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Infermiere di famiglia e di comunità: una risorsa essenziale ancora poco valorizzata.

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Introdotta nel 2020 durante la pandemia, la figura dell’infermiere di famiglia e di comunità (IFeC) doveva rappresentare una svolta nell’assistenza sanitaria territoriale. Tuttavia, a quattro anni dalla sua introduzione, l’implementazione di questo ruolo procede a rilento: su 9.600 professionisti previsti, ne sono operativi solo 1.464 (circa il 20%), distribuiti in appena 10 regioni più la Provincia di Trento.

Chi è e cosa fa l’infermiere di famiglia e di comunità?

L’IFeC non è un semplice infermiere domiciliare, ma un professionista sanitario con un ruolo chiave nel sistema di cure primarie. Le sue funzioni principali includono:

Coordinamento con medici di famiglia e servizi sociali per garantire un’assistenza integrata.
Supporto alla popolazione con un rapporto di un infermiere ogni 3.000 abitanti.
Educazione sanitaria e promozione della salute, per prevenire malattie e migliorare il benessere dei cittadini.
Uso di strumenti digitali e telemedicina per monitorare i pazienti a distanza.

Questa figura è fondamentale soprattutto per la gestione delle cronicità, l’assistenza agli anziani soli e la costruzione di reti di supporto comunitario.

Perché l’implementazione è così lenta?

Nonostante i finanziamenti stanziati, il processo di inserimento degli infermieri di famiglia sta incontrando diversi ostacoli:

Mancanza di una rendicontazione chiara: attualmente non esiste una distinzione formale tra infermieri ospedalieri e territoriali, rendendo difficile il monitoraggio dei professionisti attivi.
Necessità di una formazione specifica: si sta lavorando per istituire lauree magistrali dedicate, ma il percorso è ancora lungo.
Tempi burocratici lenti: nonostante l’urgenza di potenziare l’assistenza territoriale, molte regioni sono indietro nell’assunzione di questi professionisti.

Perché è essenziale investire in questa figura?

L’infermiere di famiglia e di comunità può fare la differenza in molte aree cruciali:

Assistenza agli anziani e alle persone fragili, riducendo il ricorso improprio al pronto soccorso.
Collaborazione con il Terzo settore e il volontariato, per creare una rete di supporto locale.
Integrazione con le Case di Comunità previste dal PNRR, contribuendo alla riorganizzazione della sanità territoriale.

Una figura strategica, ma non utilizzata.

L’infermiere di famiglia e di comunità è una figura strategica per migliorare l’assistenza territoriale in Italia, ma la sua diffusione è ancora troppo lenta. Accelerare l’implementazione significa garantire un servizio più capillare, efficace e vicino ai cittadini, specialmente nelle aree più vulnerabili.

Ora la sfida è nelle mani delle istituzioni: sarà possibile superare gli ostacoli e rendere finalmente operativa questa figura su tutto il territorio nazionale?

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