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Ascoltiamo poco la vita e molto le dita.

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Negli ultimi mesi ho partecipato attivamente alla discussione sulla professione infermieristica, afflitta da molteplici problemi ancora irrisolti. Purtroppo, sembra che ogni sforzo sia vano di fronte a un muro di indifferenza crescente. Nonostante molti colleghi continuino a cercare di sensibilizzare a vari livelli, la situazione rimane immutata. Ogni giorno la situazione diventa più critica, ma manca la volontà di abbracciare la solidarietà. Forse solo in futuro, quando anche i coordinatori o i dirigenti infermieristici dovranno affrontare i turni operativi, si potrà comprendere appieno la gravità della situazione.

Oramai siamo agli sgoccioli

Con il calo della professione infermieristica, il futuro del SSN è sempre più incerto. Le sue tre caratteristiche principali – universalità, uguaglianza ed equità – rischiano di diventare semplici ricordi nei libri di storia. Oggi, il sistema sanitario sembra focalizzarsi principalmente sulle emergenze, trascurando tutto il resto. Chi ha risorse economiche può continuare a ricevere cure, mentre chi non le ha deve rinunciare e aspettare.

Tanti sono stati i pensieri espressi che suggerivano una riflessione dovuta

L’elenco di coloro che si sono esposti chiedendo il prevalere della ragione e del buon senso è vasto. Tuttavia, sembra che ci troviamo su un treno inarrestabile, che procede senza considerazione per chi o cosa incontra lungo il percorso. La sanità in cui viviamo ha smarrito il suo vero obiettivo: il paziente. Le decisioni politiche devono essere prese da chi vive in un determinato territorio e periodo storico; non possono essere imposte dall’alto con direttive inadatte alle reali esigenze di quel contesto. Attualmente, l’Italia deve concentrarsi sulla cura dei propri cittadini. È in ritardo con gli screening e le vaccinazioni. Nonostante la pandemia, manca ancora un’anagrafe vaccinale nazionale. Inoltre, molte vaccinazioni non raggiungono un livello di copertura sufficiente. È possibile che nessuno lo comprenda? È necessario investire nel personale. Alcune regioni del Sud sono ancora carenti di ospedali, mezzi di soccorso e servizi territoriali. Le guardie mediche, considerata la viabilità locale, risultano difficili da raggiungere. Queste sono le vere priorità. Tutto il resto in Italia rischia di rimanere solo sulla carta.

Ogni nazione ha le sue priorità. Attualmente, per noi, la più urgente è il personale. È essenziale valorizzare le professioni esistenti seguendo le normative nazionali ed europee. Questo è l’unico parametro che rende una professione attraente. Inutile creare nuove figure o promuovere altre durante il riordino della sanità nazionale; l’eccessiva fretta può portare a decisioni avventate. È fondamentale suscitare interesse verso la professione, ma invece si è demotivato il personale, spingendo molti giovani a fuggire e aggravando la carenza, svuotando lentamente gli organici. Questo obbliga a reclutare dall’estero e a richiedere la nomina di un commissario, il che equivale ad abdicare al proprio ruolo di rappresentanza. Questo è un dovere morale.

Nessuna iniziativa è stata messa in campo per unire le forze  

I sindacati e la Federazione Nazionale FNOPI non hanno mai mostrato un’intenzione condivisa di collaborare per un sistema sanitario che rispetti lo spirito del legislatore. Quest’ultimo ha sancito il diritto alla salute nella Costituzione italiana all’articolo 32. La Repubblica tutela la salute come diritto fondamentale dell’individuo e interesse della collettività, garantendo cure gratuite agli indigenti, come indicato nella legge 833/1978 all’articolo 1. Il Servizio Sanitario Nazionale comprende tutte le funzioni, strutture, servizi e attività volti alla promozione, mantenimento e recupero della salute fisica e mentale di tutta la popolazione, senza distinzioni individuali o sociali, garantendo l’uguaglianza dei cittadini nel servizio. L’unica iniziativa è stata la fondazione Gimbe, che nel suo rapporto annuale continua a richiamare l’attenzione di politica e istituzioni sulla crescente fragilità del servizio sanitario nazionale.

Inutile la ricerca delle responsabilità siamo tutti responsabili di questa lenta agonia del SSN

Ripercorrere i punti salienti che ne hanno determinato la fine è doveroso, partendo dalla legge 502/1992   che trasformò le ex Usl  e gli ospedali in aziende. Successivamente, la Riforma del titolo V della Costituzione, è stato l’ulteriore passo verso il declino del SSN. In un momento del genere, rincorrere le responsabilità, che sono a più livelli, non vale la pena. Però, è giusto ricordare il male che hanno fatto, a partire dal Governo Monti 2011-2013, da cui ebbe inizio la lunga stagione dei tagli alla sanità pubblica. Poi proseguire con Letta 2013-2014, Renzi 2014-2016 e  Gentiloni 2016-2018. Con Conte I e II 2018-2021 ci fu un lieve incremento, ma non sufficiente a far ripartire una sanità ridotta in macerie, soprattutto dopo la pandemia Covid che ne cristallizzò le tante criticità. Fino all’attuale governo che,  anziché arginare e contenere la fuga e dare motivi di attrattività,   ha fatto tutt’altro. Il personale medico e infermieristico lo ha fatto scappare creando ulteriori vuoti di personale, per poi creare nuove figure che al momento considerate le necessità sono inutili. Quando bastava valorizzare le figure esistenti senza creare confusione, che alla fine la responsabilità ultima ricade sempre sull’infermiere ultimo anello di comando.  Siamo tutti responsabili di questa lenta agonia del SSN. Nessuno può sottrarsi. Ci siamo cullati  ed ecco i risultati che ogni giorno appaiono, una democrazia ribelle dove la violenza prevale ovunque, mentre il senso di giustizia cammina su un’altra strada per cui sarà difficile sperare in tempi migliori.

Tra rassegnazione e flebile speranza chissà quale tipo di sanità prevarrà all’orizzonte

La speranza è l’ultima a morire, ma vivere sperando in una società attuale sembra un’illusione, come se vivessimo in fusi orari differenti. Certamente, avremo nuove cattedrali nel deserto, incorniciate da un clima ormai tropicale, molte delle quali saranno vuote o poco utilizzate. È importante sfruttare al meglio le risorse offerte dal PNRR e fare un esame di coscienza di fronte alla realtà storica che stiamo attraversando. Per molti, nemmeno la pandemia ha fatto comprendere il valore della vita. Pensiamo alle future generazioni, cerchiamo di lasciare un segno e di salvaguardare quel poco di sanità che ci rimane. Impegniamo le nostre forze residue affinché ogni persona, in qualsiasi condizione si trovi, sia sempre al centro della nostra attenzione. Vivere deve essere un diritto di tutti, non un privilegio per pochi.

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Autore

  • EmilioCariati Ascoltiamo poco la vita e molto le dita.

    Infermiere di professione, nel tempo libero si dedica alla scrittura di riflessioni sulla vita, ispirate in gran parte dalla sua esperienza lavorativa. Il contatto quotidiano con la sofferenza e il disagio umano gli permette di osservare una società che, nonostante i suoi progressi, appare spesso lontana dalla vera civiltà. Ha pubblicato due libri: "Strade senza cuore, gente senza amore" e "Quando la malattia diventa un optional". Inoltre, ha scritto numerosi articoli per quotidiani e riviste.

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Infermiere di professione, nel tempo libero si dedica alla scrittura di riflessioni sulla vita, ispirate in gran parte dalla sua esperienza lavorativa. Il contatto quotidiano con la sofferenza e il disagio umano gli permette di osservare una società che, nonostante i suoi progressi, appare spesso lontana dalla vera civiltà. Ha pubblicato due libri: "Strade senza cuore, gente senza amore" e "Quando la malattia diventa un optional". Inoltre, ha scritto numerosi articoli per quotidiani e riviste.

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