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Infermieri, si salvi chi può: il settore pubblico perde terreno a favore del privato.

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La sanità pubblica italiana sta vivendo una crisi senza precedenti, aggravata da un esodo costante di personale sanitario verso il settore privato. Stipendi insufficienti, carichi di lavoro insostenibili e straordinari obbligati sono tra le principali cause di questo fenomeno, che rischia di portare al collasso il sistema sanitario nazionale.

A lanciare l’allarme è Daniele Esposito, rappresentante sindacale della Funzione Pubblica Cgil, che ha condiviso dati preoccupanti relativi al Riminese. Nel 2024, ben 64 operatori sanitari, tra infermieri, OSS, tecnici e amministrativi, hanno lasciato il proprio posto. «Un trend che si era già manifestato nel 2023 con 49 dimissioni e che nel 2025 potrebbe peggiorare ulteriormente», ha dichiarato Esposito.

Una crisi che non conosce confini.

Il fenomeno non è circoscritto alla provincia di Rimini. I dati relativi all’intera Romagna rivelano una situazione drammatica: 255 dimissioni nel 2024, in aumento rispetto alle 211 del 2023. Il rappresentante sindacale sottolinea che invertire questa tendenza richiederebbe salari più adeguati e condizioni di lavoro più sostenibili. Tuttavia, le recenti trattative per il rinnovo del contratto nazionale della sanità pubblica si sono arenate, acuendo ulteriormente il problema.

Rinnovo contrattuale: una svolta mancata.

La proposta del Ministero della Salute includeva un aumento medio mensile di 172 euro. Tuttavia, per molti operatori sociosanitari, l’incremento reale sarebbe stato di soli 50 euro lordi, considerando la sottrazione dell’indennità di vacanza contrattuale. «E i restanti 122 euro promessi?», si chiede Esposito, evidenziando come questa proposta sia risultata inadeguata di fronte a un’inflazione del 17,3% registrata tra il 2022 e il 2024.

Oltre alla questione economica, il sindacato critica alcune misure aggiuntive, come le ferie a ore e la settimana corta, che avrebbero ulteriormente aggravato la situazione del personale, già sotto organico e con un accumulo medio di 35 giorni di ferie arretrate.

Il sindacato risponde alle accuse.

Esposito respinge con fermezza le critiche secondo cui la Cgil avrebbe bloccato il rinnovo contrattuale per fini elettorali. «Questa è pura mistificazione», afferma, citando altri contratti collettivi firmati in settori come Agidae, Uneba e cooperative sociali, che garantiscono un recupero del 10% dell’inflazione.

«Stesso lavoro, stessa retribuzione è il principio che guida la nostra azione», conclude Esposito, ribadendo che il sindacato non avrebbe potuto avallare un contratto che creasse ulteriori disparità tra i lavoratori.

Conclusione: quale futuro per la sanità pubblica?

Se questa tendenza continuerà, la sanità pubblica rischia di perdere personale qualificato in favore del privato, con gravi ripercussioni sui pazienti e sull’efficienza dei servizi. Serve un cambio di rotta immediato, basato su salari più equi, condizioni di lavoro sostenibili e un reale impegno a valorizzare chi opera ogni giorno per il benessere della collettività.

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