Dom. Set 1st, 2024
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In questi ultimi tempi quasi ogni settimana sui social e giornali online vengono pubblicate notizie riguardanti i Pronto Soccorso, dove da Nord a Sud sembrano diventati dei contenitori in cui si scatena violenza non solo contro gli Operatori Sanitari ma anche sugli arredi, la quale genera ulteriore malessere sia nei pazienti che negli stessi Operatori in quando va ad alterare la serenità che è elemento essenziale per il benessere ambientale al fine di ogni azione umana; mentre in altri Ospedali sembra prevali la poca umanità alla persona umana, da quando entra a quando esce.  

La persona sofferente, che giunge in Pronto Soccorso, già vive tra disagio e dolore, e pur volendo comprendere le difficoltà di diversa natura, in cui tutti gli Operatori Sanitari lavorano, tra gravi carenze e crescenti difficoltà che unita alla violenza mettono a repentaglio la vita di ognuno, che non giustificano la chiusura totale delle porte, paragonabili a una caserma, che unite al divieto per il familiare accompagnatore di poter essere vicino al paziente dando quel minimo conforto psicologico, senza vederla buttata come un ferito da guerra in un angolo lasciata al suo dolore tra rassegnazione e disperazione, che molte volte sono alla base della violenza. 

Non è ammissibile una cosa del genere, per un attimo ognuno di noi provi a essere dall’altra parte, per vedere i sentimenti che genera la mente umana e solo allora si può capire, perciò cerchiamo di alleggerire il più possibile il dolore e le preoccupazioni sia per il paziente che per i familiari evitando di generare ulteriori malesseri poco edificanti dove talvolta questa snervante attesa scatena violenza anche da parte degli stessi pazienti, quindi iniziamo a dare un po’ di vivibilità a entrambe le parti, seppur tra le tante carenze e difficoltà cerchiamo di essere flessibili anche per un paio di minuti durante la giornata, solo così potranno ridursi i tanti atteggiamenti ostili che in un attimo possono generare violenza; molte volte negli anziani si sente dire la frase: si stava meglio quando si stava peggio. Da sempre la presenza del familiare in Ospedale è stata vista come una risorsa importante anche sul piano terapeutico, soprattutto in pazienti totalmente dipendenti, mentre adesso è vista in modo esclusivamente negativo o da intralcio, purtroppo nessuno sa se malauguratamente quei momenti potranno essere gli ultimi della persona oggetto di cure.  

Si parla tanto di aspetto relazionale, di supporto psicologico al paziente e poi all’ingresso del Pronto Soccorso questo aspetto viene negato, finanche al paziente oncologico, dov’è lo spirito solidale che anima il tessuto umano soprattutto in coloro che professano il credo cristiano; dove sono l’umanizzazione dell’Assistenza che impone il superamento di quella visione meccanicistica ed il Codice Deontologico all’art. 4  Relazione di cura – Nell’agire professionale l’Infermiere stabilisce una relazione di cura, utilizzando anche l’ascolto e il dialogo. 

Si fa garante che la persona assistita non sia mai lasciata in abbandono coinvolgendo, con il consenso dell’interessato, le sue figure di riferimento, nonché le altre figure professionali e istituzionali. Il tempo di relazione è tempo di cura.  Apriamo il nostro cuore alla solidarietà e all’umana sofferenza, ricordandoci la famosa frase tutti siamo nessuno è,  altrimenti nei Convegni si predica bene e poi si razzola male. Anche la stessa categoria Medica non può sottrarsi da questa anomalia alquanto paradossale non conforme allo spirito e alla dignità di persona umana. 

Questo vuol essere un invito verso chi di dovere e di competenza affinché la gestione per ciò che concerne l’Aspetto Sanitario sia di esclusiva pertinenza dei Sanitari e del Rettore nei Policlinici Universitari, ma non è certamente una critica o qualsivoglia idea verso tutto il personale che vi opera a cui va tutta la considerazione nonostante le tante difficoltà di ogni giorno tra violenza e poca valutazione. 

Dott. Emilio Cariati, infermiere

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