La OSS dei prosciutti, una storia breve sociale, tra cuori e artigli.
Il bip del tornello di sicurezza risuonò come un colpo di pistola nel silenzio del magazzino. Bruna si irrigidì, le dita ancora strette attorno alla confezione di prosciutto cotto San Daniele che stava infilando nella borsa termica.
“Operatrice Monti, posso sapere cosa sta facendo?”
La voce della direttrice Vezzoni le tagliò il fiato. Lentamente, Bruna si voltò. Davanti a lei, la donna incarnava tutta l’ipocrisia del sistema: tailleur di lino, tacco 12, un sorriso che non raggiungeva gli occhi. Dietro di lei, il cartellone con la scritta “Qui lavoriamo con amore!” sembrava una beffa.
“Stavo… controllando la scadenza” mentì Bruna, sentendo il panico salirle per la gola come acido.
La Vezzoni allungò una mano e aprì la borsa: 3 confezioni di prosciutto, 5 pacchi di penne lisce, 2 bottiglie di succo di mela. Roba da 600 euro in tutto, calcolò mentalmente la direttrice con un ghigno.
“Sa che questo è licenziamento immediato, vero? E forse anche una denuncia”.
Bruna strinse i pugni nelle tasche del grembiule. Nella mente le apparve la fila di 15 occhi affamati che l’aspettavano a casa: 7 gatti e 8 cani, tutti trovatelli, tutti con un nome e una storia. Lampo, il bastardino cieco; Principessa, la gatta ustionata dai piromani; Napoleone, il bassotto con l’artrosi.
“Lo so” sussurrò. “Ma i miei figli…”
“I suoi COSA?”
La riunione nel ufficio ovale (così lo chiamavano, per via della moquette marrone a pois) fu una farsa.
“Considerando i suoi 30 anni di servizio impeccabile…” sbuffò il presidente del consiglio d’amministrazione, un uomo che Bruna aveva visto in RSA solo due volte in dieci anni, “non la denunceremo. Ma dovrà ripagare ogni centesimo. Con il lavoro.”
“Quanto?” chiese Bruna, già vedendo i suoi animali morire di fame.
“Tre mesi senza stipendio” tagliò corto la Vezzoni.
Fu allora che Ahmed, l’infermiere egiziano che tutti chiamavano “il dottorino” per via della laurea mai riconosciuta in Italia, alzò la mano:
“Io propongo una colletta”.
La sala esplose in mormorii di approvazione. Persino la signora Pina, l’anziana con l’Alzheimer che non ricordava neanche il nome dei figli, cacciò fuori un biglietto da 5 euro dalla calza.
Bruna scoppiò in lacrime.
Nei giorni seguenti, la RSA si trasformò in un teatro di guerriglia silenziosa:
- i pazienti fingevano di non finire la minestra per lasciare avanzi.
- Sonia, la cuoca, iniziava a “sbagliare” gli ordini, raddoppiando le porzioni.
- Ahmed registrava di nascosto le conversazioni della Vezzoni sui farmaci venduti al mercato nero.
Ma la direttrice non era stupida. Installò telecamere nel refettorio.
“Bruna” le sibilò una mattina, “qui dentro o sei un topo o sei il gatto. E lei è decisamente un topo.”
Quella notte, mentre contava gli euro della colletta (287,50, non bastavano), Bruna trovò un foglietto nella tasca del grembiule:
“La Vezzoni vende i nostri farmaci. Ho le prove. – A.”
Fu Napoleone, il bassotto artrosico, a fiutare l’inganno. Mentre Bruna entrava nell’ufficio della direttrice per rubare i documenti, lui si mise ad abbaiare come un forsennato fuori dalla porta.
Le luci si accesero.
“Avevo ragione! È tornata a rubare!” esultò la Vezzoni, filmando tutto col cellulare.
Ma non aveva fatto i conti con la solidarietà dei disperati:
- Tutti i pazienti della corsia 3 iniziarono a suonare i campanelli d’emergenza.
- Ahmed e Sonia irruppero con un registratore che riproduceva la voce della Vezzoni: “I sedativi scaduti li rivendo alle case di riposo di Perugia…”
- La signora Pina, in un momento di lucidità, le mollò una gomitata nello stomaco.
La Vezzoni fu licenziata. Bruna non riebbe mai i 600 euro, ma le regalarono una fornitura a vita di crocchette dal supermercato convenzionato.
Ahmed le chiese di adottare Lampo, il cane cieco: “Nessuno dovrebbe essere invisibile, né lui né noi”.
E quando, sei mesi dopo, la RSA chiuse per bancarotta, Bruna e i suoi colleghi si ritrovarono davanti al cancello, con i pazienti e gli animali al seguito.
“E adesso?” chiese Sonia.
Bruna sorrise, accarezzando la testa di Principessa:
“Adesso facciamo la cosa che spaventa di più i potenti. Restiamo uniti.”
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