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AMSI-UMEM-AISC-UNITI PER UNIRE lanciano il #Manifesto per la tutela della #Salute_Globale. 

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shutterstock_1935453994 AMSI-UMEM-AISC-UNITI PER UNIRE lanciano il #Manifesto per la tutela della #Salute_Globale. 

Mancano 1,4 milioni di medici e infermieri in Europa. Potrebbero mancare fino a 4,3 milioni di professionisti sanitari entro il 2030, per una emergenza mondiale senza precedenti.

Prof. Foad Aodi: “Senza investimenti e cooperazione internazionale per sostenere i paesi poveri, l’emergenza sanitaria diventerà insostenibile. Il rischio clinico cresce con la carenza di personale: ogni paziente in più per infermiere aumenta la mortalità del 7%.”

ROMA 19 marzo 2025 – Amsi (Associazione medici di origine straniera in Italia), Umem (Unione medica euromediterranea), AISC (Agenzia britannica mondiale informazione senza confini) e il Movimento internazionale Uniti per Unire, attraverso la voce del Prof. Foad Aodi, medico, giornalista internazionale ed esperto in salute globale dall’inizio della Pandemia – direttore di AISC, nonché membro del registro esperti Fnomceo, quattro volte consigliere dell’Omceo di Roma e docente all’Università di Tor Vergata, accanto ai rispettivi direttivi, esprimono forte preoccupazione per il futuro della sanità mondiale.

Aodi, che grazie anche al supporto di Radio Co-mai Internazionale e dei suoi rappresentanti in oltre 120 paesi e del mondo, nonché del canale Aisc News, è il medico di origine araba e italiana più presente sulle televisioni dei paesi del Golfo, paesi arabi in Africa dal 2000. Nel commentare tutte le questioni della salute globale, immigrazione e politica sanitaria e le patologie più emergenti con consigli e raccomandazioni e proposte, è presente tutti i giorni su Tv Satellitari e giornali internazionali.

Nel suo intervento Aodi denuncia apertamente che il crescente deficit di personale, i deserti sanitari internazionali, la fuga dei professionisti della sanità e l’invecchiamento della forza lavoro minacciano la tenuta dei sistemi sanitari.

Un’emergenza sanitaria senza precedenti 

Secondo le nostre stime, in Europa mancano attualmente 1,4 milioni di operatori sanitari – medici, infermieri, fisioterapisti, farmacisti, psicologi e ostetriche – con un deficit che potrebbe raggiungere i 4,3 milioni entro il 2030 senza interventi strategici.

Nei paesi in via di sviluppo, il quadro è ancora più drammatico: la disponibilità di personale sanitario è inferiore del 50% rispetto agli standard internazionali. In Africa subsahariana, ad esempio, in alcune regioni c’è meno di 1 medico o infermiere ogni 10.000 abitanti, con conseguenze dirette sulla mortalità e sulla gestione delle malattie croniche.

Aodi afferma senza mezzi termini: “Se i paesi con sistemi sanitari forti riducono la loro forza lavoro post-pandemia, come potranno affrontare le nuove emergenze? In molti ospedali il rapporto ideale di un infermiere per 6 pazienti non viene rispettato, aumentando il rischio clinico: ogni paziente in più per infermiere comporta un +7% di mortalità intraospedaliera.”

Carenza di personale e aumento della mortalità 

Ricerche internazionali dimostrano che il sovraccarico degli operatori sanitari incide pesantemente sugli esiti clinici. Gli ospedali con carenza di personale registrano tra 700 e 800 decessi ogni 100.000 abitanti, mentre nei contesti più critici si superano i 1.000 decessi ogni 100.000 abitanti. Inoltre, ogni giorno di carenza di infermieri porta a un aumento del 9,2% della mortalità ospedaliera, secondo uno studio pubblicato sul British Journal of Surgery.

Le disuguaglianze sanitarie nel mondo 

Uno studio condotto in 172 paesi tra il 1990 e il 2019 dimostra che la mancanza di personale sanitario qualificato è direttamente correlata all’aumento della mortalità. Le Americhe dispongono del 37% della forza lavoro sanitaria globale ma solo del 10% del carico di malattie. L’Africa subsahariana, invece, deve affrontare il 24% del carico globale di malattie con appena il 3% della forza lavoro sanitaria.

Paesi più colpiti dalla crisi sanitaria

Mozambico: la pandemia ha aggravato la già precaria accessibilità ai servizi sanitari.

Repubblica Democratica del Congo: epidemie ricorrenti mettono sotto pressione un sistema fragile.

Nigeria: la diffusione di malattie come morbillo e colera è favorita dalla carenza di infrastrutture e personale.

Sudan, Palestina, Somalia e lo Yemen per conseguenza delle guerre e la fame.

Fattori che aumentano la mortalità nei paesi più fragili

Carenza di personale: meno medici e infermieri significano meno accesso alle cure.

Strutture sanitarie inadeguate: ospedali mal attrezzati aumentano il rischio di complicanze.

Difficoltà di accesso a farmaci e vaccini: la scarsità di risorse sanitarie aggrava la diffusione di malattie.

Soluzioni per una sanità sostenibile 

I nostri movimenti evidenziano la necessità di un piano strategico per colmare il divario sanitario: “Senza un investimento mirato nella formazione e nell’assunzione di personale, il futuro della sanità globale sarà compromesso. L’innovazione tecnologica, inclusa la telemedicina, è utile, ma senza operatori adeguati non può sostituire la carenza di personale.”

Come ha ribadito Aodi nelle ultime interviste, per combattere le malattie infettive e la diffusione di nuovi virus e batteri, è fondamentale agire sull’inquinamento atmosferico e fermare le guerre che portano morte, acqua e cibi contaminati. Dobbiamo combattere la fame e intensificare la collaborazione tra paesi ricchi e paesi poveri, specialmente nei settori della tecnologia, della telemedicina, e nella produzione di farmaci salvavita per le patologie croniche, in particolare per i bambini. La distribuzione omogenea dei vaccini nel mondo è essenziale, e bisogna rendere la produzione di farmaci e vaccini più trasparente, con studi accurati, per combattere la guerra mediatica ed i pregiudizi pro e contro i vaccini, che sono strumenti fondamentali per salvare vite. Inoltre, è necessario affrontare i deserti sanitari e la fuga dei professionisti della sanità dai paesi poveri verso quelli ricchi, ma anche la fuga dall’Italia verso i paesi del Golfo e dell’Europa.

“Dobbiamo aumentare lo scambio di esperienze e buone pratiche internazionali, rafforzando il ruolo dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, che deve essere più trasparente, indipendente politicamente ed economicamente. Infine, bisogna combattere l’aumento delle aggressioni, la presenza di cibi e acqua contaminati e i mercati neri che vendono animali portatori di malattie infettive. Per quanto riguarda i migranti irregolari, è fondamentale precisare che non portano malattia, come dimostrano gli studi storici condotti da AMSI e UMEM. Tuttavia, bisogna combattere l’immigrazione irregolare per proteggere le persone da violenze, traffico di esseri umani e altre atrocità, come la violenza sulle donne, sui bambini, il traffico di organi e la pedofilia. Il nostro impegno continua anche nella lotta contro la mutilazione genitale femminile, una pratica barbara e arcaica che nulla ha a che vedere con la religione o la fede.”, continua Aodi.

Riepilogo dati e statistiche

In Europa mancano attualmente 1,4 milioni di operatori sanitari, con un deficit che potrebbe raggiungere i 4,3 milioni entro il 2030.

In Africa subsahariana, in alcune regioni c’è meno di 1 medico o infermiere ogni 10.000 abitanti

Ogni paziente in più per infermiere aumenta la mortalità intraospedaliera del 7%.

La mortalità intraospedaliera in ospedali con carenza di personale supera i 1.000 decessi ogni 100.000 abitanti.

Ogni giorno di carenza di infermieri porta a un aumento del 9,2% della mortalità ospedaliera.

Le Americhe dispongono del 37% della forza lavoro sanitaria globale, ma solo del 10% del carico di malattie.

L’Africa subsahariana affronta il 24% del carico globale di malattie con appena il 3% della forza lavoro sanitaria.

Conclusioni “Investire in risorse umane e infrastrutture sanitarie è una priorità globale”, conclude il prof. Aodi. “Solo con una cooperazione internazionale e politiche sanitarie lungimiranti possiamo garantire il diritto alla salute per tutti. più garantito il diritto alla salute e la prevenzione ed i servizi sanitari nei paesi poveri più garantita anche la salute dei cittadini nei paesi ricchi”

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