Sab. Ago 31st, 2024
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Buongiorno Direttore di AssoCareNews.it,

non ho mai scritto lettere di lamentela, ma, quanto successomi ieri credo che sia particolarmente grave e sia quindi doveroso raccontarlo, per me, mia madre, e per tutti quelli che non hanno la voce, la voglia, la forza, le energie e la prontezza di reagire a soprusi, proprio da parte di coloro che in primis conducono la mission di aiutare chi è in difficoltà, malati e parenti ma che, in questo caso, anziché assistere persone già  fortemente provate,  si accaniscono sulle stesse proprio perché deboli e sfortunate, certe di farla comunque franca.

Il 27 agosto, mia madre, 87 anni con ictus ischemico, dopo 7 difficili settimane di ospedale in cui ha avuto anche il  Covid e una polmonite batterica è stata dimessa dall’ospedale di Ravenna, reparto Lungodegenza, con la lettera di dimissioni e un sacchetto contenente i medicinali per la terapia.

Alle 17, dopo averla portata a casa con mezzo attrezzato, averle fatto conoscere la signora che dovrà prendersi cura di lei per il futuro e averla cambiata e messa a letto, mi accorgo che nel sacchetto mancano 6 dei 14 farmaci prescritti. Telefono in reparto dove l’infermiera in servizio nel pomeriggio risponde molto seccata alla mia segnalazione del problema. “E io che cosa ci dovrei fare? Il sacchetto non lo ho preparato io e la colpa è sua che non lo ha controllato subito e che mi chiama dopo due ore lamentandosene”. Io le spiego che nessuno si è divertito in queste due ore, lei mi risponde che se torno in reparto mi darà quanto mancante.

Arrivo, l’infermiera con cui ho parlato al telefono controlla la sportina e dopo avermi detto che se fossi andato in qualunque farmacia con la lettera di dimissioni le medicine me le avrebbero comunque date (peccato non me l’avesse detto al telefono in quanto avrei perso molto meno tempo e la farmacia è vicina a casa) si allontana con la sportina, tornando dopo qualche minuto, mi porge malamente, quasi buttandomela addosso, la sportina e mi dice che comunque non mancavano 6 farmaci ma solo 3.

Peccato che io li avessi controllati bene tutti, a casa insieme alla badante, facendone la spunta (è evidente che ne aveva fatti magicamente comparire altri nel sacchetto per fare risultare la mancanza meno rilevante).

Mi limito a risponderle che 6 o 3 non importava, che comunque non andava bene e che era una mancanza spiacevole che non ci fossero tutti i farmaci per il prosieguo della terapia, fra cui diversi salvavita.

Pensate sia finita? No, qui viene il bello. Mi guarda sprezzante e mi dice “Comunque tale madre tale figlio.” Solitamente non riesco a reagire subito di fronte alla maleducazione, ma stavolta sì e le rispondo che non è corretto parlar male di una persona non presente di 87 anni con grossi problemi fisici e anche di lucidità e che comunque bastava fare le cose bene subito e una volta sola.

L’infermiera continua il suo soliloquio sull’ultimo concetto espresso e io mi allontano uscendo dal reparto, sconvolto, ma con la solida  certezza che una “mela marcia” non può cancellare la professionalità, la gentilezza e l’umanità di medici, infermieri e Oss del Reparto Lungodegenza, che ringrazio di cuore con tutto il mio affetto, anche a nome di mia madre.

Alfredo, libero cittadino

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