Ven. Lug 26th, 2024

Salute, Piano Cronicità 2024. Ceccarelli (Coina): «Dove sono gli indispensabili investimenti legati all’invecchiamento della popolazione e al costante aumento delle patologie croniche? Siamo di fronte ad una triste scatola vuota!».

Il progressivo invecchiamento della popolazione rappresenta una emergenza sociale che prima di ogni altra cosa dovrebbe “investire” di responsabilità la nostra “dormiente” politica sanitaria.
Ciò che colpisce maggiormente, all’interno oltre tutto di una crisi senza precedenti per il nostro “Sistema Salute”, è il fatto di assistere a una pericolosa ridistribuzione demografica, in cui entro il 2050 la proporzione di anziani tenderà a raddoppiare, passando dall’11% al 22% della popolazione totale.
Nei prossimi 5 anni, per la prima volta nella storia dell’umanità, il numero di individui di età uguale o superiore a 65 anni supererà quello dei bambini al di sotto dei 5 anni.
L’incremento della popolazione anziana sarà più evidente nei Paesi in via di sviluppo, ma soprattutto, nei Paesi industrializzati come il nostro, il segmento di popolazione che aumenterà maggiormente sarà quello degli ultra ottantenni, il cui numero assoluto, entro il 2050, risulterà praticamente quadruplicato.
«Guai a ostinarsi a guardare il cosiddetto bicchiere mezzo pieno, come una certa politica vuole farci credere, gettandoci letteralmente fumo negli occhi ed evidenziando i progressi legati all’aumento delle prospettive di vita.
La realtà da evidenziare è ben diversa e coinvolge direttamente anche il micro mondo dei professionisti sanitari che, ricordiamolo, sono prima di tutto uomini e donne.
Per gli infermieri, ad esempio, l’età media è salita vertiginosamente negli ultimi anni e corrisponde oggi a 46,9.
Questo equivale anche ad una palese mancanza di ricambi generazionali che, anno dopo anno, potrebbe pesare sempre di più sulla qualità dell’assistenza.
L’invecchiamento della popolazione non può consentire a nessuno di noi di nascondere la testa sotto la sabbia, dal momento che ci ritroveremo di fronte a drammatiche conseguenze legate all’aumento di patologie croniche per i cittadini, a partire dagli over 65, e soprattutto ad una pericolosa escalation, in termini numerici, di soggetti che, over 70, non saranno di fatto più autosufficienti.
In relazione a tutto ciò, con il nuovo Piano Cronicità 2024, ci saremmo quindi aspettati cambiamenti, prospettive, concreti piani di azione che, puntualmente non sono destinati ad arrivare. Speranze per l’ennesima volta disattese? A quanto pare sì».
Così Marco Ceccarelli, Segretario Nazionale del Coina, Sindacato delle Professioni Sanitarie.
«Nel nuovo “Piano cronicità” 2024 vengono aggiunte patologie come l’obesità, l’endometriosi e l’epilessia, portando le malattie a cui andrebbero dedicati specifici percorsi diagnostici-terapeutici a quota tredici. Peccato che di fatto si tratti di una meravigliosa bozza destinata a rimanere solo su carta, senza una reale applicazione.
Nel testo, infatti, non vi è alcuna menzione di un budget e di un meccanismo di verifica efficace. Eppure, l’Atto d’indirizzo del Ministero della Salute sia per il 2023 che per il 2024 è chiaro: sull’emergenza cronicità bisogna investire.
Il documento, invece, disattende apertamente la precisa indicazione del ministro Schillaci e non prevede alcun finanziamento.
Per non parlare dell’altro grande nodo che sta mandando il nostro Servizio Sanitario Nazionale letteralmente al collasso e che, rispetto alla problematica della cronicità, rischia davvero di ledere il diritto inviolabile di ogni cittadino, sancito dalla Costituzione, di accesso alla cura e di tutela della salute, ovvero la cronica carenza di personale.
La voragine di professionisti sanitari che attanaglia da tempo il nostro Paese, e i numeri indicano che a mancare, in casa nostra, sono e saranno, da qui al 2030, prima di tutto gli infermieri, potrebbe trasformarsi in un vero e proprio “cappio al collo”, complice proprio l’invecchiamento della popolazione e il conseguente inevitabile aumento della patologie croniche, con il crescente fabbisogno di assistenza per i soggetti più fragili.
Una situazione del genere necessiterebbe di un “esercito” di soldati-professionisti” pronti impugnare elmetto e spada per vincere le nuove sfide della sanità.
Invece, come cittadini, destinati come tutti a invecchiare, corriamo seriamente il rischio di ritrovarci drammaticamente “senza difese”, dal momento che, all’irrisolta carenza strutturale da sanare, (mancano di fatto 70mila infermieri), si aggiunge l’esigenza di coprire con almeno altri 40mila professionisti dell’assistenza il piano di rilancio di una sanità territoriale in crisi profonda, come indicato dalle esigenze della Missione Salute del Pnrr che, a tal proposito, si avvicina inesorabilmente alla scadenza (31 dicembre 2026).
Tutto ci saremmo aspettati, tranne di ritrovarci davanti, nel caso del nuovo Piano Cronicità, che ripetiamo incredibilmente non prevede alcun nuovo investimento, ad una triste scatola vuota», conclude Ceccarelli.

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