Afghanistan: chiusura delle scuole di ostetricia. L’ultimo colpo alle donne afghane.
La recente decisione del Ministero della Salute Pubblica afghano di sospendere i corsi femminili negli istituti di scienze della salute rappresenta un nuovo, drammatico passo verso l’esclusione delle donne dall’istruzione e dal lavoro. Questa misura priva il Paese di migliaia di future professioniste sanitarie e lascia un vuoto nei servizi sanitari destinati alle donne, già gravemente carenti.
Un diritto negato, di nuovo.
Per Noor Sama, 26 anni, e per altre 17.000 studentesse, l’annuncio è stato devastante. Gli unici corsi a cui avevano accesso – ostetricia, infermieristica e fisioterapia – sono stati sospesi, cancellando anche l’ultima possibilità di formazione. Noor, che in passato studiava sociologia, esprime con rabbia e dolore: «Ci hanno portato via tutto, per la seconda volta!».
Dal 2021, le donne afghane sono state progressivamente escluse dall’istruzione superiore e secondaria. La chiusura delle scuole di ostetricia è l’ultimo capitolo di una politica di isolamento che nega alle donne persino il diritto di contribuire alla salute del proprio Paese.
Un Paese in crisi sanitaria.
L’Afghanistan soffre di una grave carenza di professionisti sanitari. L’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) riporta un tasso di mortalità materna di 620 decessi ogni 100.000 nati vivi, tra i peggiori al mondo. L’Unfpa, agenzia dell’ONU per la salute riproduttiva, ha recentemente stimato che sarebbero necessarie almeno 18.000 ostetriche qualificate per affrontare l’emergenza.
La chiusura delle scuole per donne aggrava ulteriormente questa situazione, in un Paese dove la cultura e la religione vietano che le pazienti donne siano visitate da uomini senza la presenza di un tutore.
Divari crescenti e disuguaglianze.
Secondo Terje Watterdal, direttore del Norwegian Afghanistan Committee, questa decisione amplifica il divario tra città e campagne. Le aree rurali, dove i servizi sanitari sono già quasi inesistenti, subiranno le conseguenze più gravi. Chi può permetterselo cerca cure in Iran o Pakistan, mentre i più poveri rimangono abbandonati.
«La leadership dei taleban favorisce l’élite urbana benestante, contraddicendo i principi che dice di rappresentare», aggiunge Watterdal.
Una speranza flebile ma necessaria.
Nonostante la disperazione, le organizzazioni internazionali non vogliono arrendersi. Watterdal conclude con un appello ai taleban affinché dimostrino di mettere al primo posto il benessere del loro popolo: «C’è ancora tempo per cambiare questa decisione».
Un futuro incerto.
La chiusura delle scuole di ostetricia segna un ulteriore passo verso l’isolamento delle donne afghane, privandole di diritti fondamentali e il Paese di risorse essenziali per la sua sopravvivenza. La comunità internazionale deve mantenere alta l’attenzione, sostenendo chi lotta per la dignità e il futuro delle donne in Afghanistan.
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