Infermieri di famiglia: un progetto ambizioso che stenta a decollare.
La figura dell’infermiere di famiglia e di comunità avrebbe dovuto rappresentare un pilastro della nuova sanità territoriale, offrendo un punto di riferimento essenziale per pazienti cronici e anziani affetti da più patologie. Tuttavia, a distanza di anni dalla sua introduzione, il bilancio è ben lontano dalle aspettative iniziali.
Secondo i dati ufficiali del Ministero della Salute aggiornati al 31 dicembre 2022, il numero di infermieri di famiglia effettivamente reclutati ammonta a soli 1.464 operatori in tutta Italia. Questo dato risulta particolarmente deludente se confrontato con il fabbisogno stimato di 9.617 infermieri necessari per rispettare i nuovi standard definiti dal decreto ministeriale del 2022. In pratica, l’obiettivo di un infermiere ogni 3.000 abitanti appare ancora una chimera.
Lombardia e Toscana si distinguono per il numero più elevato di infermieri di famiglia, rispettivamente 1.057 e 132. Tuttavia, in molte regioni, la situazione è critica: Basilicata conta un solo infermiere e Liguria appena due. Complessivamente, il divario tra il numero attuale di operatori e il fabbisogno reale è enorme.
La carenza di infermieri non si limita alla figura di famiglia, ma riflette una crisi più ampia della professione infermieristica in Italia. Il rapporto tra infermieri e popolazione è di 6,4 ogni 1.000 abitanti, ben al di sotto della media europea di 9,5. A peggiorare la situazione, entro il 2027 si prevede il pensionamento di circa 20.000 infermieri, un esodo che rischia di aggravare ulteriormente il quadro.
Alcuni segnali di cambiamento sono arrivati con la recente manovra finanziaria, che prevede un aumento dell’indennità di specificità e agevolazioni fiscali per il lavoro straordinario, con l’obiettivo di rendere la professione più attrattiva. Tuttavia, resta da vedere se queste misure saranno sufficienti a colmare il divario tra domanda e offerta.
Il progetto degli infermieri di famiglia, nato per offrire un supporto concreto ai pazienti direttamente nelle comunità, rischia di rimanere un’incompiuta senza interventi decisi e strutturali. Garantire una sanità territoriale efficace richiede investimenti non solo economici, ma anche organizzativi e formativi, per costruire una rete capillare e realmente operativa.
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