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La vita notturna di un Infermiere in corsia e i fantasmi di un passato difficile.

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Gli ospedali, di notte, sembrano scatole in cui sono intrappolati sciami di lucciole. Le luci soffuse e intermittenti illuminano i corridoi vuoti, creando un’atmosfera quasi irreale. È in questo silenzio apparente che si sentono i rumori di passi frettolosi, letti che scricchiolano e telefoni che squillano improvvisamente. E poi, in un attimo, tutto può cambiare: sangue sul pigiama di un paziente, nella stanza, sotto i miei piedi.

Guardo tua moglie con gli occhi pieni di lacrime e non so cosa potrà succedere ora. Mi chiedo quanti anni, quanti chilometri, quante esperienze separano la mia vita dalla tua. Non c’è tempo per perdersi in pensieri: devo calcolare tutto, compensare le perdite ematiche, monitorare i parametri vitali, posizionare un altro accesso venoso, predisporre tutto il materiale necessario e pregare che il chirurgo arrivi presto.

Gli occhi dei tuoi figli mi scrutano, indagatori e terrorizzati, cercando risposte nei miei gesti e nelle mie espressioni. Mi domando se sanno chi sono, se capiscono il mio ruolo in questo caos. E io, so veramente chi sono? Quanto chiara è la mia consapevolezza del mio compito? Ricordo quando ho iniziato, quando non avevo mai messo piede in un ospedale. Sorridevo all’ingenuità di allora, senza sapere che questi anni avrebbero scavato dentro di me, insinuando mille dubbi e cambiandomi in modo indelebile.

Ho studiato tanto, più di quanto chiunque possa immaginare. E ci vuole coraggio per essere un infermiere. Se fosse facile, l’avrebbero fatto tutti. E invece, al termine di questo percorso, ci sono io. Ma spesso mi domando se sia abbastanza. Sono davvero pronta? Gli infermieri sono davvero pronti? E pronti per cosa?

Molte volte mi sono sentita sicura di quello che sono. Altre volte, ho avuto paura. Non ho mai smesso di prepararmi, di pensare che ci sarebbe stato un momento in cui sarei stata valutata realmente. Eppure, stanotte, mi basterebbe semplicemente non sentirmi sola. Vorrei sapere cosa significa veramente lavorare in équipe, senza sentire che è solo un girotondo di parole, scuse, promesse, e teatrini. Vorrei non contare i minuti che passano lentamente.

Vorrei poterti dire che c’è un insieme di persone che lavorano solo per un obiettivo, per fare il meglio. Vorrei poterlo fare davvero. Ma nelle corsie si nascondono i fantasmi di un passato difficile da cancellare. Gli ospedali, di notte, sono deserti illuminati, dove ogni luce accesa racconta una storia di dolore, speranza e resilienza.

Dott.ssa Carmela C., Infermiera

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