contatore visite gratuito

Indagine Amsi. Negli ultimi 20 mesi, oltre 10mila tra medici e infermieri hanno chiesto di lasciare il nostro Paese

Ascolta l'articolo

Aodi (Amsi): L’82% di costoro lavorano nel pubblico, e tra i reparti dei nostri ospedali, da cui arrivano la maggior parte delle richieste di fuga dal nostro SSN, al primo posto ci sono le aree di emergenza-urgenza, quindi pronto soccorsi, seguiti da anestesia, ortopedia, neurochirurgia, chirurgia plastica, traumatologia, pneumologia, ginecologia, pediatria, dermatologia. 

Amsi, Associazione Medici di Origine Straniera in Italia, Umem, Unione Medica Euromediterranea, nell’ambito del Movimento Internazionale Uniti per Unire, in un momento delicatissimo per il Sistema Salute italiano, presentano i dati aggiornati della fuga dei professionisti sanitari all’estero, attraverso le accurate indagini e gli strumenti di informazione a disposizione, tra cui Radio-Co-mai Internazionale e Web TV Unione per l’Italia (siamo presenti in oltre 120 paesi del mondo con i nostri rappresentanti corrispondenti). I dati allarmanti dell’esodo dei medici e degli infermieri che cercano fuori dal nostro Paese le legittime gratificazioni economiche e di carriera che mancano da tempo in Italia, arrivano, come sempre, attraverso la voce del Prof. Foad Aodi, leader e fondatore delle suddette associazioni ed esperto di salute globale. 

«Dal 1 gennaio 2023 al 31 agosto 2024, nell’arco 20 mesi, hanno avanzato e fatto richiesta per conoscere le modalità e le opportunità per lavorare all’estero, ufficialmente, con una presentazione e una comunicazione arrivata via email alle segreterie delle nostre associazioni, più di 10.320 professionisti della sanità, di cui il 54% sono medici, il 31% infermieri , il 10% fisioterapisti e il resto altri professionisti del nostro sistema sanitario, come Podologi, Logopedisti, Psicologi, Dietisti, Tecnici radiologi», esordisce Aodi. 

«Nel biennio 2021-2022 erano solo 4.700 i professionisti che presentarono richiesta all’Amsi per lasciare il nostro sistema sanitario, anche perché eravamo in un periodo davvero delicato in cui non era agevole muoversi per l’Europa e per il mondo, visto che stavamo uscendo dalla Pandemia. Si può comprendere, di conseguenza, la natura di tale dato.

C’è da ricordare, però, che già nel periodo 2015-2016, furono già 2200, nel periodo 2018-2018 furono 3100 ,nel periodo 2019-2020 furono 1200 i professionisti che si rapportarono con l’Amsi, al fine di prendere informazioni finalizzate a lasciare il nostro Paese. In quello che era già un particolare frangente storico, in cui la crisi della nostra sanità cominciava a pesare non poco sulla serenità dei professionisti, secondo le nostre indagini, era di fatto iniziata la fuga di medici e infermieri all’estero, sia italiani che di origine straniera.

La maggior parte dei professionisti di questo ultimo periodo sono figure giovani e quindi all’inizio della carriera, ma già profondamente insoddisfatti del proprio vissuto quotidiano nella nostra sanità. 

L’82% di costoro lavorano nel pubblico, e tra i reparti dei nostri ospedali, da cui arrivano la maggior parte delle richieste di emigrazione, al primo posto ci sono le aree di emergenza-urgenza, quindi pronto soccorsi, seguiti da anestesia, ortopedia, neurochirurgia, chirurgia plastica, traumatologia, pneumologia, ginecologia, pediatria, dermatologia. 

Le regioni ai primi posti per le richieste di fuga, giunte ad Amsi, sono il Lazio, con l’area di Roma al primo posto, e poi Veneto, Lombardia, Toscana, Sicilia, Sardegna, Campania, Calabria, Umbria e Trentini.

Per quanto riguarda le preferenze delle nazioni dove vagliare la possibilità di lavorare, richiedendo di conseguenza, a noi di Amsi, informazioni sulle offerte presenti, il95% delle richieste riguarda, negli ultimi anni, i Paesi del Golfo, seguiti da alcuni paesi europei dove palesemente gli stipendi superano di almeno del doppio i nostri.

Le ragioni che inducono i professionisti che si relazionano con Amsi per valutare di lasciare la sanità italiana, sono principalmente la stanchezza, il piaga della medicina difensiva, la scarsa sicurezza economica, le deboli prospettive di carriera e il rischio sempre più concreto di subire aggressioni, con il 55% dei professionisti che dichiara di avere subito almeno una volta una volta una violenza fisica o psicologica. 

Come sempre le nostre analisi, continua ancora il Prof. Aodi, non sono mai fini a se stesse, ma accompagnate da proposte concrete. 

Rivolgiamo un accorato appello, in tal senso, e non è certo la prima volta, al Presidente della Fnomceo, Dott. Filippo Anelli, al Ministro Schillaci e a tutti gli esponenti del Governo Meloni. Occorre mettere in agenda, concretamente e urgentemente, tutte le soluzioni e le sinergie possibili per risolvere le numerose criticità che affliggono da tempo il nostro sistema sanitario. 

Le soluzioni e le azioni da intraprendere non sono poche e semplici, dal momento che siamo di fronte a numerosi deficit eternamente irrisolti, che ci trasciniamo dietro da anni e che si sono aggravati sempre di più, giorno dopo giorno, a causa della palese inefficienza delle nostre politiche sanitarie. 

Il percorso da intraprendere è ben noto, ed è sotto gli occhi di tutti, come la battaglia a favore della depenalizzazione dell’atto medico, la necessità di attuare adeguati strumenti e normative di tutela e difesa della sacrosanta incolumità psico-fisica dei professionisti della salute, alle prese con aggressioni che solo nello scorso mese di agosto hanno raggiunto l’incredibile media di un episodio al giorno da Nord a Sud, e ancora coinvolgere maggiormente i professionisti nelle decisioni e nei percorsi che riguardano l’evoluzione del proprio futuro e della propria carriera, sostenendo fino in fondo i talenti, le competenze, la forza delle idee. Si deve lavorare, con progetti concreti, sulla formazione e sul rendere più appetibili le professioni, incentivando di conseguenza i percorsi di studi e ridonando credito al ruolo e alla figura dei medici e degli infermieri. 

Del resto i nuovi dati sulle iscrizioni ai test di ammissione parlano chiaro e certificano, nell’ultimo biennio, un pericoloso calo e una disaffezione che vanno curati alla radice, dal momento che il costante aumento di fabbisogno di cure della popolazione richiede un indispensabile ricambio generazionale. Mancano le nuove leve, servono come il pane, dice ancora Aodi.

Occorrono azioni mirate, e l’impegno da parte di tutti, al fine di indurre le associazioni, gli ordini professionali, i sindacati ad avvicinarsi e a collaborare in modo proficuo per il bene dei professionisti e della collettività, arginando sul nascere le controproducenti divisioni e le fratture interne che non ci portano da nessuna parte, anzi, dice ancora Aodi, rallentano solo il progresso e la crescita della nostra sanità, a discapito della qualità delle cure per i cittadini, già profondamente in affanno. 

Chi lavora nel pubblico e nelle strutture sanitarie, ovvero il Direttore sanitario e il Direttore Generale, hanno il dovere di proteggere e coinvolgere maggiormente i professionisti della sanità, incentivando su tutti le specializzazioni, combattendo la medicina difensiva e le continue aggressioni, snellendo la burocrazia, in particolar modo legata alle prove di ammissione, abolendo l’obbligo della cittadinanza per i concorsi nel caso dei professionisti di origine straniera, prolungando, come chiediamo da tempo, la data di scadenza del 31 dicembre 2025 del Decreto Cura Italia. 

In questi ultimi 15 anni abbiamo sentito solo slogan e promesse a vuoto, ma davanti ai nostri occhi non ci sono concreti passi in avanti in una sanità, pubblica e privata, sempre più nel pieno del vortice della crisi. 

Abbiamo assistito solo a chiacchiere da parte di pseudo esperti, ma non c’è stato alcun miglioramento per arginare almeno in parte la fuga dal pubblico che, di fatto, negli ultimi due anni, è addirittura aumentata del 35% con i professionisti che si sentono sempre più svantaggiati e abbandonati a se stessi, così come non conosce tregua l’escalation delle aggressioni nei confronti di tutti i professionisti della sanità, sia uomini che donne, con percentuali di aumento del 44% in Italia e del 45% nel mondo. 

Negli ultimi 5 anni sono nate più di 7mila tra agenzie e “pseudo esperti”, con le loro pagine Facebook e i loro canali social, che affermano di essere specializzati nel reclutamento di personale sanitario nel mondo, qualificandosi come prestigiose agenzie di lavoro e di mediazione. Non sono mancate le nostre denunce come Amsi: bisogna stare attenti, il 60% di agenzie e il 70% di soggetti singoli sono in realtà “venditori di fumo”.

Molte direzione di ospedali nei paesi del Golfo si sono rivolti a noi per fare chiarezza, affermando pubblicamente di non aver mai avviato ricerche di personale interno.

Per questo noi avvertiamo sempre i professionisti di diffidare da queste agenzie, seguendo, per la ricerca di lavoro, solo ed esclusivamente i canali istituzionali. 

Per questa ragione, chiediamo da tempo, al Ministero della Salute, alle Federazioni di tutti i professionisti della sanità, alle Regioni, a nome di Amsi, Umem e Uniti per Unire, di aprire con noi un tavolo di concertazione e dialogo, per trovare soluzioni idonee non solo per arginare le fughe all’estero, creando tutti insieme le condizioni per convincere i professionisti a rimanere nel nostro Paese, ma anche per fare chiarezza sui canali adeguati a cui rivolgersi se davvero si vuole emigrare. 

Sosteniamo in pieno l’appello del Ministro Schillaci, che ha lanciato l’allarme sulla fuga e sulla carenza di personale dai pronto soccorsi e dai reparti di emergenza-urgenza, dove, come abbiamo detto, si registra, ad oggi, la maggiore mancanza di professionisti. 

Ormai arrivati ad un punto di non ritorno, da 15 anni denunciamo questi deficit che si aggravano di giorni in giorno. 

Occorrono politiche sanitarie finalmente lungimiranti per valorizzare economicamente e contrattualmente tutti i professionisti e soprattutto coloro che, in queste delicate aree degli ospedali, sono sottoposti, più degli altri, ogni giorno, allo stress delle battaglie per salvare vite umane e spesso alla lotta contro la morte, nonché a turni massacranti. Costoro pagano sulla propria pelle, più degli altri, la carenza di colleghi. Indispensabile è quindi agire per investire sulle elevate competenze a nostra disposizione, combattendo la disorganizzazione, favorendo le assunzioni ed elevando, quindi, la qualità del loro lavoro quotidiano, in tutti i reparti, sia nel pubblico che nel privato».

Così conclude il Prof. Foad Aodi. Presidente Amsi e del Movimento Uniti per Unire e dell’UMEM, Unione Medica Euromediterranea, esperto di salute globale, corrispondente dall’Italia per prestigiose testate straniere nonché membro del Direttivo Aisi, Associazione Imprese Sanitarie Indipendenti, direttore sanitario e portavoce della USEM e della Nazionale del Regno delle due Sicilie, corrispondente dall’Italia per Agenzie di Stampa, giornali e Tv di  Paesi Arabi e del Golfo, nonché docente all’Università di Tor Vergata e già 4 volte Consigliere dell’Ordine di Roma e membro registro esperti della Fnomceo, e ancora direttore sanitario del Centro Medico Iris Italia insieme al Dr.Nadir Aodi Podologo coordinatore Commissione Nuove generazioni di Amsi e Uniti per Unire e vice segretario generale dell’USEM.

Share this content:

Autore

Potresti aver perso