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Ceccarelli (Coina): «Valorizzare le risorse interne e ricreare interesse tra i giovani per la professione sanitaria»

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corsia_ospedale_generica-2-3-1 Ceccarelli (Coina): «Valorizzare le risorse interne e ricreare interesse tra i giovani per la professione sanitaria»

CRISI PERSONALE SANITARIO IN EUROPA / Nulla in contrario ad attingere risorse umane dai Paesi terzi, quando si tratta di valorizzare talenti e di concedere opportunità, ma non certo con l’obiettivo di tappare le proprie falle. Si valuti finalmente la possibilità di un contratto ad hoc per le professioni sanitarie, per disegnare finalmente la strada della reale valorizzazione.

ROMA 22 OTT 2024 – «L’Europa è alle prese con una crisi senza precedenti nella gestione del personale sanitario e socio-assistenziale, una situazione che rischia di compromettere la tenuta dei sistemi sanitari di tutti gli Stati membri».

Esordisce, così nella sua analisi, Marco Ceccarelli, Segretario Nazionale del COINA, Sindacato delle Professioni Sanitarie. 

Le stime dell’OMS sono chiare: entro il 2030, mancheranno in Europa circa 4 milioni di professionisti, tra medici, infermieri e operatori socio-assistenziali.

La Commissione Europea, attraverso la commissaria Stella Kyriakides, ha proposto di attrarre talenti dai Paesi terzi per sopperire alla carenza, ma noi come COINA respingiamo nettamente questa soluzione come strategia principale. 

«Non possiamo risolvere i nostri problemi di organico andando a reclutare personale dall’estero, mentre trascuriamo completamente i problemi interni che affliggono il nostro sistema», sottolinea Ceccarelli.

«Reclutare il personale estero, senza risolvere i problemi locali non è affatto accettabile. La crisi attuale è radicata in anni di mancata valorizzazione, retribuzioni ferme al palo, turni massacranti e condizioni di lavoro insostenibili per il personale sanitario. 

Il problema non è la mancanza di talenti interni, ma la nostra incapacità di offrire condizioni adeguate, continua il Segretario Nazionale. 

Se un infermiere tedesco o svizzero non verrebbe mai a lavorare in Italia, è evidente che il nostro sistema ha bisogno di una riforma profonda».

Ceccarelli aggiunge che ingaggiare operatori sanitari dai Paesi terzi non può essere una strategia a lungo termine. 

«L’assunzione di professionisti dall’estero deve essere una scelta mirata, riservata a talenti specifici, non una scorciatoia per evitare di affrontare i problemi strutturali. 

Le soluzioni a lungo termine devono includere un miglioramento delle retribuzioni, una ridefinizione delle condizioni di lavoro e la valorizzazione dei giovani italiani che oggi evitano le professioni sanitarie o abbandonano gli studi a causa della mancanza di prospettive.

Un esempio emblematico di gestione poco attenta è quello dell’ASST di Varese, dove i primi infermieri sudamericani arrivati in Lombardia, alcuni mesi fa, con il progetto Bertolaso, hanno sostenuto solo quattro settimane di corso di italiano, per poi essere inseriti direttamente nelle strutture ospedaliere. 

«Questa è una davvero situazione preoccupante, commenta Ceccarelli, soprattutto se paragonata al percorso di un infermiere italiano che, prima di poter lavorare in Germania, deve seguire ben nove mesi di corso di lingua tedesca per raggiungere un livello intermedio ed essere capace di svolgere un ruolo autonomo in una equipe sanitaria e avere la facoltà di comprendere le esigenze del paziente».

«La verità, continua Ceccarelli, è che l’attuale politica di attrazione di personale dai Paesi terzi serve solo a evitare di pagare adeguatamente i professionisti sanitari italiani. 

Abbiamo creato una crisi nella professione sanitaria dove i giovani non vedono più un futuro: gli stipendi sono bassi, le opportunità di carriera sono scarse, e la mole di lavoro è insostenibile. Non è un caso che quest’anno ci sia stato un netto calo delle iscrizioni ai corsi di laurea in infermieristica e un aumento degli abbandoni al secondo e terzo anno di studi.

Noi del COINA continuiamo a sostenere che la soluzione non è nel reclutamento di massa di personale dall’estero, ma nel creare un sistema che sia sostenibile per i nostri professionisti. 

Non possiamo riempire le nostre carenze importando professionisti da Paesi con sistemi sanitari fragili, aggravando oltretutto la situazione di queste nazioni. Questo approccio non fa altro che nascondere il fallimento delle nostre politiche», prosegue Ceccarelli.

La retribuzione adeguata, le condizioni di lavoro dignitose e la possibilità di carriera sono gli strumenti che devono essere utilizzati per riportare l’interesse dei giovani italiani verso le professioni sanitarie. 

Il reclutamento di personale estero è accettabile solo in casi di reale necessità e deve avvenire con percorsi di formazione completi e adeguati, per evitare che i nuovi arrivati si trovino in difficoltà e che il carico di lavoro pesi ancora di più sui colleghi già in servizio».

Ancora Ceccarelli: «Se non risolviamo i problemi interni, continueremo a vivere una crisi cronica del personale sanitario. L’unica via d’uscita è un investimento serio e a lungo termine nelle nostre risorse. L’Italia ha bisogno di un piano per il futuro della sanità che parta dalla valorizzazione dei propri professionisti, garantendo loro condizioni di lavoro eque e la possibilità di crescere all’interno del sistema. 

Ed è per questo che il Coina chiede da tempo un contratto che includa solo i professionisti sanitari, permettendo loro di uscire dal “calderone” di un comparto che non li valorizza fino in fondo, non ne riconosce le competenze e le necessità, non offre loro le indispensabili opportunità di evoluzione».

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