggressioni. Invitiamo tutti a un uso responsabile e consapevole dei social media, evitando di diffondere messaggi che possano incitare alla violenza o denigrare la professionalità degli operatori sanitari. Il problema non sono i social ma l’uso che se ne fa. Nella fattispecie, la mancanza di cultura di chi offende e critica senza ragione nascondendo la propria identità e distorcendo la verità”.
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