Il Nurse Assistant, l’Assistente Infermiere e l’Infermiere 2.0: si accende il dibattito in Italia.
Gentile Direttore,
di recente, la cronaca sanitaria ha portato alla ribalta una figura che, sebbene esista già da tempo in altri contesti assistenziali, come quello anglosassone, ha suscitato un ampio dibattito in Italia: quella del “nurse assistant” (Assistente Infermiere in Italia). Questo ruolo, che nel nostro Paese sembra essere considerato come la soluzione per risolvere tutte le problematiche legate all’assistenza sanitaria, è stato accolto con scetticismo da molti professionisti del settore.
La figura del “nurse assistant” si presenta come una via di mezzo tra un infermiere e un operatore socio-sanitario (OSS). Tuttavia, non è esattamente un OSS, ma neppure un infermiere vero e proprio. Il termine anglosassone “nurse assistant” evoca un’idea di innovazione e di competenza, ma, riflettendo sul suo significato etimologico, l’ibridazione tra le due figure assistenziali non restituisce lo stesso valore o la stessa nobiltà che potrebbe suggerire una definizione in lingua inglese.
Il termine stesso ha scatenato un acceso dibattito all’interno della comunità infermieristica, con alcuni che lo hanno accolto come una soluzione moderna e avveniristica, e altri che lo hanno visto come una proposta inadeguata, priva di chiarezza e di un effettivo valore aggiunto. Alcuni sono stati pronti a zittire il dissenso, accusandolo di essere frutto di incomprensione, sottintendendo che i dubbi deriverebbero da una mancanza di visione rispetto alle soluzioni innovative proposte da questa nuova figura.
Tuttavia, non è difficile immaginare che, come spesso accade, un’adeguata comunicazione avrebbe potuto evitare fraintendimenti. Chi propone una figura nuova e complessa, come quella del “nurse assistant”, dovrebbe preoccuparsi di spiegare chiaramente cosa essa comporta e quali sono i vantaggi concreti che potrebbe apportare. La mancanza di trasparenza e la scarsa comunicazione hanno generato preoccupazione e confusione, creando il rischio che il dibattito si sviluppi in un contesto di incomprensioni e disinformazione.
D’altronde, la storia ci insegna che spesso in Italia, anziché adottare strategie di comunicazione efficaci, si ricorre a soluzioni superficiali, come la pubblicazione di pagine FAQ su siti web istituzionali, che raramente sono in grado di rispondere ai dubbi più profondi sollevati dalla comunità professionale.
Personalmente, trovo che una definizione più semplice e immediata in italiano potrebbe essere quella di “infermiere generico 2.0”. Il termine “infermiere generico”, ormai in disuso, non è più adeguato al contesto sanitario moderno, e il suo riproporre in una versione “digitale” appare come un tentativo di rievocare una figura ormai superata. Il “nurse assistant” potrebbe, dunque, essere considerato come un tentativo di rinnovare un ruolo che, sebbene già esistesse, è stato abbandonato nel passato.
Ma la domanda che sorge spontanea è: se una figura è stata lasciata spegnere nel passato, perché oggi dovrebbe essere riesumata e presentata come la chiave per risolvere problemi che sono stati affrontati in molti modi nei decenni passati? Cosa cambia davvero in questo nuovo “ibrido”?
In definitiva, la questione resta aperta e il dibattito è destinato a continuare. È fondamentale, però, che le proposte vengano trattate con la dovuta serietà e chiarezza, affinché il sistema sanitario italiano possa trarre reali benefici da qualsiasi figura assistenziale che vi venga introdotta.
Riccardo P., Infermiere 1.0
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