Legge 180: il diritto alla sicurezza non è solo degli operatori; tuteliamo anche i “luoghi vita” dei famigliari.
Molti giornali online affermano che almeno il 50% degli operatori per la Salute Mentale è stato oggetto di aggressioni e chiedono maggiori tutele. Cosa devono dire allora i famigliari che vivono con pazienti mentali gravi 24/24 ore?
La cronaca degli ultimi tempi denuncia nuove aggressioni ad opera di pazienti psichiatrici, a danno degli operatori e sul luogo di lavoro.
Si tratta di eventi che si verificano sempre più spesso al di fuori dei luoghi di contenzione dove vengono effettuati i trattamenti sanitari obbligatori (TSO). Il dato è in costante aumento e molto preoccupante
Il covid ha provocato un aumento esponenziale dei disturbi mentali e disagio psichico, malessere mentale diffuso, come descritto nel sito di sospsiche.it (https://www.sospsiche.it). Alle persone che soffrono di disturbi meno impattanti sulla qualità di vita (come ad es. ansie, depressioni lievi, ecc.) che nel tempo possono trasformarsi in qualcosa di più serio, si aggiungono persone purtroppo sofferenti da anni di malattie più gravi e problematiche. Citiamo solo alcune: le sindromi borderline con atti di automutilazione e suicidio, disturbi di personalità che presentano comportamenti inaccettabili e manipolatori, psicosi, sindromi psicotiche, schizofrenia, depressioni gravi e così via.
Il quadro pertanto è sconcertante e i servizi sono messi sotto stress dalle continue richieste.
Ma cosa è successo ai famigliari negli ultimi anni? Pare nessuno se lo chieda, nonostante siano loro a vivere con il malato 24/24 ore. Nel periodo immediatamente successivo alla approvazione della legge 180 molte famiglie sono finite letteralmente sul lastrico, incapaci di affrontare la malattia mentale del congiunto, costrette a subire un carico emotivo e di stress assolutamente non paragonabile con altri caregiver.
I famigliari devono affrontare prepotenze, mancanza di affettività, scatti d’ira, richieste continue per soddisfare qualsiasi necessità e anche minacce, violenze psicologiche e anche fisiche; stress continuativo e costante, atti manipolatori e spesso ritorsivi, che rendono la vita difficile e problematica, se non impossibile. Qualcosa è migliorato nel corso degli anni, ma i pazienti più gravi come allora esistono ancor oggi: l’aumento del carico dei servizi ha fatto riemergere i problemi di quei tempi.
Gli operatori propongono a gran voce varie soluzioni: l’assunzione di vigilantes, l’installazione di telecamere e altre misure di tutela per garantire la loro incolumità. Gli articoli dalla stampa lo confermano: metà egli operatori sono sottoposti a violenze; alcuni psichiatri sono stati pesantemente minacciati e qualcuno ci ha lasciato anche la pelle.
Oltre ai “posti di lavoro” tuteliamo anche i “posti vita” ovvero quelli delle famiglie che assistono un malato grave 24 ore su 24, costrette a stare in prima linea e che non ce la fanno più. Loro da anni o subiscono tutto nel completo silenzio, rotto per fortuna e solo ora dal grido di aiuto degli operatori.
C’è da chiedersi perché le famiglie non denunciano tanti fatti; significherebbe esporsi in prima persona soprattutto nei confronti di un malato che potrebbe poi dar luogo a ritorsioni e ulteriori minacce, se non peggio. Poi ci sono i sensi di colpa (errati) e la vergogna, così non ci si presenta in pubblico né si racconta la propria storia. La legge 180 non ne parla, non considera il carico eccessivo che devono subire i familiari, né il loro ruolo; essi non hanno diritti.
I familiari, pur essendo uno dei capisaldi per il benessere mentale della persona malata, sono stati estromessi dall’essere ascoltati. Spesso alcuni medici ideologizzati minimizzano le situazioni più drammatiche, considerano i famigliari a loro volta malati e non attendibili, si arrogano il diritto di non intervenire anche su chiamate di emergenza. Dicono che i familiari sono “eccessivamente emotivi” e “non attendibili”; in modo sbrigativo chiudono il cerchio.
Ci appelliamo a politici, cittadini, persone di buon senso, associazioni del settore, chiedendo una tutela del “luogo vita” dei familiari. Loro non hanno vigilantes o telecamere e non se lo possono permettere. E’ un loro preciso diritto; pertanto va migliorata la legge 180 per superare queste criticità, purtroppo ancor oggi insensatamente negate da alcuni operatori.
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