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L’assistenza domiciliare integrata nell’era del PNRR: numeri in crescita, ma cosa manca davvero?

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L’assistenza domiciliare integrata (ADI) rappresenta una delle grandi sfide per il Sistema Sanitario Nazionale italiano. Con il supporto del PNRR e del Decreto Rilancio, il settore ha conosciuto una spinta significativa, ma permangono criticità che rischiano di limitarne l’impatto sui pazienti più complessi.

1. Lo scenario pre-PNRR:

  • Prima del PNRR, l’ADI copriva circa 650mila anziani (circa il 4% degli over 65), evidenziando un modello disomogeneo tra regioni e centrato su interventi sporadici e di bassa complessità.
  • L’assenza di una reale integrazione tra assistenza sanitaria e sociale limitava l’efficacia del servizio.

2. Gli obiettivi del PNRR e il target numerico:

  • Il PNRR ha fissato un target ambizioso: raggiungere il 10% degli over 65 entro il 2025.
  • Nel 2023, l’Italia ha assistito 1,17 milioni di anziani a domicilio (8,4% degli over 65), con un aumento significativo rispetto ai numeri pre-PNRR.
  • Tuttavia, l’attenzione si è concentrata più sull’aumento degli utenti che sulla qualità e intensità delle cure erogate.

3. ADI: modelli a confronto (pre e post PNRR).

a. Intensità degli accessi:

  • Nel 2023, il 59% degli interventi era di tipo prestazionale (meno di un accesso a settimana), mentre solo il 41% rientrava nell’ADI integrata (più di un accesso settimanale).
  • Gli interventi iniziati e conclusi nello stesso giorno rappresentavano il 39% del totale, segnalando una crescente frammentazione delle cure.

b. Durata della presa in carico:

  • La durata media di assistenza per paziente è stata di 123 giorni nel 2023, ma con una forte variabilità tra le regioni (16-359 giorni).
  • Questo dato evidenzia difficoltà nell’erogare cure continuative e multidisciplinari per i pazienti con bisogni complessi.

c. Composizione del personale:

  • Gli accessi infermieristici rappresentano il 56,7%, seguiti da professionisti della riabilitazione (15,4%) e OSS (10,7%).
  • L’introduzione dell’infermiere di famiglia ha aumentato l’incidenza degli interventi infermieristici, ma ha ridotto la multiprofessionalità.

4. I limiti attuali del sistema:

  • Focus sui numeri, non sulla qualità: l’aumento del numero di utenti ha portato a una “polverizzazione” dell’assistenza, con accessi meno frequenti e interventi di breve durata.
  • Prevalenza di cure di bassa intensità: le politiche attuali sembrano favorire interventi semplici e sporadici, a scapito di cure continuative e multidisciplinari.
  • Mancato supporto per la Long Term Care: molti pazienti con bisogni cronici o complessi non beneficiano adeguatamente dell’ADI.

5. Opportunità e proposte per il futuro:

  • Ridefinire i target: oltre al numero di utenti, andrebbe monitorata la qualità dell’assistenza e il livello di soddisfazione dei pazienti.
  • Investire in cure intensive e continuative: promuovere modelli che rispondano alle esigenze dei pazienti multipatologici e non autosufficienti.
  • Integrare meglio il sociale e il sanitario: sviluppare sinergie tra servizi sanitari e sociali per un’assistenza olistica.
  • Formazione e multiprofessionalità: valorizzare OSS, fisioterapisti e assistenti sociali per una presa in carico più completa.

L’ADI rappresenta un tassello fondamentale per la sanità del futuro, ma il focus esclusivo sull’aumento del numero di utenti rischia di vanificarne il potenziale. Servono strategie mirate per garantire che gli anziani più fragili possano beneficiare di cure domiciliari personalizzate e continuative, in linea con le esigenze di una popolazione che invecchia rapidamente.

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