Il naufragio silenzioso della sanità: una crisi senza soluzioni imminenti.
In Italia, il sistema sanitario è al collasso. Attualmente mancano circa 60.000 infermieri, ma la carenza non si limita a loro. Medici, tecnici sanitari e altri professionisti laureati sono altrettanto sotto pressione. Tuttavia, ciò che preoccupa non è solo la carenza in sé, ma l’atteggiamento che si sta assumendo nei confronti di questa crisi. Il vero problema non è più il numero di mancate assunzioni, ma la totale assenza di una strategia a breve termine che possa dare risposte concrete.
Mentre si prospetta una possibile carenza di 100.000 infermieri entro il 2030, ci si limita a proiezioni lontane nel tempo, come se questi numeri non fossero già una realtà tangibile. Il dato non è solo un avvertimento, ma un’ammissione che la situazione non cambierà nell’immediato, e che la riforma necessaria non sarà mai davvero intrapresa. Si parla di un futuro disastro annunciato, ma il fatto che non ci siano soluzioni al momento, se non parole vuote, lascia un’amara sensazione di impotenza.
Il problema risiede nella gestione di questa emergenza, che sembra essere affrontata come un tentativo di salvare il salvabile, senza un reale impegno a cambiare le cose. Le soluzioni tampone, quelle che si limitano a rimediare temporaneamente senza mai affrontare le cause strutturali del problema, sono diventate la norma. In sostanza, si sta solo ritardando un destino che sembra ormai inevitabile, come se il naufragio fosse già certo e l’unica opzione fosse posticipare l’affondamento. Questo approccio è paradossale e assurdo, una sorta di rassegnazione mascherata da azioni che, a conti fatti, non cambiano la direzione del vento.
Il messaggio che arriva ai professionisti sanitari è chiaro: non ci sono speranze. Ogni giorno, attraverso i media, nelle dichiarazioni istituzionali e nei programmi televisivi, viene ribadito che la situazione non cambierà. La crisi non è solo una questione numerica, ma una crisi di valore e riconoscimento per chi, giorno dopo giorno, lavora con dedizione e competenza per garantire il funzionamento del sistema sanitario. Il messaggio è una disfatta annunciata, un appello a non nutrire illusioni, una realtà che viene esposta come un fatto compiuto.
In questo contesto, gli infermieri, i medici e gli altri professionisti sanitari non sono più visti come protagonisti di un cambiamento, ma come meri “rimedi” temporanei a una situazione che sembra destinata a perdurare. Non si tratta più di risolvere la carenza di personale, ma di accettare che il sistema sta per implodere. La loro formazione, il loro impegno, la loro responsabilità quotidiana sono sminuiti, come se la loro capacità di rispondere alle necessità della sanità fosse una questione di numeri e non di persone.
La politica sanitaria italiana, invece di riconoscere il valore di questi professionisti e di garantire loro le risorse necessarie, sembra incapace di affrontare la situazione. Le parole si sprecano, ma le azioni concrete sono assenti. La valorizzazione del personale sanitario, che passa attraverso salari equi, stabilità contrattuale e opportunità di crescita professionale, non è mai stata una priorità. Invece di mettere in atto riforme che possano risolvere il problema nel breve termine, si fa finta che il problema si risolverà da sé nel lontano futuro. Il futuro diventa così una scusa per non agire.
Ma il tempo per una riforma della sanità non è infinito. Ogni giorno che passa senza un cambiamento significativo è un giorno in più di sofferenza per chi lavora e per chi ha bisogno di assistenza. La crisi è ormai imminente, ma continua ad essere ignorata. Le soluzioni tampone non sono una risposta. Non possiamo continuare a ritardare l’inevitabile senza fare nulla per evitarlo. La riforma del sistema sanitario deve essere ora, deve affrontare le cause alla radice del problema e non limitarsi a mettere una “toppa” temporanea sulla ferita.
L’Italia ha bisogno di una sanità che funzioni per tutti: per i professionisti che la rendono viva, per i cittadini che dipendono da essa. Questo richiede coraggio, impegno e una visione a lungo termine. Non possiamo più continuare a vivere nell’illusione che le cose si sistemeranno da sole. La riforma deve partire subito, non nel 2030, e deve partire dal riconoscimento e dalla valorizzazione di chi ogni giorno lavora per la salute della nostra comunità. Il tempo per agire è adesso, prima che il naufragio diventi irreversibile.
… Se già non lo è.
Dott. Grazio Gioacchino Carchia – Tecnico Sanitario di Laboratorio Medico e Fondatore del Gruppo PSU Professioni Sanitarie Unite
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