La morte di Natasha non si deve trasformare in giustizia sommaria contro Medici e Infermieri.
I recenti eventi accaduti nella sala operatoria del Policlinico Riuniti di Foggia, che hanno portato alla tragica scomparsa della ventiduenne cerignolana Natasha Pugliese, hanno esasperato i familiari della vittima, culminando in una deplorevole aggressione contro medici e infermieri del reparto di chirurgia toracica, i quali sono stati costretti a barricarsi in una stanza dell’ospedale.
Due di loro sono stati brutalmente malmenati, mentre una terza ha subito la frattura di una mano, chiusa in una porta nel tentativo di scappare dalla ferocia degli assalitori.
Tuttavia, anche di fronte a un dolore così profondo, non possiamo permettere che il lutto si trasformi in violenza e giustizia sommaria, alimentando ulteriori conflitti e tensioni.
Quanto accaduto a Foggia è una doppia tragedia, grazie a cui, purtroppo, sta emergendo quello da da tempo denunciamo: la morte del Sistema Sanitario Nazionale e l’abbandono dei sanitari e degli altri professionisti della salute al loro destino.
Il dolore e la rabbia non giustificano la violenza.
Comprendere la sofferenza di chi ha perso una persona cara è doveroso, ma ciò non giustifica in alcun modo aggressioni fisiche e verbali contro chi lavora quotidianamente tra reparti già duramente provati, sovraffollati di pazienti e privi di personale. Medici e Infermieri, come pure gli OSS, dedicano la loro vita alla tutela della salute dei cittadini. Le aggressioni non solo mettono a rischio la loro incolumità, ma anche la capacità del sistema sanitario di funzionare correttamente.
Di casi di presunta malasanità, purtroppo, ce ne sono stati e continueranno ad esserci. È però fondamentale riconoscere che rappresentano una minima parte rispetto ai successi e agli straordinari interventi salvavita condotti ogni giorno, spesso in condizioni estremamente difficili.
Non possiamo permetterci assolutamente di generalizzare o di lasciare che singoli episodi, per quanto drammatici, offuschino il lavoro di migliaia di professionisti che si dedicano anima e corpo al loro mestiere.
La ricerca della verità deve essere un processo sereno e rispettoso.
Nel caso dell’aggressione avvenuta a Foggia, fino a prova contraria, non è corretto né giusto parlare di malasanità rispetto alla tragica morte di Natasha, coinvolta il 18 giugno scorso in un incidente stradale tra la sua bici elettrica e un’auto.
L’indagine su quanto accaduto, anche quella interna avviata dai vertici del Policlinico, deve svolgersi con la massima serenità e rispetto per tutte le parti coinvolte, senza cedere alla tentazione di emettere sentenze affrettate.
Farsi giustizia da soli, o attribuire colpe e omissioni in maniera impulsiva, inoltre, non restituirà mai ciò che è stato perso, né allevierà il dolore, che continuerà ad accompagnare i familiari per il resto della loro vita.
In questo momento di profonda sofferenza, occorre mantenere la lucidità e il rispetto per tutti, evitando di alimentare ulteriori tensioni con accuse infondate o comportamenti violenti.
Un appello alla riflessione e al rispetto.
Ciò che più serve in questi momenti è riflettere e ricordare che la vita di Natasha è stata spezzata in modo tragico, e che in questa vicenda lei stessa non avrebbe mai voluto entrare. Dobbiamo rispettare il suo ricordo, onorarlo con gesti di dignità e umanità, e non con aggressioni o parole di odio. È necessario riportare il dibattito su un piano costruttivo, chiedendo verità e giustizia attraverso le giuste sedi, senza mai dimenticare che il rispetto reciproco è l’unico modo per affrontare e superare insieme queste drammatiche circostanze.
La morte di Natasha deve essere un monito per tutti: la violenza non è mai la risposta, e il dolore, per quanto insopportabile, deve trovare espressione in modi che onorino la memoria di chi non c’è più.
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