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La crisi della contrattazione nel pubblico impiego.

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Il sistema della contrattualizzazione del lavoro pubblico, introdotto nel 1993, ha rappresentato una svolta epocale: ha permesso di delegificare il rapporto di lavoro pubblico, rendendo il Contratto collettivo il perno fondamentale per la regolazione del settore. Grazie a una rigorosa misurazione della rappresentatività sindacale e all’applicazione erga omnes dei contratti firmati tra ARAN e le organizzazioni sindacali, il modello è stato a lungo considerato equilibrato ed efficiente.

Tuttavia, oggi ci troviamo di fronte a una delle fasi più critiche dalla sua nascita.

Un modello che scricchiola.

Negli ultimi anni, il sistema ha attraversato crisi profonde. La più evidente è stata quella legata al blocco della contrattazione per otto anni, imposto per legge con la giustificazione di vincoli di bilancio. Solo l’intervento della Corte Costituzionale ha permesso di ripristinare il Contratto collettivo come strumento cardine del sistema.

Oggi, però, la crisi non è più causata da interventi legislativi, bensì da fattori interni. Nei vari comparti della Pubblica Amministrazione si è creata una situazione di forte contrapposizione sindacale, che ha portato allo stallo dei rinnovi contrattuali per il triennio 2022-2024. La divisione tra blocchi sindacali quasi equivalenti ha di fatto paralizzato il meccanismo, rendendo impossibile raggiungere accordi.

Frammentazione e disuguaglianze retributive.

Negli ultimi anni si sono moltiplicati segnali di fragilità. L’introduzione di anticipi retributivi per legge e di interventi normativi specifici per alcuni comparti ha generato profonde disomogeneità tra le categorie di lavoratori pubblici.

Ad esempio, la crescita delle retribuzioni è avvenuta in modo irregolare: alcune categorie hanno beneficiato di aumenti significativi, mentre altre sono rimaste indietro. Questa disparità sta minando l’equità complessiva del sistema e la coesione tra i dipendenti pubblici.

Il rischio di un ritorno al passato.

Il contratto collettivo ha sempre garantito trasparenza, equità e stabilità. Tornare a una regolazione unilaterale del lavoro pubblico, con atti amministrativi imposti dall’alto, sarebbe una grave regressione, pericolosa sia per i lavoratori che per le amministrazioni.

Se il sistema attuale presenta delle criticità, è fondamentale risolverle attraverso il dialogo e la concertazione, non attraverso soluzioni autoritarie che cancellerebbero anni di progressi.

Un’occasione da non perdere.

Nonostante le difficoltà, oggi si presenta un’opportunità unica: la possibilità di garantire contratti con cadenza triennale fino al 2030, grazie alle risorse già stanziate. Questo permetterebbe di dare stabilità e prevedibilità al sistema, favorendo una programmazione più efficace.

I prossimi rinnovi contrattuali potrebbero affrontare questioni fondamentali come:

  • Adeguamenti retributivi
  • Lavoro agile
  • Welfare aziendale
  • Age management
  • Formazione continua

Ignorare questa occasione sarebbe un errore strategico. Serve responsabilità e lungimiranza da parte di tutte le parti coinvolte per garantire un futuro più equo e sostenibile al lavoro pubblico.

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