Legge Bilancio 2025. Per la UIL Fpl sarà disastrosa per Infermieri, OSS e Professioni Sanitarie.
La Legge di Bilancio 2025 rappresenta l’ennesima occasione mancata per affrontare in modo incisivo i problemi strutturali che affliggono il nostro Paese. Lo comunica in una nota la segreteria nazionale della UIL FPL. Nonostante alcune misure apparentemente positive, come l’estensione del taglio del cuneo fiscale ai redditi tra i 35.000 e i 40.000 euro, la manovra si limita a interventi frammentari, privi di una visione strategica di lungo periodo. Ancora una volta, ci troviamo di fronte a una politica economica che privilegia soluzioni di breve termine, ignorando i nodi cruciali di un sistema che si sta progressivamente indebolendo.
Sanità pubblica: un diritto sacrificato.
La sanità pubblica, da sempre pilastro del nostro stato sociale e della giustizia universale, continua a essere progressivamente marginalizzata. La manovra non prevede stanziamenti adeguati per rafforzare il sistema pubblico, né interventi strutturali per affrontare la carenza cronica di personale e il peggioramento delle condizioni di lavoro. Nonostante le discussioni in corso sui contratti del comparto sanitario, il governo non ha introdotto misure come sgravi fiscali sugli incrementi contrattuali o sulla componente accessoria del salario, che avrebbero rappresentato un segnale concreto per chi lavora in prima linea in condizioni sempre più difficili.
Tra le poche misure dedicate al settore, l’introduzione di un’imposta ridotta al 5% sugli straordinari destinata esclusivamente agli infermieri appare una risposta parziale e inadeguata. Questa misura non solo è limitata a una specifica categoria, ma costringe gli infermieri ad aumentare i carichi di lavoro per beneficiare del vantaggio fiscale, invece di promuovere un rafforzamento strutturale del sistema attraverso assunzioni e modelli organizzativi più efficienti. È inaccettabile che non si preveda un’estensione della misura a tutto il salario accessorio e a tutti i professionisti del comparto sanitario e socio-sanitario, che svolgono un ruolo cruciale nell’assistenza ai pazienti e nella gestione del sistema salute.
Questo tipo di interventi frammentari non riconosce adeguatamente l’importanza del lavoro di ogni professionista sanitario e finisce per perpetuare un sistema che grava su chi già opera in condizioni di difficoltà, senza affrontare le radici della crisi.
Sanità privata: profitti senza garanzie.
A rendere il quadro più preoccupante è il continuo spostamento di risorse dalla sanità pubblica a quella privata. Gli accreditamenti pubblici destinati alle strutture private, pur aumentando la disponibilità di prestazioni, non si traducono in miglioramenti contrattuali o salariali per i lavoratori e le lavoratrici del settore privato. Al contrario, queste risorse finiscono per alimentare i profitti dei datori di lavoro, che operano senza condizionalità stringenti. Non vengono richiesti impegni per garantire migliori condizioni di lavoro o reinvestimenti nella qualità dei servizi, creando un sistema che privilegia le logiche di mercato a scapito del benessere collettivo.
Questo modello mina i principi di equità e universalità della sanità pubblica, spingendo i cittadini verso il privato non per scelta, ma per necessità, dato il progressivo indebolimento del sistema pubblico. Come ammonito da sociologi contemporanei, questa privatizzazione strisciante non fa che accentuare le disuguaglianze, creando un sistema a due velocità dove l’accesso a cure tempestive dipende sempre più dalla disponibilità economica.
Funzioni locali: un abbandono inaccettabile.
Anche le funzioni locali soffrono di un cronico abbandono. I comuni e gli enti territoriali, che rappresentano il primo punto di contatto tra Stato e cittadini, operano in condizioni di estrema difficoltà. Nonostante l’importanza cruciale di questi enti per la gestione di servizi fondamentali come l’assistenza sociale, i trasporti pubblici e la manutenzione delle infrastrutture, la manovra non prevede risorse adeguate per sostenere il rinnovo dei contratti del personale né per incentivare il salario accessorio.
Questa mancanza di interventi strutturali aggrava le disuguaglianze territoriali, con molte aree del Paese – soprattutto al Sud – che si trovano incapaci di garantire servizi essenziali. Lasciare le amministrazioni locali prive di risorse significa tradire il principio di coesione sociale e alimentare il senso di abbandono delle comunità più fragili. È una situazione che, come osservato da Gramsci nella sua analisi della “crisi organica”, riflette un progressivo disimpegno dello Stato e una frammentazione del tessuto sociale.
Un modello che abdica al pubblico.
Il quadro complessivo riflette una scelta politica che sembra abdicare al ruolo dello Stato come garante del benessere collettivo. Privilegiare soluzioni di breve respiro, come la detassazione degli straordinari o il trasferimento di risorse al privato senza condizionalità, non risolve i problemi strutturali ma, al contrario, ne amplifica gli effetti. È un modello che si allontana sempre più dagli obiettivi di equità e sostenibilità, favorendo le disuguaglianze e penalizzando le fasce più vulnerabili della popolazione.
La Legge di Bilancio 2025 non affronta le sfide strutturali del Paese e perpetua un modello economico e sociale sbilanciato. La sanità pubblica viene sacrificata a vantaggio di un privato che massimizza i profitti senza garantire diritti e tutele ai lavoratori. Le funzioni locali, fondamentali per la qualità della vita delle comunità, vengono lasciate senza risorse né strumenti adeguati. Soluzioni temporanee come la tassazione agevolata degli straordinari non possono sostituire politiche di lungo termine, basate su investimenti strutturali, assunzioni straordinarie e un rafforzamento reale del sistema pubblico.
Seguendo le lezioni di Bauman, Habermas e Piketty, è evidente che senza un modello che metta al centro il rafforzamento del pubblico e una redistribuzione equa delle risorse, il rischio è quello di un’Italia sempre più diseguale, in cui i diritti fondamentali, come la salute e i servizi essenziali, diventano un privilegio per pochi. Il cambio di passo necessario non è solo economico, ma culturale e politico: investire nel pubblico significa investire nel futuro del Paese.
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