Amsi, Umem, Co-mai e Uniti per Unire: In Italia, il 72% delle aggressioni è diretto verso le infermiere e il 18% verso le dottoresse, seguite dalle operatrici sociosanitarie.
Le violenze sul personale sanitario femminile sono aumentate del 43% negli ultimi 3 anni.
Prof. Foad Aodi con Federica Federici e Laura Mazza (Dipartimento Donne Unite Movimento Uniti per Unire): «Continua l’impegno del Dipartimento Donne Unite del Movimento Uniti per Unire contro la violenza sulle donne e per la difesa dei diritti delle donne di ogni età, nazionalità e religione, in tutti i settori della società.
Questa giornata non è solo un momento di denuncia, ma un’occasione per chiedere un impegno concreto e globale contro tutte le forme di violenza sulle donne, siano esse professioniste della sanità, madri, lavoratrici o giovani vittime di sistemi oppressivi. Ogni violenza contro una donna è una violenza contro l’umanità stessa. Bisogna curare le cause alla radice di questa piaga e non alleviarne i sintomi.»
Amsi, Umem, Co-mai e Uniti per Unire; Appello globale alla dignità, alla sicurezza e alla protezione in caso di denuncia
ROMA, 25 NOVEMBRE 2024 – In occasione della Giornata Internazionale contro la Violenza sulle Donne, l’Associazione Medici di Origine Straniera in Italia (AMSI), l’Unione Medica Euromediterranea (UMEM) e il Movimento Internazionale Uniti per Unire, con la Comunità del Mondo Arabo in Italia (Co-mai), attraverso la voce del Presidente e leader Prof. Foad Aodi, medico, giornalista ed esperto di salute globale, nonché membro registro esperti FNOMCEO e già 4 volte Consigliere dell’Ordine dei Medici di Roma e docente all’università di Tor Vergata per fisioterapisti ed Infermieri, denunciano con forza la violenza di genere, con un focus particolare sulle aggressioni fisiche e psicologiche subite dalle professioniste sanitarie in Italia e nel mondo.
Il Presidente Prof. Foad Aodi sottolinea: «Questa giornata non è solo un momento di denuncia, ma un’occasione per chiedere un impegno concreto e globale contro tutte le forme di violenza sulle donne, siano esse professioniste della sanità, madri, lavoratrici o giovani vittime di sistemi oppressivi. Ogni violenza contro una donna è una violenza contro l’umanità stessa.»
Le Professioniste Sanitarie sotto Assedio
Le dottoresse e le infermiere rappresentano una delle categorie più esposte alla violenza nei luoghi di lavoro sanitari. Secondo le statistiche aggiornate:
• In Italia, il 72% delle aggressioni è diretto verso le infermiere e il 18% verso le dottoresse, seguite dalle operatrici sociosanitarie. Le violenze sul personale sanitario femminile sono aumentate del 43% negli ultimi 3 anni.
• Più del 22% delle professioniste sanitarie abbandona la carriera in Italia a causa di violenze o discriminazioni, aggravando la carenza di personale sanitario qualificato.
• In Europa, il 62% delle professioniste riferisce di aver subito violenze fisiche o verbali, mentre il 48% delle dottoresse dichiara di aver ricevuto molestie sessuali da colleghi o pazienti.
Le giovani specializzande e studentesse di medicina risultano particolarmente vulnerabili. Una nostra ricerca internazionale mostra che il 36% delle tirocinanti ha subito discriminazioni, molestie o abusi durante il percorso formativo.
I Luoghi di Conflitto: Una Piaga per le Professioniste
Nei paesi colpiti da guerre e instabilità politica, il tasso di abusi contro le donne medico e infermiere supera il 90%. Queste professioniste sono spesso vittime di rapimenti, stupri e violenze durante l’esercizio delle loro funzioni, rendendole bersagli non solo come donne, ma anche come figure che tentano di portare speranza in contesti drammatici.
«Nei luoghi di conflitto, le donne medico diventano angeli del soccorso, ma a un prezzo altissimo. La comunità internazionale deve intervenire con urgenza, non solo per garantire sicurezza, ma per offrire loro dignità e un riconoscimento per il coraggio dimostrato», afferma Aodi.
Discriminazioni e Violenza Psicologica
La violenza non si manifesta solo fisicamente. Le professioniste sanitarie, soprattutto nei paesi occidentali, sono vittime di discriminazioni sistemiche. In Italia, il 36% delle donne medico straniere riferisce di essere stata vittima di discriminazioni legate all’origine etnica o religiosa.
«Le donne sono spesso viste come anelli deboli nel sistema sanitario, un retaggio di una mentalità che persiste ancora oggi e che si traduce in abusi psicologici da parte di colleghi, superiori e pazienti», denuncia Aodi. «Dobbiamo lavorare per un cambiamento culturale che valorizzi le donne, non solo come professioniste, ma come pilastri di una sanità moderna e inclusiva.»
Le Difficoltà delle Professioniste di Origine Straniera e la spirale di violenza psicologica e fisica.
Le associazioni Amsi, Umem, Co-mai e il movimento internazionale Uniti per Unire, sotto la guida del Prof. Foad Aodi, hanno sempre dedicato attenzione particolare alla difesa dei diritti delle professioniste sanitarie, con un focus specifico sulle donne di origine straniera. Queste rappresentano una risorsa fondamentale per il sistema sanitario italiano, ma spesso sono vittime di discriminazioni, violenze e difficoltà che le costringono ad abbandonare il loro impiego nel nostro Paese.
Secondo i dati raccolti da Amsi:
• Il 28% delle professioniste sanitarie di origine straniera in Italia denuncia discriminazioni sul luogo di lavoro dovute a pregiudizi culturali o religiosi.
• Il 34% delle donne medico straniere ha subito molestie verbali o fisiche da colleghi, pazienti o superiori.
• Il 21% è stato costretto a lasciare il posto di lavoro entro i primi tre anni di assunzione, a causa di un ambiente lavorativo ostile e poco inclusivo.
Molte di queste professioniste, provenienti da paesi come Ucraina, Romania, Russia, Moldavia, Albania, Medio Oriente, Africa ed India, hanno affrontato percorsi difficili per ottenere il riconoscimento delle loro qualifiche in Italia. Nonostante le competenze elevate, si trovano spesso relegate a posizioni marginali, con salari inferiori rispetto alla media.
Il Fenomeno dell’Emigrazione Professionale
A fronte di tali difficoltà, un numero crescente di professioniste straniere sceglie di lasciare l’Italia per trasferirsi in paesi che offrono condizioni di lavoro migliori. Francia, Germania e Regno Unito sono le mete principali, attratte da salari più alti e una maggiore inclusione. “Negli ultimi 3 anni, il 26% delle professioniste straniere arrivate in Italia ha abbandonato il nostro sistema sanitario per migrare verso contesti lavorativi più favorevoli e senza muri di burocrazia e pregiudizi ”, sottolinea il Prof. Aodi.
Testimonianze di Coraggio e Determinazione
Nonostante le difficoltà, molte donne scelgono di rimanere e continuare a lottare per i propri diritti e per un sistema sanitario più giusto. Le associazioni Amsi, Umem, e Uniti per Unire si impegnano a fornire supporto legale, psicologico e professionale a queste professioniste, promuovendo percorsi di integrazione e sensibilizzazione culturale nelle strutture sanitarie italiane.
Il Prof. Aodi conclude: “Le donne medico e infermiere di origine straniera rappresentano una risorsa preziosa e insostituibile per il nostro sistema sanitario. Dobbiamo proteggerle e valorizzarle, non solo per garantire un futuro più equo, ma per costruire un modello sanitario veramente inclusivo e globale.”
Un Pensiero per Tutte le Donne
La violenza contro le donne non conosce confini. Le statistiche sono drammatiche:
• Il 31% delle donne nel mondo ha subito violenze fisiche o sessuali almeno una volta nella vita.
• Nei paesi in via di sviluppo, il 62% delle bambine e adolescenti non ha accesso all’istruzione a causa di matrimoni forzati o abusi sistemici.
L’impegno del Dipartimento #DonneUnite del Movimento Uniti per Unire
Il Prof. Foad Aodi con Federica Federici (Vicepresidente di Uniti per Unire) e la Prof.ssa Laura Mazza (Vicepresidente di Uniti per Unire), componenti del Dipartimento Donne Unite Movimento Uniti per Unire): «Continua l’impegno del Dipartimento Donne Unite del Movimento Uniti per Unire contro la violenza sulle donne e per la difesa dei diritti delle donne di ogni età, nazionalità e religione, in tutti i settori della società. Questa giornata non è solo un momento di denuncia, ma un’occasione per chiedere un impegno concreto e globale contro tutte le forme di violenza sulle donne, siano esse professioniste della sanità, madri, lavoratrici o giovani vittime di sistemi oppressivi. Ogni violenza contro una donna è una violenza contro l’umanità stessa. Bisogna curare le cause alla radice di questa piaga e non alleviarne i sintomi.»
«Le donne sono il cuore pulsante delle società. Sono madri, lavoratrici, guide e ispirazione. Eppure, troppo spesso vengono soffocate da leggi, culture e religioni che negano loro la libertà. L’appello che lanciamo oggi è universale: non possiamo restare indifferenti. Ogni paese, ogni sistema politico e religioso, deve fare di più per garantire alle donne sicurezza, libertà e dignità. Lotteremo sempre con le nostre associazioni per la tutela dei diritti delle donne, di ogni età, in ogni luogo, soprattutto laddove la politica e la religione e la società limitano e violano la loro libertà. La violenza contro le donne va condannata a tutti livelli, sempre, in ogni luogo. La violenza non può essere giustificata da motivazioni religiose o culturali o sociali o politiche», conclude Aodi.
Sintesi delle Statistiche Amsi aggiornate Novembre 2024 riferite a indagini degli ultimi 3 anni
In Italia:
• 72% delle aggressioni contro infermiere; 18% contro dottoresse.
• +40% di violenze sul personale sanitario femminile negli ultimi 3 anni.
• 22% delle professioniste sanitarie lascia il lavoro a causa delle aggressioni.
Nel Mondo:
• 83% di abusi contro professioniste sanitarie nei luoghi di conflitto.
• 62% delle donne medico subisce discriminazioni in Europa.
• 31% delle donne globalmente è vittima di violenze fisiche o sessuali.
Altri dati
• Il 28% delle professioniste sanitarie di origine straniera in Italia denuncia discriminazioni sul luogo di lavoro dovute a pregiudizi culturali o religiosi.
• Il 34% delle donne medico straniere ha subito molestie verbali o fisiche da colleghi, pazienti o superiori.
• Il 21% è stato costretto a lasciare il posto di lavoro entro i primi tre anni di assunzione, a causa di un ambiente lavorativo ostile e poco inclusivo.
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