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Dall’Inghilterra all’Italia, la storia di un infermiere: “percepivo più di 7000 euro al mese, ma la nostalgia era tanta”.

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Dall’Inghilterra all’Italia: la scelta di Andrea di tornare a casa.

In un momento storico in cui la carenza di personale sanitario in Italia è sempre più evidente, la storia di Andrea, infermiere di 48 anni, emerge come esempio dell’importanza delle condizioni lavorative nel trattenere i professionisti. Andrea, dopo anni di lavoro in Inghilterra, è tornato a Bologna per stare vicino alla moglie e al figlio, ma non senza sacrifici.

La vita di un infermiere in Inghilterra: stipendi alti e valorizzazione.

Durante il suo lavoro a Brighton, Andrea ha potuto sperimentare direttamente come gli infermieri siano considerati una figura essenziale nel sistema sanitario inglese. «In Inghilterra, la figura dell’infermiere è storicamente valorizzata», racconta Andrea. Lo stipendio? 1.500 sterline a settimana, equivalenti a circa 1.740 euro, per un totale mensile di 7000 euro lordi. A questo si aggiungevano corsi di specializzazione e master pagati dall’ospedale, supporto per l’affitto e benefit come eventi sociali per favorire l’integrazione con il personale.

Là, inoltre, il rapporto infermieri-pazienti è più sostenibile: 1 infermiere ogni 6 pazienti, mentre in Italia i numeri salgono fino a 1 a 13/14 durante i turni di notte. «Il primo obiettivo del sistema sanitario inglese è far star bene la persona e integrarla», spiega Andrea.

Il ritorno in Italia: uno stipendio ridotto e meno opportunità.

Andrea è tornato a Ferrara per ragioni familiari, ma il confronto con la realtà italiana non è facile. «In Italia, un infermiere che lavora dal lunedì al venerdì guadagna circa 1.800 euro lordi al mese», spiega. Nonostante la magistrale, i tre master, 5 anni di università e 16 anni di esperienza sul campo, Andrea porta a casa meno di 2.000 euro al mese.

Inoltre, in Italia, molti corsi di specializzazione sono a carico dell’infermiere stesso, un ulteriore ostacolo per chi desidera crescere professionalmente. Questo, insieme a turni spesso troppo lunghi e una gestione del personale problematica, rende il lavoro più stressante e meno gratificante rispetto all’esperienza inglese.

Un sistema che rischia di perdere i suoi migliori professionisti.

La storia di Andrea è simile a quella di molti altri infermieri italiani che scelgono di emigrare per trovare migliori condizioni di lavoro. In Inghilterra, molti dei suoi colleghi reclutati insieme a lui sono rimasti, attratti dai vantaggi economici e professionali.

«Vorrebbero tornare in Italia, ma trovare le stesse condizioni di lavoro qui è impossibile», conclude Andrea. Mentre in Italia si discute di carenza di personale sanitario e di difficoltà nel reclutare nuovi infermieri, storie come quella di Andrea evidenziano la necessità di riforme strutturali. Migliorare le condizioni lavorative, aumentare gli stipendi e investire nella formazione potrebbero essere passi fondamentali per trattenere i professionisti e garantire un sistema sanitario più efficiente.

Conclusione: il valore degli infermieri, oltre i confini.

La vicenda di Andrea è un monito per l’Italia: non si può pensare di mantenere un sistema sanitario di qualità senza valorizzare chi ne è il cuore pulsante, gli infermieri. Investire in loro significa non solo offrire un lavoro dignitoso, ma anche garantire cure migliori ai pazienti.

Andrea, nonostante le difficoltà, ha scelto di tornare e contribuire al sistema sanitario italiano. Ma quanti altri faranno la stessa scelta se le condizioni non cambieranno?

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