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Dimissioni ospedaliere: criticità e complessità.

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La dimissione ospedaliera si riferisce al ritorno di un paziente al suo domicilio o al trasferimento in altre strutture adeguate. A volte, il termine indica anche il passaggio ad un altro reparto. In ogni caso, rappresenta un momento cruciale per il paziente e chi lo assiste, poiché richiede un adattamento delle abitudini quotidiane, e per il personale sanitario, che deve affrontare nuovi tipi e interventi di cura. La preparazione alla dimissione è una responsabilità condivisa, ma spetta principalmente all’infermiere, mentre il medico si occupa della diagnosi e della programmazione delle cure. L’infermiere fornisce al paziente e ai familiari le informazioni necessarie per la gestione delle terapie e il riconoscimento di eventuali complicazioni. Il paziente ha il diritto di essere coinvolto e supportato dall’infermiere in ogni fase, dal ricovero al ritorno a casa o al trasferimento in altre strutture.

Negli ultimi decenni, si è verificata una riduzione dei posti letto e delle giornate di degenza ospedaliera, a causa di un nuovo approccio alla salute e alla prevenzione, la sconfitta di alcune malattie e l’evoluzione tecnologica. Questo ha portato a un modello organizzativo sanitario orientato all’ottimizzazione delle risorse, senza sempre rafforzare i servizi territoriali. Con una popolazione sempre più longeva e l’aumento delle malattie legate all’età, le famiglie trovano difficile assistere i propri cari, sia durante il ricovero che nella convalescenza. L’emigrazione e il calo della natalità hanno aumentato il numero di anziani soli, rendendo essenziale per le istituzioni pubbliche garantire assistenza ai convalescenti.

Per assicurare una dimissione sicura e la continuità delle cure, è fondamentale preparare psicologicamente il paziente, attivare piani assistenziali integrati e valorizzare il ruolo della famiglia e delle risorse alternative. La dimissione avviene quando il paziente non necessita più di ricovero ed è in grado di gestire il ritorno a casa. Solitamente, il medico, dopo aver consultato infermieri e familiari, rilascia una lettera di dimissione. Per i pazienti anziani fragili, è necessario il coinvolgimento delle strutture sanitarie e dei servizi sociali. La pianificazione della dimissione inizia spesso al momento dell’accettazione o entro il terzo giorno di ricovero.

Esistono quattro tipi di dimissione ospedaliera: precoce, fine settimana, ritardata e difficile. La dimissione precoce si verifica quando la degenza è più breve del previsto per un determinato DRG (Diagnosis Related Group), a volte per liberare posti letto, il che può causare problemi, incluso il ritorno in ospedale. La dimissione del fine settimana avviene tra venerdì pomeriggio e domenica o nei giorni festivi, creando difficoltà come il reperimento di farmaci. La dimissione ritardata accade quando la degenza supera le giornate previste per quel DRG, spesso per motivi sociali o di comunicazione tra ospedale e territorio. La dimissione difficile riguarda disabilità permanenti o temporanee dovute a eventi acuti, come ictus o fratture. Si stima che le dimissioni difficili rappresentino il 2-3% del totale, circa trecentomila casi l’anno. Il BRASS index (Blaylock Risk Assessment Screening and Score) è uno strumento utile per identificare i pazienti a rischio di dimissione difficile, analizzando 10 dimensioni, tra cui età, situazione di vita e stato funzionale, e classificando il rischio in tre livelli: basso, medio e alto.

Le istruzioni che il paziente deve seguire al momento della dimissione possono essere trasmesse attraverso la lettera di dimissione, sia essa medica o infermieristica. Questa documentazione è indirizzata sia al paziente che agli infermieri che forniranno assistenza a domicilio. È importante differenziare i due casi utilizzando linguaggi appropriati. La lettera di dimissione infermieristica non deve essere una semplice copia di quella medica; deve includere, oltre alla cartella clinica, indicazioni su come comportarsi a casa. L’insieme delle lettere di dimissione o schede costituisce un flusso informativo (flusso SDO) fondamentale per l’analisi delle informazioni relative a tutti gli episodi di ricovero erogati nelle strutture ospedaliere pubbliche e private su tutto il territorio nazionale.

La lettera di dimissione è uno strumento di sostegno alla dimissione pianificata e non il piano di dimissione. Su come organizzare la dimissione, c’è un’ampia gamma di  variabilità tra ospedali e reparti. Non esistono protocolli di dimissione. A decidere è solitamente il medico o il coordinatore infermieristico (caposala) o l’infermiere in collaborazione con altre figure professionali (assistente sociale, ecc,),  lasciando spesso il compito alla famiglia di attivare il medico curante. La maggioranza dei pazienti viene dimessa senza bisogno di una dimissione pianificata, in questi casi è sufficiente fornire solo alcune indicazioni da rispettare e gli appuntamenti per le visite successive. Al contrario i pazienti con un percorso cronico richiedono dimissioni pianificate. Una parte di queste richiede interventi complessi per una dimissione protetta. Così ché  si hanno tre fasi:  dimissione pianificata, dimissione protetta e continuità assistenziale. La pianificazione della dimissione prevede e garantisce gli interventi necessari per mettere il paziente (sia acuto sia cronico) nelle condizioni di continuare il piano di cura riconoscendo e prevenendo le possibili complicanze. Gli interventi possono spaziare dalla semplice informazione all’educazione terapeutica, alla valutazione multidimensionale, all’attivazione dei servizi. Per dimissione protetta si intende il passaggio del paziente a un’altra struttura (residenziale, di lungodegenza, assistenza domiciliare integrata, ecc. ) Per dimissione pianificata, invece, si intende la stesura di un percorso di dimissione individualizzato ed approntato  prima che il paziente lasci l’ospedale. La pianificazione della dimissione va decisa  con discussione del caso in riunioni multidisciplinari cui partecipino anche il paziente e la famiglia. In molti casi la responsabilità di coordinare la dimissione è affidata a un infermiere esperto, ma anche ad altre figure, in base ai contesti, ai modelli organizzativi adottati e al problema prevalente. Quali sono i vantaggi delle dimissioni protette o pianificate? Le stesse aumentano l’aderenza alla terapia e la soddisfazione dei pazienti, delle famiglie e degli operatori; migliorano la qualità percepita e rinforzano l’attitudine a lavorare in équipe. I piani di dimissione, elaborati già in terza giornata, aumentano, altresì, la probabilità di ritorno a casa con successo e riducono la durata della degenza. Le dimissioni pianificate stimolano il lavoro in équipe e contribuiscono a potenziare la visibilità, l’integrazione e l’efficacia della comunicazione tra i servizi territoriali e ospedalieri. E’molto importante che la comunicazione tra servizio ospedaliero e territoriale sia efficace. Questo aumenta la capacità di lavorare insieme e di comprendere le difficoltà, i carichi di lavoro e le specificità di ogni operatore. Quando la dimissione prevede una presa in carico del paziente si parla di continuità assistenziale.  La stessa si basa su un approccio multidisciplinare che promuove l’integrazione delle prestazioni sociali e sanitarie. Come si ricorderà, il Piano sanitario nazionale 2003-2005 dedicava al tema della continuità assistenziale uno dei 10 obiettivi per la “strategia del cambiamento”, ossia  promuovere il territorio quale primaria sede di assistenza e di governo dei percorsi sanitari e socio-sanitari. Per “continuità”, s’intende anche quella relazionale, che investe il paziente nella sua dimensione di uomo con i suoi valori, la situazione familiare e sociale. La condivisione di piani di lavoro o di protocolli di assistenza facilita la continuità. L’altro  aspetto importante della “continuità” è la flessibilità dell’assistenza, che va adattata ai cambiamenti dei bisogni del paziente e della situazione.

Per saperne di più sul paziente e stendere un valido programma terapeutico, bisogna, inoltre, tenere conto dei seguenti criteri:  valutazione delle attività di vita quotidiana (autonomia nelle diverse attività, ecc.); Valutazione dello stato mentale (confusione; capacità di rispondere a domande semplici; capacità di partecipare all’organizzazione, ecc.); valutazione dello stato psicologico (umore; reazione alla malattia o alla disabilità, fiducia e autostima, ecc.); Valutazione delle risorse familiari (disponibilità dei familiari a prendersi cura del paziente, igiene, pasti ecc.); valutazione della situazione domiciliare (barriere architettoniche, presidi, sussidi, sollevatore, materasso antidecubito, girello,ecc.); valutazione delle preferenze (aspettative del paziente); valutazione dei bisogni educativi (dieta, riabilitazione, interesse e motivazione ad apprendere, ecc.).   

Oltre che sulla malattia e i trattamenti, al paziente e ai familiari devono essere fornite informazioni su: tempi e segni di recupero; aspetti economici (assicurazioni); controllo del dolore e gestione e controllo dei sintomi; possibili complicanze; quando chiamare il medico; attività consentite e proibite; procedure da attivare per avere un’assistenza infermieristica a domicilio; come assumere (o far assumere) i farmaci; effetti secondari della terapia; controllo delle complicanze e problemi potenziali post dimissione. In particolare, quando la dimissione è al venerdì pomeriggio o al sabato, i pazienti e i loro familiari devono avere informazioni su come procurarsi i farmaci o i presidi necessari e a chi rivolgersi in caso di problemi. Tutti questi aspetti vanno affrontati precocemente, durante la degenza. L’adattamento e l’apprendimento del paziente e dei familiari richiedono infatti tempo. Per rendere più semplice e snella la pianificazione scritta, si possono predisporre: percorsi educativi standard per gruppi di pazienti con problemi omogenei e strumenti informativi (diari di automonitoraggio per il paziente diabetico, opuscoli informativi); percorsi clinici, diagnostici, terapeutici e assistenziali che includono anche gli aspetti da presidiare per una dimissione efficace; mappa dei servizi disponibili. 

Nel piano di dimissione rientro a domicilio vanno inseriti i seguenti accorgimenti: assicurare le informazioni; attivare interventi di educazione terapeutica; rientro a domicilio con attivazione di servizi (prestazioni mediche, infermieristiche o sociali programmate e di supporto, terapie iniettive, controlli pressori, medicazioni ecc.); informare e discutere con il paziente e i familiari gli obiettivi assistenziali da garantire a domicilio; condividere la richiesta di attivazione dei Servizi Territoriali; valutare le informazioni da trasmettere ai colleghi dell’assistenza domiciliare integrata (ADI) o del distretto; attivazione del servizio sociale per residenze sanitarie protette, strutture riabilitative, eccetera; attivare precocemente la valutazione multidimensionale; trasmettere informazioni, sempre ai colleghi del servizio domiciliare integrato, circa il trasferimento dei pazienti post acuti; condividere con i familiari o le persone di riferimento l’attivazione del predetto servizio post acuti, concordando anche tempi e modalità del trasporto e, se necessario, attivarlo; organizzare il trasferimento del paziente; garantire le informazioni sulla situazione assistenziale del paziente e sulle esigenze di continuità zona, fornendo numeri di telefono, indirizzi e orari, modalità di attivazione, per poter dare riferimenti precisi ai familiari, anche su come e dove acquisire gli ausili consigliati per evitare inutili sprechi di tempo e disagi.

Anche il follow up (controllo programmato) è molto utile nel ridurre l’incidenza di complicazioni.

Antonio Del Vecchio, Giornalista e Scrittore (servizio del 2016)

Bibliografia e riferimenti.

  • Aversa R, Cagliostro D, Morione S. “La prima dimissione: comunicazione integrata medico-infermiere”, in Assistenza infermieristica e Ricerca 2004;
  • Chiari P, Santullo A., L’infermiere case manager,McGraw-Hill 2001; “Il Servizio sanitario in Italia”, Il Mulino, Bologna, 2000;
  • Gobbi P, “La dimissione protetta: uno strumento di continuità assistenziale”, in: Management Infermieristico 2008;
  • Bono L, Dutto A, “Dimissioni ospedaliere”, in: Dossier infad 2006;
  • Galli S, Bussotti A, “Le dimissioni ospedaliere”, in: “Salute e Territorio” 2007; Profilo professionale dell’infermiere, Ministero della Sanità, Decreto 14 Settembre 1994, n 739;
  • Colle F, Palese A, “La continuità dell’assistenza basata su informazioni scritte e infermieri dedicati”, in: Assistenza infermieristica e Ricerca 2004; Codice deontologico dell’Infermiere, 1999;
  • Saiani L, Palese A, Brugnolli A, Benaglio C, “La pianificazione delle dimissioni ospedaliere e il contributo degli infermieri”, in: Assistenza infermieristica e Ricerca 2004;
  • Piano Sanitario Nazionale 2003-2005; Scheda di dimissione-aggiornamento 2011 a cura di Guerzoni Franco Ufficio Dimissioni Ospedaliere; Dh Department of Health, Dimissioni ospedaliere: percorso, processo e pratica, Edizione Italiana (a cura di Cesarina Prandi con trad. di Laura Delpiano), Cespi, Torino, 2009; altri siti Web sul tema). 

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