Dom. Set 1st, 2024
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L’idea di spingere i professionisti sanitari a lavorare fino a 74 anni, come previsto dalla legge Fornero, solleva preoccupazioni crescenti tra esperti e operatori del settore. In un momento storico in cui la salute è più che mai al centro dell’attenzione globale, dobbiamo chiederci: a quale costo stiamo preservando un sistema pensionistico che, nei fatti, potrebbe mettere a rischio sia i lavoratori sia i pazienti?

Una questione di età e di rischio.

I dati parlano chiaro: nella fascia d’età tra i 70 e 74 anni, circa il 2,5% della popolazione muore ogni anno per cause naturali o legate a problemi di salute. In Italia, ciò significa che annualmente 1,5 milioni di persone in questa fascia d’età non sopravvivono all’anno. Quando si considerano i rischi connessi al lavoro, questo numero diventa ancora più allarmante.

Nel settore sanitario, dove la prontezza fisica e mentale è cruciale, l’avanzare dell’età aumenta esponenzialmente i rischi. Secondo stime basate su trend attuali, il tasso di mortalità sul lavoro per i professionisti sanitari tra i 70 e 74 anni è circa tre volte superiore rispetto a quello dei loro colleghi più giovani. Questo significa che un numero crescente di sanitari potrebbe perdere la vita mentre cerca di adempiere al proprio dovere.

Conseguenze pericolose per la sicurezza e la sanità pubblica.

L’invecchiamento della forza lavoro sanitaria non mette a rischio solo i lavoratori stessi, ma anche la qualità dell’assistenza che possono fornire. La riduzione delle capacità fisiche e cognitive con l’età è inevitabile. Un medico o un infermiere stanco, affaticato e meno reattivo potrebbe non essere in grado di affrontare le emergenze mediche con la stessa efficacia di un collega più giovane.

Questo scenario preoccupa non solo dal punto di vista etico, ma anche in termini di sicurezza pubblica. Con un personale sanitario meno efficiente, i pazienti potrebbero subire un’assistenza di qualità inferiore, con potenziali conseguenze gravi per la loro salute.

Implicazioni legali e economiche.

Le famiglie dei lavoratori deceduti sul lavoro potrebbero sentirsi spinte a intentare cause legali contro le aziende sanitarie o lo Stato, chiedendo risarcimenti per negligenza o condizioni di lavoro pericolose. Inoltre, le assicurazioni vita potrebbero diventare un ulteriore strumento di pressione economica sulle istituzioni. L’aumento di cause legali e richieste di risarcimento potrebbe mettere a dura prova le finanze pubbliche e private, creando un circolo vizioso di costi e inefficienze.

Una riflessione necessaria.

Il sistema pensionistico attuale, che impone un’età di pensionamento così avanzata per i professionisti sanitari, non appare più sostenibile. È necessario un ripensamento urgente delle politiche previdenziali, che tenga conto non solo della sostenibilità economica, ma anche della salute e sicurezza dei lavoratori.

Prolungare l’età lavorativa in un settore delicato come quello sanitario non è solo una questione di numeri. È una questione di vite umane, di etica e di efficienza del sistema sanitario.Mantenere i professionisti in attività fino a 74 anni potrebbe significare mettere a rischio non solo la loro salute, ma anche quella dei pazienti che devono assistere.

Conclusione.

È arrivato il momento di fermarsi e riflettere. Le istituzioni, le associazioni di categoria e i cittadini devono unirsi per chiedere una riforma che garantisca un sistema pensionistico più giusto e sicuro, che protegga i lavoratori e, allo stesso tempo, assicuri un servizio sanitario di qualità per tutti.

Carchia Grazio Gioacchino – Fondatore del gruppo PSU Professioni Sanitarie Unite

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