Amsi, Umem, Uniti per Unire: il Presidente Foad Aodi soddisfatto a metà per la nuova legge sull’arresto immediato per le aggressioni in sanità
L’aumento del 46% delle aggressioni negli ultimi 3 anni richiede interventi più concreti. Nel mondo è aumentata del 44%.
Aodi: «Apprezziamo l’impegno del Governo, ma tutto questo non basta: la situazione attuale richiede misure più incisive e una sicurezza costante negli ospedali. Solo arginando la carenza di personale e la disorganizzazione delle strutture sanitarie si possono placare gli animi esasperati dei cittadini, ricostruendo ai loro occhi, doverosamente, l’immagine dei professionisti sanitari, a cui va data dignità economica, oltre che garantire solide condizioni di sicurezza sul luogo di lavoro».
Siamo di fronte ad un argomento di ineludibile importanza, dato che entro il 2027 saranno circa 125mila i medici e gli infermieri di cui si avrà bisogno sia nel settore pubblico quanto privato. In base alle richieste giunte all’Amsi (più di 12.300 mila richieste negli ultimi 5 anni), ecco il numero delle strutture che vivono la delicata realtà della carenza di organici e le condizioni socio-economiche di ogni regione.
Roma, 15 Novembre 2024 – L’Amsi (Associazione Medici di Origine Straniera in Italia), dell’Umem (Unione Medica Euromediterranea) e del Movimento Internazionale transculturale interprofessionale Uniti per Unire (UN@UN), hanno accolto con favore il recente impegno del Governo per affrontare l’escalation di aggressioni contro il personale sanitario, con l’approvazione della legge che prevede l’arresto immediato in caso di violenze. Tuttavia, secondo le nostre associazioni e movimenti , questa misura, pur importante, ad oggi non è sufficiente a garantire la sicurezza e la dignità dei professionisti della sanità.
«L’iniziativa del Governo di inasprire le pene con l’arresto in flagranza è un segnale di reale attenzione, tutto questo è innegabile, ma non basta per arginare un fenomeno che è ormai fuori controllo. Le aggressioni sono diventate sempre più brutali, con armi che entrano indisturbate nei pronto soccorsi e personale sanitario minacciato e aggredito verbalmente e fisicamente. Siamo di fronte, in Italia, secondo le nostre accurate indagini, ad un drammatico aumento del 46% delle aggressioni negli ultimi 3 anni, mentre nel mondo la percentuale è del 44%», afferma Aodi.
«Se siamo arrivati a questo punto nel nostro Paese, la politica deve farsi carico di una realtà amara e deve prendersi le proprie responsabilità fino in fondo: l’immagine dei nostri professionisti sanitari non è stata abbastanza tutelata, al pari della loro incolumità fisica. Al contrario, questa immagine è stata lentamente sgretolata, creando una frattura nella fiducia che oggi appare davvero insanabile tra cittadini e operatori sanitari».
Il Presidente Aodi denuncia come questa situazione abbia trasformato medici e infermieri nei capri espiatori delle disfunzioni del sistema. «È inconcepibile che oggi ci troviamo di fronte a parenti di pazienti che, entrando nei pronto soccorsi, si aspettano già il peggio, al punto da nascondere manganelli sotto la giacca. Siamo arrivati a un livello di tensione tale che, quando il cittadino vede il medico o l’infermiere, ormai ha perso la fiducia nella loro capacità di aiuto. È una realtà che ci preoccupa profondamente, perché senza fiducia non può esserci cura, non può esserci la condizione per esprimere al meglio le proprie competenze».
Per Aodi, non è sufficiente applicare pene severe: serve una risposta molto più ampia. «Non basta istituire una legge per l’arresto immediato. Occorre prima di tutto mettere in campo un piano di sicurezza, ad oggi inevitabile vista l’esasperazione della situazione, che garantisca la presenza di agenti di polizia negli ospedali, soprattutto nelle ore notturne e nelle strutture che accolgono un vasto bacino di utenti. Senza una presenza fissa e visibile di forze dell’ordine, le guardie giurate private, pur armate, ricordiamolo, non possono intervenire tempestivamente, né svolgere un’azione di deterrenza efficace come quella di un agente di polizia, ma possono solo limitarsi in caso di aggressione fisica, nei confronti di un medico o un infermiere, ad allertare il più vicino commissariato. E come spesso capita, all’arrivo degli agenti, i drammatici fatti sono già tristemente avvenuti».
Il Presidente Aodi sottolinea che, oltre alla sicurezza, è prioritario rimettere al centro dell’attenzione pubblica la figura del personale sanitario, rilanciandone l’immagine e garantendo loro condizioni di lavoro dignitose.
«Il vero cambiamento può avvenire solo se iniziamo a valorizzare i medici e gli infermieri, restituendo efficienza alla sanità pubblica. Abbiamo bisogno di nuove assunzioni per rafforzare i reparti, per sanare prima di tutto la carenza di personale. Occorrono investimenti in formazione e di un riconoscimento concreto delle competenze che portiamo ogni giorno sul campo.
E’ necessario ridonare dignità economica e contrattuale alle professioni, arginando così le fughe all’estero e le dimissioni volontarie, in merito alle quali le aggressioni e gli stipendi poco dignitosi rappresentano la prima causa scatenante», dice ancora Aodi.
«I medici appena laureati non vogliono specializzarsi in alcune branche, e siamo di fronte, quindi, ad un aumento significativo delle richieste, proprio all’Amsi, da parte dei medici che stanno al terzo o quarto anno di specializzazione e che cercano di trasferirsi all’estero. Guarda caso, nelle specializzazioni in cui siamo carenti, le richieste per l’estero da parte dei medici specializzandi sono aumentate del 38%», spiega Aodi.
Inoltre, è essenziale cambiare la mentalità culturale: non si può andare in pronto soccorso per qualsiasi cosa. Occorre potenziare il territorio e gli ospedali, creando percorsi dedicati per i codici bianchi, separati dai codici gialli e rossi. Questo ridurrebbe le file e consentirebbe di non banalizzare l’atto medico, proteggendo al contempo chi lavora in prima linea.”
«Bisogna stimolare i professionisti della sanità con salari più alti e con incentivi fiscali per chi lavora nei reparti di emergenza, anestesia e in quelle specializzazioni critiche. Se non interveniamo oggi, tra sette anni sarà difficile trovare qualcuno disposto a lavorare in queste aree così delicate e cruciali».
«Ricostruire un rapporto di fiducia tra i cittadini e il personale sanitario passa anche per una sanità più accessibile ed efficiente, che sappia rispondere tempestivamente alle necessità della popolazione. Solo in questo modo riusciremo a placare gli animi e a garantire un ambiente di lavoro sicuro per chi si occupa della salute pubblica, inoltre ribadisce la necessità di intervenire non solo sul piano delle leggi, ma attraverso un’azione concreta che tocchi l’organizzazione interna degli ospedali, le risorse a disposizione e la valorizzazione della sanità pubblica nel suo complesso .Non dimentica la questione della lotta contro la medicina difensiva, tra i primi obiettivi portati avanti dall’Amsi.
La medicina difensiva, che costringe i medici a lavorare sotto minaccia di denunce, con una spada di Damocle sulla testa, va contrastata con la depenalizzazione dell’atto medico. Questo approccio rappresenta un punto fermo nelle proposte di AMSI e UMEM», sottolinea Aodi. «Dobbiamo smettere di puntare il dito contro i professionisti e iniziare a tutelarli, affinché possano esercitare con dignità e senza il timore costante di una causa legale. Ricordiamo che al pari della Polonia, solo in Italia, in ambito europeo non esiste una legge relativa alla depenalizzazione dell’atto medico. E’ il momento di realizzarla».
Va ricordato, infatti, che la medicina difensiva è al secondo posto, nel nostro Paese, tra le concause per la fuga all’estero. «Nel nostro Manifesto-Appello Uniti per i Medici, abbiamo posto, come uno dei capisaldi della nostra battaglia, proprio la depenalizzazione dell’atto medico. Non è possibile “mettere sulla croce” i medici al minimo presunto errore, dobbiamo tutelare e salvaguardare il loro lavoro di ogni giorno e la loro immagine, consentire loro di lavorare con serenità, per sé stessi e per il bene dei pazienti.
Dobbiamo evolverci tutti, cambiare radicalmente la cultura del nostro sistema sanitario, al fine di contrastare efficacemente la cosiddetta medicina difensiva, ricordando che, oltre tutto, le continue denunce contro i medici, oltre a essere una pericolosa perdita di tempo e a distogliere l’attenzione dalla cura dei malati, dalla ricerca, dalla prevenzione, dalla riorganizzazione degli ospedali, rappresentano anche un costo enorme che non possiamo permetterci di sostenere.
Lotta alla discriminazione e valorizzazione economica: le ricette AMSI – Amsi propone soluzioni concrete per arginare il fenomeno della fuga all’estero e riportare dignità alla professione sanitaria in Italia: “Occorre mettere in atto una seria valorizzazione economica dei nostri professionisti, adottando misure simili a quelle di altri paesi che stanno riuscendo a mantenere i propri talenti sanitari,” afferma Aodi. “Inoltre, la battaglia contro la discriminazione nei confronti dei professionisti stranieri va intensificata: nonostante l’elevato numero di medici e infermieri di origine straniera che lavorano in Italia, spesso sono vittime di discriminazioni e pregiudizi. È ora di riconoscere pienamente il valore di queste competenze all’interno del sistema sanitario.”
È fondamentale, inoltre, eliminare le incompatibilità lavorative per i professionisti, così da permettere loro di operare sia nel pubblico che nel privato, incentivando in questo modo la loro attività e disponibilità. È necessario inoltre combattere le disuguaglianze e superare il conflitto tra sanità pubblica e privata, contrastando i pregiudizi reciproci.
La collaborazione tra pubblico e privato, infatti, contribuisce alla crescita delle eccellenze sanitarie e rafforza l’intero sistema sanitario. Più la sanità pubblica e privata cooperano, più si valorizza il servizio sanitario nel suo insieme, sia in termini di immagine che di riconoscimento per i professionisti della sanità. Inoltre, ricordiamo che l’AMSI, già nel 2002, è stata la prima a richiedere a tutte le istituzioni di effettuare un censimento e una programmazione del fabbisogno dei professionisti sanitari in Italia, coinvolgendo prioritariamente quelli già presenti nel paese, senza ricorrere a personale proveniente dall’estero. Purtroppo, all’epoca nessuno ci ha ascoltato”, continua Aodi.
Un argomento di ineludibile importanza, dato che entro il 2027 saranno circa 125mila i medici e gli infermieri di cui si avrà bisogno sia nel settore pubblico quanto privato. In base alle richieste giunte all’Amsi, (più di 12.300 mila richieste negli ultimi 5 anni) ecco il numero delle strutture che vivono la delicata realtà della carenza di organici e le condizioni socio-economiche di ogni regione.
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