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Il Catetere Vescicale, il campanello e il licenziamento di una OSS: una storia di dilemmi e di ingiustizie.

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Era una notte tranquilla alla RSA “Villa Serena”, una struttura per anziani situata alla periferia della città. Anna, un’Operatore Socio Sanitario (OSS) con dieci anni di esperienza, stava completando il giro di controllo delle camere quando sentì il campanello d’allarme provenire dalla stanza della signora Maria, un’anziana di 82 anni.

Maria, affetta da demenza senile, aveva un catetere vescicale (CV) che si era dislocato accidentalmente durante la notte. La donna, confusa e spaventata, aveva suonato più volte il campanello, chiedendo aiuto.

L’intervento di Anna.

Anna entrò nella stanza e trovò Maria in preda al panico. “Mi fa male,” ripeteva l’anziana, indicando il catetere. Anna sapeva che non poteva intervenire direttamente sul CV, poiché la manovra richiedeva competenze infermieristiche. Tuttavia, decise di rassicurare Maria e di allertare i soccorsi.

Chiamò il Servizio 118, ma le dissero che non potevano intervenire per un problema di catetere. Allora contattò la Guardia Medica, che promise di mandare un Medico al più presto. Nel frattempo, Anna rimase accanto a Maria, cercando di calmarla e di alleviare il suo disagio.

L’arrivo dell’Infermiere.

Dopo quasi un’ora di attesa, arrivò Marco, un Medico della Guardia Medica. Anna gli spiegò la situazione, ma Marco sembrò infastidito. “Perché non hai sistemato il catetere tu?” chiese, con tono accusatorio.

“Non è nelle mie competenze,” rispose Anna, cercando di mantenere la calma. “Ho seguito il protocollo e ho chiamato voi.”

Marco sistemò il catetere e se ne andò, senza dire una parola di ringraziamento. Anna rimase con Maria fino a quando l’anziana non si addormentò, esausta.

La denuncia.

Il giorno dopo, Anna fu convocata dalla direttrice della RSADott.ssa Elena Moretti. Con grande sorpresa, scoprì che Marco l’aveva denunciata per negligenza, sostenendo che avrebbe potuto risolvere il problema del catetere senza chiamare i soccorsi.

“Anna, questa denuncia è molto grave,” disse la direttrice. “Abbiamo ricevuto una richiesta formale di licenziamento. Non possiamo permetterci di avere personale che non rispetta i protocolli.”

Anna rimase sconvolta. “Ho seguito le regole,” protestò. “Non potevo intervenire sul catetere. Ho fatto tutto quello che potevo per aiutare Maria, non è competenza dell’OSS sostituire un CV.”

Il dilemma etico.

Anna si trovò di fronte a un dilemma etico. Da un lato, sapeva di aver agito nel rispetto delle linee guida e delle competenze del suo ruolo. Dall’altro, si sentiva tradita da un sistema che sembrava più interessato a coprirsi le spalle che a proteggere i pazienti e il personale.

“Ho dedicato dieci anni della mia vita a questa professione,” pensò Anna. “E ora mi licenziano per aver fatto il mio lavoro?”

La solidarietà dei colleghi.

La notizia del licenziamento di Anna si diffuse rapidamente tra il personale della RSA. Molti colleghi, sia OSS che infermieri, espressero la loro solidarietà e il loro sostegno.

“Anna è una professionista seria e competente,” disse Lucia, un’infermiera con cui Anna aveva lavorato per anni. “Questa denuncia è ingiusta. Dobbiamo fare qualcosa.”

I colleghi organizzarono una petizione per chiedere la revoca del licenziamento e una revisione dei protocolli per evitare che situazioni simili si ripetessero in futuro.

La battaglia legale.

Anna decise di combattere il licenziamento. Con l’aiuto di un avvocato specializzato in diritto del lavoro, presentò un ricorso contro la decisione della RSA. La battaglia legale fu lunga e stressante, ma Anna non si arrese.

Durante il processo, emerse che Marco aveva una storia di conflitti con il personale delle RSA e che la sua denuncia poteva essere stata motivata da pregiudizi personali. Inoltre, fu dimostrato che Anna aveva agito in modo corretto e responsabile, seguendo tutte le procedure previste.

Giustizia per Anna.

Alla fine, il tribunale diede ragione ad Anna, ordinando alla RSA di reintegrarla nel suo ruolo e di risarcirla per i danni morali subiti. La direttrice, Dott.ssa Moretti, fu costretta a scusarsi pubblicamente e a rivedere i protocolli interni per garantire una maggiore protezione del personale.

Anna tornò al lavoro con un senso di soddisfazione, ma anche con la consapevolezza che il sistema sanitario aveva ancora molta strada da fare per garantire il rispetto e la dignità di tutti i professionisti.

Quella notte, mentre rientrava a casa, Anna si fermò a guardare il cielo stellato. “Forse,” pensò, “questa battaglia servirà a cambiare qualcosa, non solo per me, ma per tutti gli OSS che ogni giorno si prendono cura degli altri.”

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