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Consenso Informato. Il punto di vista dell’Infermiere.

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Come è nato

Il termine consenso informato nasce solo nell’ultimo dopoguerra, esattamente dopo il processo di Norimberga (1946), da cui si ricavò il Codice di Norimberga, che con i suoi dieci articoli, mise in risalto il principio dell’inviolabilità della persona umana: la partecipazione di qualunque individuo a una ricerca scientifica non sarebbe più avvenuta senza il suo “volontario” consenso.

Nella pratica quotidiana il professionista sanitario, interfacciandosi con gli assistiti, deve affrontare una questione imprescindibile come quella della corretta acquisizione di un consenso informato al trattamento che verrà posto in essere nei confronti del paziente.

Va da se che la raccolta di un consenso debba rispondere a criteri che lo rendono valido, non solo dal punto di vista giuridico, ma anche da un punto di vista deontologico.

Consenso non vuol dire altro che partecipazione, consapevolezza, libertà di scelta e di decisione ed è per alcuni, una realtà operativa già da qualche tempo formalizzata, poiché pone le sue fondamenta nell’art. 32 della Costituzione Italiana, che stabilisce che nessuno può essere sottoposto a un trattamento sanitario contro la propria volontà; accanto a questo, l’art. 13, affermando l’inviolabilità della libertà personale, rafforza il carattere personalistico del bene salute.

Il Decreto Ministeriale 739/94, che delinea il Profilo Professionale dell’Infermiere, prevede l’erogazione di prestazioni di natura tecnica, relazionale ed educativa; quindi l’informazione al paziente per quanto concerne il suo specifico professionale è una prestazione infermieristica.

L’infermiere come fonte di informazione

L’aspetto infermieristico relativo all’informazione e al consenso può essere inserito in un percorso che si è avviato nel momento in cui all’infermiere è stato riconosciuto lo status di professionista sanitario.

L’infermiere oltre a trasmettere dati e informazioni, spesso si trova a dover fornire chiarimenti sui vari aspetti del vissuto di malattia su cui il paziente pone domande. Il professionista sanitario consapevole della delicatezza di questa informazione e del suo impatto emotivo sul malato, deve adoperarsi in modo da renderla onesta,veritiera e completa.

Onesta, perché deve essere chiara, basata il più possibile sull’evidenza scientifica; veritiera, perché deve corrispondere alla realtà, completa, in quanto deve avere come oggetto gli aspetti prettamente clinici, ma anche gli effetti che la malattia potrà avere sulle attività quotidiane.

Il modulo per la raccolta del consenso non è altro che la registrazione del trattamento rispetto al quale, il paziente si è detto d’accordo, ed è responsabilità dell’infermiere tanto quanto del medico assicurarsi che il consenso sia effettivamente informato. L’infermiere può anche decidere di non cooperare ad un procedimento, se è convinto che la decisione con cui si acconsente ad esso non è veramente informata.

L’infermiere potrà essere chiamato ad assistere come testimone alla procedura informata e alla raccolta da parte del medico del consenso informato. La responsabilità della procedura rimane al medico, il quale risponderà di eventuali omissioni a riguardo.

E’ importante sottolineare che l’infermiere non può sostituirsi al medico quando l’informazione non è stata data, ma, per la sua professionalità, ha sicuramente un ruolo nel favorire il passaggio delle informazioni nel dare supporto emotivo al paziente.

Il professionista sanitario instaura con la persona una relazione d’aiuto che rassicura il paziente, lo aiuta a far chiarezza, verificando che quanto detto dal medico sia stato effettivamente compreso.

Spesso, infatti, è proprio all’infermiere che il paziente confida le sue perplessità e l’instaurarsi di un buon rapporto, è dato dalla qualità dell’informazione che deve essere garantita nel rispetto dello specifico professionale. Solo così l’informazione diventa fonte di rassicurazione per il malato e crea le condizioni affinché egli collabori al raggiungimento dell’obiettivo salute.

Responsabilità dell’infermiere

Il  Codice Deontologico dell’Infermiere tratta di informazione e consenso in diversi articoli, nell’ottica dell’assistenza olistica alla persona. Rispetto al vecchio Codice Deontologico (1999), che prevedeva all’art. 4.5 che L’Infermiere, nell’aiutare e sostenere la persona nelle scelte terapeutiche, garantisce le informazioni relative al piano di assistenza e adegua il livello di comunicazione alla capacità del paziente di comprendere. Si adopera affinché la persona disponga di informazioni globali e non solo cliniche e ne riconosce il diritto alla scelta di non essere informato, in questa revisione viene data ampia enfasi al concetto di ascolto, prima ancora che di informazione. In osservanza della Convenzione sui diritti dell’uomo e sulla biomedicina (Oviedo, 4 aprile 1997), ratificata in Italia con L. Legge 28 marzo 2001, n. 145, l’Infermiere riconosce e rispetta anche il diritto a non essere informato, pur salvaguardando la sicurezza della persona assistita e delle persone a lei vicine.

Gli articoli di interesse sono:

  • Articolo 20– L’infermiere ascolta, informa, coinvolge l’assistito e valuta con lui i bisogni assistenziali, anche al fine di esplicitare il livello di assistenza garantito e facilitarlo nell’esprimere le proprie scelte.
  • Articolo 21– L’infermiere, rispettando le indicazioni espresse dall’assistito, ne favorisce i rapporti con la comunità e le persone per lui significative, coinvolgendole nel piano di assistenza. Tiene conto della dimensione interculturale e dei bisogni assistenziali ad essa correlati.
  • Articolo 22– L’infermiere conosce il progetto diagnostico-terapeutico per le influenze che questo ha sul percorso assistenziale e sulla relazione con l’assistito.
  • Articolo 23– L’infermiere riconosce il valore dell’informazione integrata multi professionale e si adopera affinché l’assistito disponga di tutte le informazioni necessarie ai suoi bisogni di vita.
  • Articolo 24– L’infermiere aiuta e sostiene l’assistito nelle scelte, fornendo informazioni di natura assistenziale in relazione ai progetti diagnostico-terapeutici e adeguando la comunicazione alla sua capacità di comprendere.
  • Articolo 25– L’infermiere rispetta la consapevole ed esplicita volontà dell’assistito di non essere informato sul suo stato di salute, purché la mancata informazione non sia di pericolo per sé o per gli altri.

Consenso scritto o verbale?

Solitamente, il consenso è previsto in forma scritta nei casi in cui l’esame clinico o la terapia medica possa comportare gravi conseguenze per la salute e l’incolumità della persona. Se il consenso è rifiutato, il sanitario ha l’obbligo di non eseguire o di interrompere l’esame clinico o la terapia in questione. Il consenso scritto è obbligatorio per legge in alcune situazioni definite: quando si dona o si riceve sangue, si partecipa alla sperimentazione di un farmaco o negli accertamenti di un’infezione da HIV, si è sottoposti ad anestesiatrapianto del rene tra viventi, interruzione volontaria della gravidanza, rettificazione in materia di attribuzione di sesso e nella procreazione medicalmente assistita. Negli altri casi, soprattutto quando è consolidato il rapporto di fiducia tra il medico e il paziente, il consenso può essere solo verbale ma deve essere espresso direttamente al sanitario.

Eccezioni all’obbligo del consenso 

Le eccezioni all’obbligo del consenso informato sono:

  • le situazioni nelle quali la persona malata ha espresso esplicitamente la volontà di non essere informata;
  • le condizioni della persona siano talmente gravi e pericolose per la sua vita da richiedere un immediato intervento di necessità e urgenza In questi casi si parla di consenso presunto;
  • i casi in cui si può parlare di consenso implicito, per esempio per quelle cure di routine, o per quei farmaci prescritti per una malattia nota. Si suppone, infatti, che in questo caso sia consolidata l’informazione ed il consenso relativo;
  • in caso di rischi che riguardano conseguenze atipiche, eccezionali ed imprevedibili di un intervento chirurgico, che possono causare ansie e timori inutili. Se, però, il paziente richiede direttamente questo tipo di informazioni, il medico o l’infermiere devono fornirle;
  • Trattamenti Sanitari Obbligatori (TSO).

Dott. Michele D’Augello, Infermiere

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