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Infermieristica in pericolo: botte e paura per due infermieri aggrediti all’ospedale di Modena.

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Il 28 ottobre scorso, una situazione drammatica ha visto protagonisti due infermieri dell’Ospedale di Baggiovara, a Modena, aggrediti fisicamente dai familiari di una paziente durante il turno in Terapia Intensiva Cardiologica. La paziente, che si è presentata come dirigente sanitaria, ha rifiutato di essere assistita da un tirocinante infermieristico, dando inizio a una serie di eventi che hanno portato al grave ferimento di due operatori sanitari.

L’accaduto.

Secondo il racconto degli infermieri coinvolti, la situazione è degenerata dopo che uno studente tirocinante è stato invitato a effettuare un prelievo ematico sotto la supervisione dell’infermiere M. A. La paziente ha reagito con veemenza, rifiutandosi di essere toccata dal tirocinante e sottolineando la propria posizione come “dirigente sanitaria di Reggio Calabria”. Nonostante l’infermiere abbia preso in mano la situazione, eseguendo il prelievo personalmente, l’incidente sembrava risolto.

Ma un’ora dopo, il reparto è stato preso d’assalto dai familiari della paziente: il marito, il figlio e la figlia, che si è qualificata come avvocato. A quel punto, il clima è esploso in un’aggressione verbale e fisica nei confronti dell’infermiere. M. A. descrive con toni accorati l’intensità del momento: “Mi hanno accerchiato, colpito, senza lasciarmi vie di fuga. Ho temuto per la mia vita e, peggio, ho avuto paura di non rivedere mio figlio.”

L’intervento di un collega.

V. G., un altro infermiere presente in reparto, ha raccontato di essersi precipitato sul luogo dello scontro dopo aver udito rumori forti: “Ho trovato il collega in un angolo, sanguinante, mentre il marito e il figlio della paziente lo aggredivano con calci e pugni. È stato come una scena da film horror.” G. è riuscito ad aprire una via di fuga per M. A., subendo a sua volta un colpo al volto.

Le ripercussioni sulla vita dei due infermieri.

M. A. e V. G., entrambi trentaseienni, portano ancora i segni della violenza subita, sia fisici che psicologici. “Da quel giorno non riesco a riposare,” racconta A., “e ho paura di uscire di casa.” Entrambi ora temono di tornare al lavoro, dove si trovano esposti a potenziali situazioni di rischio senza adeguate tutele.

Intervento legale e misure di sicurezza.

L’avvocato Lorenzo Muracchini, rappresentante legale dei due infermieri e della Cisl Emilia Centrale, ha chiarito in conferenza stampa che gli aggressori potrebbero rischiare fino a quattro anni di carcere, come previsto dall’articolo 583-quater del Codice Penale, introdotto dal cosiddetto decreto Nordio per la tutela degli operatori sanitari. Muracchini ha annunciato che verrà presentato un esposto formale nei prossimi giorni per garantire un intervento legale tempestivo.

Considerazioni finali: la necessità di protezione per gli operatori sanitari.

Questa vicenda mette in evidenza la vulnerabilità degli operatori sanitari, che si trovano spesso a fronteggiare situazioni di tensione e aggressività da parte di pazienti o familiari. Episodi come questo sollevano domande sulla sicurezza nei reparti ospedalieri e sulla necessità di un maggior supporto, soprattutto per il personale che lavora a stretto contatto con pazienti in condizioni critiche.

Non è un caso isolato.

L’aggressione ai danni di M. A. e V. G. non rappresenta un caso isolato ma evidenzia una questione urgente e diffusa in molte realtà ospedaliere. È cruciale che il sistema sanitario offra non solo un ambiente sicuro per chi vi lavora ma anche protocolli e misure di protezione efficaci per affrontare queste sfide. La speranza è che le azioni legali intraprese e il supporto delle associazioni sindacali possano garantire giustizia agli infermieri coinvolti e fungere da deterrente per future aggressioni.

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