Infermieri e debiti ENPAPI. La storia di Anna: “vendo un rene per non morire di fame”.
Infermieri e debiti ENPAPI: la storia di Anna, tra disperazione e appelli alla Politica: “vendo un rene per non morire di fame”.
La vicenda di Anna (nome di fantasia), infermiera a tempo indeterminato in Emilia Romagna, riflette una situazione di crisi che coinvolge molti professionisti sanitari con un passato da liberi professionisti. Dopo anni di lavoro come Partita IVA, Anna si trova oggi ad affrontare un debito di oltre 30.000 euro verso l’ENPAPI (Ente Nazionale di Previdenza e Assistenza della Professione Infermieristica), accumulato tra mancati versamenti, interessi e sanzioni. Una cifra che rischia di compromettere il suo futuro e quello della sua famiglia.
Un debito che nasce dal passato.
Tra il 2010 e il 2015, periodo in cui Anna ha lavorato come libera professionista, il settore infermieristico italiano era in piena crisi: i posti di lavoro nel pubblico erano inesistenti, e il privato richiedeva l’apertura di Partite IVA. Molti, come Anna, si sono trovati a diventare imprenditori individuali senza una formazione adeguata sulle responsabilità fiscali e contributive, trovandosi poi a dover versare somme importanti all’ENPAPI.
La situazione è ulteriormente peggiorata con le vicende giudiziarie che hanno coinvolto i vertici dell’ente, portando a disservizi e ritardi nella gestione dei contributi. Quando il commissariamento ha riorganizzato le attività, ENPAPI ha avviato procedure di recupero crediti, chiedendo ai liberi professionisti di sanare i debiti pregressi con tassi d’interesse che arrivano fino al 50%. Per molti, come Anna, questo significa affrontare cifre insostenibili. E lei ci ha provato, si è fatta rateizzare il debito, ma ad un certo punto non è riuscita più a pagare. E ora attende la richiesta di pagamento in un’unica soluzione.
“Non posso fare altro che vendere un rene”.
Oggi, Anna è dipendente del Servizio Sanitario Nazionale, ma il suo stipendio non le consente di far fronte alle rate richieste da ENPAPI, né di saldare il debito in un’unica soluzione. Con un mutuo per la casa, il mantenimento del figlio come ragazza madre e i costi della vita quotidiana, la situazione è diventata insostenibile. “L’unica alternativa,” afferma ironicamente, “è vendere un rene al miglior offerente”.
Questa frase, intrisa di amarezza, descrive la disperazione di chi si sente abbandonato dalle istituzioni e sovrastato da debiti generati in un momento di precarietà lavorativa.
Interessi e sanzioni: un sistema da rivedere.
Il problema non riguarda solo Anna. Molti infermieri e liberi professionisti si trovano in situazioni simili, con somme da restituire che superano di gran lunga i guadagni ottenuti nel periodo di lavoro autonomo. I tassi d’interesse applicati, definiti “usuranti” da alcuni iscritti, rendono impossibile il saldo dei debiti, soprattutto per chi oggi percepisce stipendi pubblici sempre più erosi dal caro vita.
L’appello al Governo Meloni.
Anna ha deciso di rivolgersi direttamente alla Premier Giorgia Meloni, chiedendo un intervento che possa alleggerire la posizione di chi, come lei, si trova schiacciata dai debiti con l’ENPAPI. “Siamo in tanti in questa situazione – spiega Anna – e non chiediamo privilegi, ma semplicemente la possibilità di vivere. L’ENPAPI, con le sue richieste, ce lo sta impedendo”.
L’auspicio è che il Governo possa adottare misure straordinarie per rinegoziare i debiti pregressi, abbattere gli interessi esorbitanti e offrire strumenti di tutela ai lavoratori, molti dei quali già penalizzati da anni di precariato. Anche per chi voleva pagare e non ce l’ha fatta per l’aumentare costante dei costi della vita.
Condivisione e solidarietà.
Anna invita i colleghi nella sua stessa situazione a raccontare la loro storia, affinché il problema non rimanga nascosto. La sua denuncia vuole essere un grido d’aiuto, ma anche un richiamo alla solidarietà tra infermieri e professionisti sanitari, per cercare insieme soluzioni che restituiscano dignità e sicurezza a chi ha dedicato la propria vita al servizio della comunità.
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