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Falli (ex-Presidente OPI La Spezia): “molto preoccupato per la reale operatività dell’Assistente Infermiere”.

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Continuano le interviste del direttore Angelo Riky Del Vecchio ai protagonisti del mondo dell’Infermieristica, del sindacato, delle società scientifiche e della politica sanitaria italiana. Questa volta abbiamo posto 10 domande all’ex-presidente storico dell’Ordine delle Professioni Infermieristiche (OPI) di La Spezia, Dott. Francesco Falli.

Falli è stato per più mandati il presidente di OPI La Spezia, fino alle ultime elezioni di questo settembre, dove ha vinto la lista da lui organizzata; oggi è per sua scelta il Segretario di OPI La Spezia e continuerà ancora per un po’ a occuparsi di Rischio Clinico per una ASL della Liguria, quella spezzina.

E’ il rappresentante della Liguria nell’ Osservatorio nazionale sulla sicurezza degli esercenti le professioni sanitarie e sociosanitarie (ONSEPS).

Continua a formare nuovi e vecchi colleghi nelle attività di docenza, come professore a contratto di UNIGE per il Corso di laurea e per il Master per infermiere di famiglia e comunità, e nei corsi ECM in giro per l’Italia.

Nelle ultime settimane si è ingigantito sui social e sui giornali sanitari il dibattito sull’istituendo Assistente Infermiere. Sarà una sorta di figura ibrida tra l’infermiere e l’Operatore Socio Sanitario, ma senza a responsabilità dirette. La sua formazione e la sua vigilanza resterà ad appannaggio del Professionista Infermiere e secondo alcune indiscrezioni del Dottore Magistrale in Scienze Infermieristiche ed Ostetriche. Il suo Ente come valuta questa possibile new entry nel SSN?

Sono sempre stato a favore delle figure di supporto.

Sono attento al mio ruolo e al mio profilo, e sono trent’anni (DM 739/ 1994) che la norma mi autorizza ad attribuire a questi operatori alcune attività: il problema è che le esperienze precedenti con le figure di supporto, per molti motivi, non sono state puntualissime; da qui nasce la mia preoccupazione per la reale ‘’operatività’’ della figura di ‘’assistente infermiere’’ e per il suo inserimento nel team.

L’OTA del 1990 (lo ricordava il compianto Luca Benci) venne bruciato dalla decisione dei sindacati di ‘’regalare’’ tale qualifica a chi stava per andare in pensione, fra gli ausiliari, e quindi non arrivò mai in corsia.

L’oss, invece, non ancora presente H24 in tutte le corsie italiane, è stato spesso lasciato ‘’sbattere’’ nelle degenze in misura non sempre puntuale; con infermieri non troppo felici di fare questa attività di attribuzione, o che proprio la ignoravano.

E questo è stato sicuramente un limite della nostra professione, ma va anche unito ai limiti delle organizzazioni; ed al testo che identifica l’oss (Conf Stato Regioni del 22.2.2001), ricco di ambiguità e limiti.

In più, a proposito di limiti, vedo quelli dei programmi universitari sul tema ‘’lavorare con l’oss’’ e vedo quelli dei corsi per produrre oss, che puntano soprattutto alla quantità, in gran parte formando persone in cerca di un nuovo tentativo occupazionale, sostenuti dalle Regioni, esclusi dal mondo del lavoro per varie circostanze.

Due cose mi lasciano molto perplesso: la prima, la definizione di questa figura contiene la parola ‘’infermiere’’ e, considerato il percorso formativo, spesso caratterizzato da grossi sconti, mi pare un modo per creare ulteriore ambiguità (non necessarie!) con i ‘’veri’’ infermieri.

La seconda, A.I. nasce soprattutto perché non ci sono più infermieri nei numeri richiesti, e soprattutto l’assenza è avvertita nella Sanità Privata: nelle RSA questa nuova figura pare risolvere tutto (almeno in teoria: poi c’è la pratica).

Sono convinto che il Governo abbia agito in particolare per le richieste di questo settore, in grave difficoltà, senza infermieri nei numeri necessari: naturalmente, la qualità che può proporre un infermiere qui non c’è.

A questo riguardo, ricorderei i dati e le conclusioni emerse dalla ricerca internazionale RN4CAST (2016) , ricerca sempre portata ad esempio per la sua completezza e per i riferimenti raccolti: la ricerca spiegava con chiarezza che avere in servizio figure di supporto, inserite nello staff in numero elevato rispetto agli infermieri, poteva provocare cadute nella sicurezza delle prestazioni.

A distanza di così pochi anni è caduta questa evidenza? Non credo.

Vorrei rimarcare che sono molti anni che tutti gli stakeholders (Ordini, sindacati, associazioni professionali) denunciano il problema della carenza infermieristica, senza risultato: o meglio, questo è il… prodotto?

La Federazione Nazionale Ordini Professioni Infermieristiche (FNOPI) è favorevole alla creazione dell’Assistente Infermiere. Mediante la creazione di Lauree Magistrali ad indirizzo clinico per l’infermiere quest’ultimo avrebbe più possibilità di diventare veramente un professionista intellettuale, delegando la parte puramente tecnica del suo lavoro definitivamente all’AI. Lei cosa ne pensa?

Sulle Magistrali ad indirizzo clinico, che dire.

Sono in linea di principio favorevole, come sempre quando si tratta di sostenere la formazione, specialmente quella di qualità. Ma attenzione: per le Magistrali ‘’generali’’ ogni anno (porto un esempio qualunque) la Università di Genova produce decine di infermieri laureati magistrali, ma nelle ASL liguri ci sono oggi – in tutto- pochissimi posti da dirigente, e sono assegnati alle stesse persone da anni (vincitori di selezione, sia chiaro): si creano speranze, che inevitabilmente sono deluse, poiché non è pensabile che ogni laureato magistrale arrivi alla dirigenza reale: però ogni anno abbiamo tanti nuovi laureati magistrali, anzi sempre un po’ di più.

E qui, poi, cosa faremo di questo nuovo titolo?… servirà per fare il coordinatore in terapia intensiva?

Mi pare un po’ riduttivo; certe riforme formative devono sempre essere accompagnate dal recepimento degli istituti contrattuali, ed in contemporanea: altrimenti è un nuovo titolo da mettere da parte ed inserire nel CV, e non molto di più.

Quindi, sono a favore senz’altro, se avremo un nuovo livello contrattuale o nuovi istituti contrattuali che la prevedano, ed economicamente sostenuta.

Se il futuro dell’Infermieristica italiana passa dalle Lauree Magistrali ad indirizzo clinico, perché questa riforma è temuta e addirittura combattuta da tante società scientifiche e associazioni Infermieristiche? Centrano forse gli inutili Master di Primo livello mai riconosciuti ufficialmente a livello contrattuale e remunerativo, ma tanto osannati proprio da queste organizzazioni?

Non so sinceramente i motivi, in quanto seguo con simpatia e interesse il lavoro, importante, di molte Associazioni, ma non ne sono componente:  intuisco che le loro perplessità siano più o meno anche quelle che ho appena indicato.

I sindacati sono divisi tra loro nel valutare l’avvento dell’Assistente Infermiere. Questo è dovuto ad una vera conoscenza della nuova figura professionale che verrà o alla paura di non poterla ancora inquadrare dal punto di vista contrattuale?

I sindacati in passato (quelli generalisti, in particolare) si sono sempre battuti per percorsi di sanatorie, scorciatoie, sconti formativi e altre regalie. Attenzione, l’assistente infermiere, se è già oss da anni, non ha bisogno del titolo di studio (maturità) come indica il decreto, e qui andrebbe ricordato che gli oss più anziani sono spesso operatori già sanati precedentemente (percorso classico: addetti alle pulizie, poi osa, oppure Adest, poi oss, ma con percorsi sempre ‘’scontati’’) : se pensiamo alla qualità della loro formazione si resta perplessi; i sindacati -naturalmente- su questo punto saranno di certo a favore, come sempre in passato; non sono mie opinioni, è la storia del nostro Paese, sono fatti.

Tutto questo si scontra abbastanza col concetto di qualità, ma porta sempre buone quote di tesseramento.

Il Governo Meloni e i Ministri della Salute e dell’Economia hanno fatto finora orecchie da mercante relativamente alla richiesta di aumenti salariali da parte dei sindacati. La poca considerazione della politica nei confronti della Professione Infermieristica sta aggravando ancora di più la sua già scarsa attrattività nel mondo giovanile. Il suo Ente ha una ricetta magica per invogliare il Governo Meloni ad intervenire cambiando finalmente rotta?

Ma il Governo Meloni fa esattamente tutto ciò che hanno fatto i Governi precedenti, da 25 anni a questa parte!… quelli di Draghi e Conte in particolare (e, oltretutto, questi sono i tre Governi che derogano all’ingresso di operatori sanitari stranieri, per i quali non sono più previsti né il controllo dei titoli, né l’esame di lingua fino a fine 2025, né l’iscrizione ad un Albo professionale: io, che mi occupo di Risk management lo trovo molto pericoloso, ma ben poche sono le voci che si sono alzate a segnalare questa anomalia).

Anche qui non serve il mio pensiero, ma un richiamo storico: nel 1990 il Ministro della Sanità del Governo Andreotti VI, Francesco De Lorenzo, aumentò le paghe dei soli infermieri alla primissima discesa delle ‘’vocazioni’’, come si indicavano allora con termine discutibile.

L’aumento in busta paga fu reale, robusto (quasi un terzo lordo) e ci fu subito il boom di iscrizioni, visto anche il presalario. Quindi, probabilmente un esempio di come procedere esiste, ma oggi il Paese è più povero, o non si può aumentare lo stipendio a tutto il Comparto, come chiederebbero ovviamente tutte le altre professioni, anche quelle che godono di ottima salute e di attrattività.

Nel suo complesso la Professione Infermieristica non è stata mai così in crisi di valori, di indentità e di credibilità. Cosa consigliereste ai vertici FNOPI e ai presidenti OPI per invertire tale tendenza?

Un consiglio concreto per tutti coloro che fanno rappresentanza professionale è quello di restare agganciati alla quotidianità.

E’ fondamentale ed importante parlare col Ministro e con i Sottosegretari, ed io ringrazio chi lo fa per nostro conto. Ma appare altrettanto importante restare vicini ai temi del quotidiano, o si rischia di non calcolare le conseguenze reali: chi si occupa di organizzazione, chi lavora in corsia, se immagina l’ingresso dell’A.I. sa già oggi che non sarà semplice, né indolore; soprattutto se ha già vissuto le difficoltà del rapporto (che dovrebbe esistere ormai da 23 anni!) fra infermieri ed oss, ancora oggi non sempre perfettamente risolto.

Torniamo all’Università. Ad inizio settembre 2024 si è raggiunto il cosiddetto punto di non ritorno, ovvero alle 20.000 disponibilità di posti nei Corsi di Laurea in Infermieristica hanno risposto solo in 20.000, con un rapporto 1:1. Inoltre, di questi 20.000 pretendenti si sono iscritti finora ai CDL per Infermieri solo in 18.000. Secondo lei è ancora utile continuare con i test di preselezione o sarebbe meglio dare la possibilità a tutti di iscriversi liberamente? A chi giova il voler continuare ad utilizzare vecchi e vetusti sistemi di selezione?

Non credo che il problema sia nel numero chiuso.

Se una professione non ha attrattività, non ce l’avrà nemmeno con le porte aperte, penso.

Inoltre, mi pare che i giovani siano sempre più distanti da scelte che portano sacrifici, soprattutto all’inizio: questo come dato generale, sociale; si mira a fare l’influencer, e non l’infermiere in RSA.

Alcune Regioni del Nord hanno scelto di finanziare gli studi dei neo-studenti in Infermieristica. Si torna indietro di anni, a quando non si sceglieva la professione perché piaceva, ma solo perché si guadagnava da subito un piccolo stipendio. Cosa ne pensa di questa involuzione? Porterà realmente ai risultati preventivati ovvero all’aumento del numero di iscrizione al CdL?

Trovo giusto, necessario e corretto finanziare quei corsi di laurea che serviranno alla Sanità di domani: lo facevamo negli anni Novanta, e con buonissimi risultati, e si può oggi superare il problema delle Università -che giustamente non possono fare differenze fra diversi Corsi di Laurea- con le Regioni, con gli sponsor, in qualsiasi modalità possibile.

Ma paghiamo le spese di questi percorsi necessari, stimoliamo la partecipazione, o non avremo più infermieri!

Gli Studenti Infermieri sono maggiori al sud, che al nord. E le loro scelte sono ricadute anche quest’anno sugli Atenei del Meridione, complice anche la crisi economica. Molti Corsi di Laurea in Infermieristica rischiano la chiusura, soprattutto nelle scuole universitarie più blasonate del settentrione. Perché si continua a sottovalutare questo fenomeno?

I numeri dicono oggi già tutto; servirebbe qualche azione politica concreta, visti i dati delle tabelle, puntuali, che ogni anno ci fornisce Angelo Mastrillo (preziosissime, lo ringrazio pubblicamente): penso ad esempio ad azioni come quella appena citata, cioè retribuire gli studenti di questi corsi in qualche modo.

Ha un sogno nel cassetto per l’Infermieristica italiana?

Il sogno è sicuramente una utopia: sarebbe bello se gli infermieri fossero disponibili, ad esempio, a rimarcare i loro valori normativi ed etici, cioè disposti – è un esempio fra i molti possibili- ad interrompere le attività quando si sconfina palesemente nel Rischio clinico, cosa che può essere legata ad una terapia scritta male (dal medico) o a una giornata con dotazioni organiche inadeguate: forse saremmo rispettati di più. Arriverebbe (forse) qualche intervento più utile e mirato alla promozione della professione, oggi sicuramente in affanno ed in difficoltà, per tanti motivi d’insieme: certamente vi sono molte responsabilità esterne; ma alcune le abbiamo anche noi, ognuno per il proprio vissuto.

Noi non abbiamo buone retribuzioni, ma abbiamo buone leggi che ci autorizzano a determinate azioni che non applichiamo quasi mai, e questo va anche a nostro discapito, oltre che a rischio della qualità dell’assistenza.

Grazie dott. Falli e buon lavoro.

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    Angelo Riky Del Vecchio è autore di oltre 20.000 articoli scritti in oltre 30 anni di carriera giornalistica. E' Infermiere Magistrale, Scrittore, Giornalista e Formatore. Ha diretto e fondato il quotidiano sanitario Nurse24.it e oggi dirige il quotidiano AssoCareNews.it. Ha la passione per la scrittura, la lettura e la formazione.

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