Infermiera: La Mia Vita Privata Scompare tra i Turni in Ospedale.
Lettera di una giovane infermiera che vede il suo sogno di essere madre e viversi con gioia la sua famiglia contrastato con forza dalla vita da infermiera, fra turni, pochi liberi e pure alcuni rientri.
“Cara Redazione,
Mi chiamo Elisa, sono un’infermiera di 32 anni e madre di due splendidi bambini. Ho deciso di scrivervi per condividere la mia esperienza, che credo possa rispecchiare quella di molte mie colleghe in tutto il paese. Lavorare come infermiera è una vocazione che ho abbracciato con passione, ma con l’arrivo dei miei figli, sto scoprendo quanto sia difficile conciliare la mia vita professionale con quella privata.
I turni in ospedale sono estenuanti e spesso imprevedibili. Ci si aspetta che siamo disponibili a lavorare straordinari, notti e weekend, il che rende estremamente complesso gestire la quotidianità familiare. Mio marito ed io ci troviamo costantemente a fare i salti mortali per occuparci dei nostri bambini. Le giornate si trasformano in una corsa contro il tempo, tra asili, scuole e babysitter.
Crescere figli piccoli richiede una presenza costante e la capacità di rispondere ai loro bisogni, ma spesso mi sento assente, anche quando sono fisicamente a casa. La stanchezza accumulata nei turni notturni e la pressione del lavoro incidono pesantemente sulla mia energia e sulla qualità del tempo che passo con la mia famiglia.
Mi trovo di fronte alla difficile scelta tra la carriera che amo e il desiderio di essere una madre presente. Mi chiedo se sia possibile trovare un equilibrio o se sia costretta a rinunciare a una delle due cose. Sono consapevole che il settore sanitario richiede flessibilità e dedizione, ma mi auguro che si possa trovare una soluzione più umana, che permetta a noi infermiere di non dover scegliere tra il lavoro e la famiglia.
Credo che sia necessario un cambiamento, che si guardi con maggiore attenzione alle esigenze delle lavoratrici madri nel settore sanitario. Ciò potrebbe non solo migliorare la nostra qualità di vita, ma anche tradursi in un miglior servizio per i pazienti.
Vi ringrazio per avermi dato la possibilità di condividere la mia storia. Spero che possa essere un primo passo verso una riflessione più ampia su questo tema cruciale.
Con stima,
Elisa”.
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