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La scelta di Laura: si licenzia da Infermiera e torna a fare l’OSS.

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Era una calda mattina di primavera quando Laura, dopo anni di sudore e dedizione, finalmente ricevette la notizia che tanto aspettava: aveva vinto il concorso per diventare infermiera in un ospedale pubblico. Era un traguardo che sognava sin da quando, da giovane, assisteva il nonno malato, desiderando ardentemente di fare la differenza nella vita degli altri. L’adorata figura dell’infermiera, sempre pronta, sempre disponibile, si era incisa nel suo cuore.

Non appena varcò la soglia dell’ospedale, Laura era ricolma di entusiasmo e speranza. Ma ben presto, la scintilla iniziale cominciò a svanire. La realtà della professione che tanto ambiva si rivelò diversa dalle sue aspettative. Le lunghe ore di lavoro, il sovraffollamento dei reparti e la mancanza di supporto da parte di colleghi che dovevano condividere lo stesso ideale di cura e umanità la lasciarono disillusa.

Dopo tre mesi di un tiresio e di un crescente senso di insoddisfazione, Laura prese una decisione audace: richiese un’aspettativa e tornò al lavoro come Operatore Socio Sanitario (OSS), il ruolo che l’aveva vista crescere inizialmente. In quell’ambiente, si sentiva di nuovo a casa. Le persone che assistiva la riconoscevano, e gli sguardi di gratitudine che riceveva riempivano il suo cuore di gioia.

Le chiacchiere con i colleghi OSS rivelarono la verità: molti di loro, come lei, avevano scelto quel percorso per passione, per la voglia di aiutare, di prendersi cura. Laura scoprì che da OSS, oltre a un’umanità palpabile, c’erano anche opportunità di crescita e formazione, mezzi per avanzare professionalmente e per sviluppare competenze in ambiti che fino a quel momento le erano stati preclusi. La strada dell’infermieristica, invece, era costellata di rigidità e, a suo avviso, di una mancanza di motivazione da parte di molti colleghi.

Con il passare dei giorni, Laura si abbandonò a un’assoluta serenità. Riscoprì il suo amore per la professione di OSS, con la consapevolezza che ogni sorriso, ogni parola gentile potesse cambiare una giornata. I volti dei pazienti, la loro gratitudine, il senso di comunità che si creava tra gli operatori le restituivano la passione perduta. La professione infermieristica, per lei, era diventata una distorsione di ciò che pensava fosse importante. Troppi si erano dimenticati della vocazione, della missione di aiutare.

La storia di Laura divenne presto un racconto ascoltato e condiviso. Non si trattava solo di un cambiamento di carriera, ma della ricerca di ciò che rendeva ogni giorno significativo. E mentre rifletteva sulla sua scelta, capì che a volte, tornare indietro può essere il passo più coraggioso e liberatorio. La vera essenza di essere un operatore socio-sanitario non è solo un titolo, ma un approccio autentico e umano alla cura degli altri.

In un mondo in cui i titoli contano, Laura scelse il valore dell’essere presente, di fare la differenza, anche se come OSS. E in quel prezioso ruolo, finalmente, si sentiva a casa.

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