Amsi-Co-mai, violenza sulle donne: appello alla responsabilità della politica
Violenza sulle donne, Aodi e Belaitouche (Amsi-Co-mai): “Colpiti dall’equilibrio e dalla saggezza delle parole del Presidente Mattarella e del Papa, meno dalle dichiarazioni della Premier Meloni che ha tirato in ballo gli immigrati e la violenza”.
Amsi, Umem, Uniti per Unire e Co-mai aderiscono all’appello delle organizzazioni sanitarie per l’accordo Albania e sulla salute dei migranti.
ROMA, 26 NOVEMBRE 2024 – In occasione della Giornata Internazionale contro la Violenza sulle Donne, l’AMSI (Associazione Medici di Origine Straniera in Italia), l’UMEM (Unione Medica Euromediterranea), la Co-mai (Comunità del Mondo Arabo in Italia) e il Movimento Internazionale Uniti per Unire, attraverso la voce del Prof. Foad Aodi, medico, giornalista ed esperto di salute globale, nonché membro registro esperti FNOMCEO e già 4 volte Consigliere dell’Ordine dei Medici di Roma e docente all’università di Tor Vergata per fisioterapisti ed Infermieri, esprimono forte preoccupazione per il linguaggio utilizzato in alcune dichiarazioni pubbliche che rischiano di alimentare divisioni e pericolosi pregiudizi sociali.
«Le parole pronunciate in questa giornata cruciale devono essere sempre di equilibrio e unione, non di divisione. Il Presidente della Repubblica Mattarella e Papa Francesco hanno saputo con grande sensibilità sottolineare l’urgenza di una battaglia culturale ed educativa contro la violenza di genere, ricordando che essa si radica in disuguaglianze, stereotipi e mancanza di tutele», ha affermato il Prof. Foad Aodi.
Le organizzazioni sottolineano come sia fondamentale affrontare con fermezza la criminalità legata all’immigrazione irregolare quando essa si manifesta, ma senza mai trasformare tale argomento in un attacco generalizzato che rischia di stigmatizzare intere comunità.
L’importanza di un’analisi equilibrata«Le statistiche devono essere interpretate con buon senso. È evidente che tra i responsabili di violenze sessuali e crimini gravi vi sono persone straniere e va combattuto, ma non si può ignorare che la maggior parte dei reati contro le donne, e in particolare di femminicidi, è compiuta da connazionali. Fare di tutta un’erba un fascio non solo non aiuta, ma fomenta un clima di odio e diffidenza che danneggia il nostro tessuto sociale», continua il Prof. Aodi.
I numeri non mentono
«I dati statistici mostrano che la maggior parte dei reati contro le donne, inclusi i femminicidi, in Italia è compiuta da connazionali. Questo è particolarmente vero nei casi di violenza domestica, dove gli aggressori sono spesso partner o ex-partner delle vittime.
Ad esempio, i rapporti ufficiali sul femminicidio in Italia indicano che oltre il 70% degli omicidi di donne avviene in ambito familiare o relazionale. Gli autori di questi crimini sono in gran parte italiani, poiché riflettono la composizione della popolazione generale e l’ambito privato in cui si verificano questi episodi.
Tuttavia, è importante sottolineare che l’incidenza di alcuni crimini può essere più alta tra determinate categorie di persone, come immigrati irregolari, a causa di vulnerabilità sociali ed economiche . Questo dato non giustifica affatto, da parte della politica, generalizzazioni o stigmatizzazioni verso intere comunità, ma richiede politiche mirate per affrontare le cause profonde della violenza, indipendentemente dalla nazionalità degli aggressori», dice ancora Aodi.
Quando si considerano gli stranieri, emerge una sovra-rappresentazione rispetto alla loro percentuale nella popolazione: gli stranieri in Italia costituiscono circa l’8% della popolazione totale, ma sono coinvolti in circa il 43% delle violenze sessuali denunciate, secondo dati del 2023 del Ministero degli Interni.
Questo tipo di analisi evidenzia una complessità nella correlazione tra immigrazione e criminalità, che varia in base alla tipologia di reato e al contesto sociale ed economico.
In sintesi, mentre cittadini italiani sono responsabili della maggior parte dei reati di violenza contro le donne in termini assoluti, gli stranieri mostrano una percentuale più alta di coinvolgimento rispetto alla loro presenza demografica. Questo quadro richiama la necessità di politiche equilibrate che affrontino le cause della violenza senza cadere in semplificazioni discriminatorie. La violenza non ha cultura né origine.
L’impegno dell’associazionismo
L’Associazione Medici di Origine Straniera in Italia (AMSI) da oltre vent’anni si dedica a valorizzare il contributo dell’immigrazione qualificata e a combattere le problematiche legate all’immigrazione irregolare. Dal 2000, AMSI è stata tra le prime realtà a sottolineare l’importanza di un approccio equilibrato e costruttivo per gestire i flussi migratori, evitando terminologie stigmatizzanti e promuovendo politiche inclusive.
AMSI condanna fermamente le dichiarazioni che attribuiscono indiscriminatamente ai migranti irregolari la responsabilità dei fenomeni di violenza, come recentemente emerso in ambito politico. Questi commenti rischiano di oscurare il reale problema della violenza di genere, che colpisce quotidianamente donne di ogni origine in Italia e nel mondo. “Scaricare tutte le colpe sui migranti è un errore grave e controproducente”, sottolinea AMSI, ricordando che la violenza di genere è un fenomeno trasversale.
AMSI rinnova il suo appello alle istituzioni e al Governo per intensificare la collaborazione nella gestione dei flussi migratori, proponendo il Manifesto storico “Buona Immigrazione”
1 Politiche per l’integrazione, come programmi educativi e di inserimento lavorativo.
2 Contrasto alle cause dell’immigrazione irregolare, agendo sui paesi di origine attraverso cooperazione internazionale.
3 Tutela della salute dei migranti, garantendo l’accesso alle cure e il rispetto dei diritti umani.
Emergenza Sanitaria e Adesione all’Appello per l’Albania
AMSI, Co-mai, UMEM e UN@UN annunciano inoltre la loro adesione all’appello di Medici Senza Frontiere riguardante il protocollo Italia-Albania, sottolineando i rischi medico-sanitari e i diritti dei migranti coinvolti. Questo protocollo, che prevede procedure di screening e trasferimenti, pone questioni etiche e operative, tra cui:
• La mancanza di trasparenza sui criteri di vulnerabilità.
• L’assenza di condizioni adeguate per valutazioni mediche accurate.
• Il rischio di ritraumatizzazione e danni alla salute mentale durante i trasferimenti e la detenzione.
Infine no a Medici spie.
Conclusioni. Un messaggio di speranza e azione concreta
«Invitiamo la politica a lavorare per soluzioni concrete e strutturali senza ricorrere a slogan che semplificano problemi davvero complessi. L’immigrazione clandestina deve essere combattuta con misure efficaci, ma senza trasformarla in una “caccia alle streghe”. È necessario un impegno trasversale per educare, prevenire e proteggere tutte le donne da ogni forma di violenza, a prescindere da chi siano gli aggressori».
L’AMSI, l’UMEM, la Co-mai e Uniti per Unire rinnovano l’impegno a sostenere ogni iniziativa di sensibilizzazione e formazione rivolta a tutelare le donne di ogni età, religione, cultura e nazionalità. «Non possiamo accettare una narrazione che alimenti paure e diffidenza. Le donne meritano sicurezza, sostegno e dignità, e questo si ottiene solo costruendo ponti e non pericolosi muri», conclude il Prof. Aodi.
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